L’INCHIESTA/ Presidente del Banco Alimentare, erede designato di Don Giussani e confessore di Formigoni. Don Mauro Inzoli è però anche invischiato in una brutta storia di abusi sessuali….
Presidente del Banco Alimentare, erede designato di Don Giussani in Cl e, a quanto pare, confessore di Formigoni. E invischiato in una brutta vicenda di abusi sessuali su minori. È don Mauro Inzoli, conosciuto anche come “il prete in Mercedes”. Ratzinger l’aveva ridotto allo stato laicale, Bergoglio ha ridotto la pena a una “vita di preghiera e riservatezza”. Ma c’è chi vuole che anche la giustizia vada a fondo. L’associazione Rete l’Abuso Onlus presenta un esposto per ulteriori indagini alla Procura di Cremona e, sulla scia dell’ordinanza del gip di Savona (8 maggio 2012) sul caso Lanfranconi, chiede di accertare le eventuali coperture della curia.
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IL PRETE IN MERCEDES – La vicenda di Don Mauro Inzoli non è la (purtroppo ricorrente) storia del prete di provincia accusato di abusi sessuali. Don Inzoli è di tutto un altro spessore. Per tre decenni è stato uno dei punti di riferimento di Comunione e Liberazione in Lombardia. Ha fondato il Banco alimentare, che si occupa della raccolta di generi alimentari destinati ai più bisognosi all’interno dei supermercati italiani. Non solo. Inzoli, animatore della onlus cremasca “Fraternità”, pare sia stato per anni il confessore di Roberto Formigoni, un altro che in Cl ha sempre avuto un certo peso. Negli anni si era anche guadagnato l’appellativo di “don Mercedes” per la sua (pare) passione per auto di lusso e ristoranti alla moda.
LE ACCUSE – Nel 2010 si diffondono delle voci su suoi presunti abusi sessuali a danni di minori. Due anni più tardi, arriva la durissima decisione della Congregazione per la dottina della fede che lo riduce allo stato laicale. Don Inzoli avrebbe dunque dovuto abbandonare lo stato clericale. Ma lui non si rassegna e fa ricorso contro la decisione. E solo poche settimane fa, dopo il passaggio da Ratzinger a Bergoglio, la sua pena è stata commutata in una “vita di preghiera e di umile riservatezza”. Il Vaticano riconosce e ammette la gravità dei suoi (presunti) comportamenti, tanto che spiega nella decisione: n considerazione della gravità dei comportamenti e del conseguente scandalo, provocato da abusi su minori, don Inzoli è invitato a una vita di preghiera e di umile riservatezza, come segni di conversione e di penitenza. Gli è inoltre prescritto di sottostare ad alcune restrizioni, la cui inosservanza comporterà la dimissione dallo stato clericale”. Ma allo stesso tempo Don Inzoli potrà mantenere gli abiti sacerdotali.
L’ESPOSTO – Nel frattempo però la giustizia italiana non ha mai aperto alcun procedimento a carico del prelato. Il sindaco di Crema ha chiesto che venga disposta un’indagine sull’associazione Fraternità, presieduta da Don Inzoli, e l’associazione Rete L’Abuso ha presentato un esposto presso la Procura della Repubblica di Cremona per chiedere ulteriori approfondimenti di indagine. L’esposto, firmato dal portavoce della Onlus Francesco Zanardi, chiede in particolare di approfondire “perché né il vescovo, né il Vaticano che è stato investito della vicenda, gli organi direttivi della Cei guidata dal cardinal Angelo Bagnasco, abbiano ritenuto di comunicare i fatti all’autorità giudiziaria”. La tesi è che i vertici della curia locale fossero a conoscenza dei presunti abusi. Si legge nell’esposto: “C’è stata una condanna dal punto di vista canonico, è verosimile pensare che la Diocesi sapesse, o che almeno oggi sia in possesso di materiale di indagine, lo stesso materiale che ha portato Inzoli alla condanna canonica, tenendo conto tra le altre cose, che il Canone del Codice di Diritto Canonico violato (n. 1720) riguarda gli abusi sessuali su minori”.
IL NODO DELLE RESPONSABILITA’ – Nell’esposto si chiede anche, qualora emergesse che la diocesi e/o altre strutture responsabili dei minori rimasti vittime, fossero a conoscenza delle tendenze pedofile dell’Inzoli, di valutarne le responsabilità. Come previsto dal secondo comma dell’articolo 40 del Codice Penale che recita “Non evitare un evento che si ha l’obbligo giuridico di evitare, equivale a cagionarlo”. In presenza di un non semplice quadro giudiziario, nell’esposto si fa comunque menzione di un caso di giurisprudenza, vale a dire l’ordinanza del gip del Tribunale di Savona, datata 8 maggio 2012, che pur respingendo un esposto e archiviando la sua posizione per avvenuta prescrizione, riconosce le responsabilità del vescovo Dante Lanfranconi in merito a un’altra vicenda di abusi sessuali. Si legge nell’ordinanza: “La sola preoccupazione dei vertici della Curia era quella di salvaguardare l’immagine della diocesi piuttosto che la salute fisica e psichica dei minori che erano affidati ai sacerdoti”. È la durissima considerazione del gip di Savona (contenuta nell’ordinanza dell’8 maggio 2012) sulla curia locale”. Anche per questo l’esposto sulla vicenda di Inzoli mira anche a capire se ci sono state responsabilità ai piani più alti. Non solo, sulla scia di una sentenza del Tribunale di Bolzano “si chiede anche in nome delle vittime che si intervenga, facendo intanto luce sui loro nominativi e che si proceda anche nei loro confronti al fine di ottenere un adeguato sostegno psicologico ed un legittimo risarcimento”.
LEGGI L’ORDINANZA DEL GIP DI SAVONA
http://www.affaritaliani.it/cronache/don-inzoli150714.html?refresh_ce
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