E’ stato depositato oggi presso la Procura della Repubblica di Cremona un esposto di tre pagine contenente diversi allegati, nel quale l’associazione Rete L’ABUSO Onlus chiede in riferimento al caso di Mauro Inzoli ulteriori approfondimenti di indagine.
Come si legge dall’esposto, si chiede di approfondire in particolare modo il “perché né il vescovo, né il Vaticano che è stato investito della vicenda, né gli organi direttivi della Cei guidata dal cardinal Angelo Bagnasco, abbiano ritenuto di dover comunicare i fatti all’autorità giudiziaria”.
Si sottolinea che dal momento che c’è stata una condanna dal punto di vista canonico, è verosimile pensare che la Diocesi sapesse, o che almeno oggi sia in possesso di materiale di indagine, lo stesso materiale che ha portato Inzoli alla condanna canonica, tenendo conto tra le altre cose, che il Canone del Codice di Diritto Canonico violato (n. 1720) riguarda gli abusi sessuali su minori.
Nell’esposto si chiede anche, qualora emergesse che la diocesi e/o altre strutture responsabili dei minori rimasti vittime, fossero a conoscenza delle tendenze pedofile dell’Inzoli, di valutarne le responsabilità. Come previsto dal secondo comma dell’articolo 40 del Codice Penale che recita “Non evitare un evento che si ha l’obbligo giuridico di evitare, equivale a cagionarlo”.
Questo è quanto emerge dalla ordinanza del GIP del Tribunale di Savona dell’8 maggio 2012, che ha ravvisato la responsabilità di un vescovo, Dante Lafranconi, ironia della sorte oggi vescovo della vicina Cremona, il quale ha coperto pedofili e non ha fatto nulla per impedire che potessero continuare ad abusare di minori.
Si chiede anche in nome delle vittime che si intervenga, facendo intanto luce sui loro nominativi e che si proceda anche nei loro confronti al fine di ottenere un adeguato sostegno psicologico ed un legittimo risarcimento.
Francesco Zanardi
Portavoce Rete L’ABUSO
Esposto Rete L’ABUSO Diocesi Crema caso Mauro Inzoli
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