Un documento pontificio del 1517, la Taxa Camerae, fissava un tariffario per i preti che volessero ottenere il perdono di alcuni peccati. Ecco quello che prevedeva per i preti pedofili: “Se l’ecclesiastico, oltre al peccato di fornicazione, chiedesse d’essere assolto dal peccato contro natura o di bestialità, dovrà pagare 219 libbre, 15 soldi. Ma se avesse commesso peccato contro natura con bambini o bestie e non con una donna, pagherà solamente 131 libbre, 15 soldi”.
Nella seconda metà del Novecento è stato redatto un nuovo testo per normare i casi in cui un sacerdote incorre in abusi sessuali su minori. Si tratta della Crimen Sollicitationis, scritto nel 1962 da Alfredo Ottaviani, segretario del Sant’Uffizio.
Questo documento stabilisce che il processo canonico al prete accusato è un processo diocesano e a condurlo deve essere il vescovo della diocesi cui il sacerdote appartiene. Ma soprattutto si ribadisce continuamente l’esigenza di mantenere la segretezza sui fatti delittuosi.
L’articolo 4 recita inoltre che non c’è nulla che impedisca ai vescovi, “se per caso capiti loro di scoprire uno dei loro sottoposti delinquere nell’amministrazione del sacramento della Penitenza, di poter e dover diligentemente monitorare questa persona, ammonirlo e correggerlo e, se il caso lo richiede, sollevarlo da alcune incombenze. Avranno anche la possibilità di trasferirlo, a meno che il vescovo del posto non lo abbia proibito perché ha già accettato la denuncia e ha cominciato l’indagine”.
Cosa deve fare un vescovo se viene a sapere che un prete è pedofilo:
Quindi, se si viene a sapere che un prete è pedofilo, ma nei suoi confronti non è stato aperto alcun processo canonico, nulla vieta al vescovo di trasferirlo in un’altra parrocchia. E così per decenni è stato fatto. Non per la superficialità o la connivenza di qualche prelato, ma perché così prescrive la norma. E se si arriva ad istruire il processo canonico, viene fatto giurare a tutti di mantenere il segreto, sotto pena di scomunica. “Il giuramento di segretezza deve essere in questi casi fatto fare anche all’accusatore o a quelli che hanno denunciato il prete o ai testimoni”.
Al prete pedofilo eventualmente trovato colpevole la cosa peggiore che può capitare è la riduzione allo stato laicale. Alle persone abusate che parlino di quanto gli è successo tocca invece la scomunica. Una volta concluso il processo diocesano, se ci sono prove sufficienti a condannare il prete pedofilo, gli atti devono essere trasmessi, sempre in totale segretezza, al Sant’Uffizio. In caso non ci siano prove sufficienti, gli atti devono invece essere distrutti.
Se questi sono i testi ufficiali del magistero pontificio perché il papa e gli eminenti uomini di Curia reagiscono con tanta veemenza alle critiche giunte dalla stampa e dall’opinione pubblica per i nuovi casi di pedofilia esplosi in Germania, Irlanda, Austria ed Olanda, e alle accuse di connivenza o complicità, che ha caratterizzato l’azione dei vertici della Chiesa cattolica nel fronteggiare lo scandalo degli ecclesiastici pedofili?
Camillo Ruini ha parlato addirittura di “campagna diffamatoria contro la Chiesa cattolica e il papa messa in campo dai media” ed ha puntato il dito, senza alcun senso del ridicolo, contro la “rivoluzione sessuale”. Dimentica di dire l’esimio presule che, ben prima della rivoluzione sessuale, al prete pedofilo la Chiesa condonava il suo peccato con sole 131 libbre a fronte delle 219 pretese qualora avesse infranto la norma con un adulto.
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