Insomma, non è che stiamo a difendere alcuno o a prendere le parti di altri ma una sospensione e un allontanamento del sacerdote è quanto maggiormente poteva fare monsignor De Luca. Chiedere “teste e verità” non spetta a nessun altro se non alla legge che, a dire il vero, può ambire alla ricerca della giustizia e lo starebbe già facendo. Accuse rientrate, casi non appurati, sentenze appese sono all’ordine del giorno e i “preti non sono il male” come in molti, marciando su questi episodi, vogliono far credere.
Per dirla tutta, il tribunale della gente ha già fatto le sue mosse. La prudenza è d’obbligo e a scendere in campo per “sostenere le vittime” c’è anche Nunzia Lattanzio … ma non è che si corre troppo?
Intanto, dopo la pubblicazione del nostro articolo sulla faccenda, a cascata si sono moltiplicasti gli interventi sul web e la stessa rete “L’abuso”, che da qualche mese sta seguendo questo caso, ha avanzato attraverso il suo portale “un appello alle vittime, a chi crede e a chi non crede nelle accuse fatte a don Marino Genova”.
“Mi rivolgo alle eventuali altre vittime – scrive il portavoce Francesco Zanardi – l’invito è quello di farsi avanti e di uscire allo scoperto. Non abbiate timore, non abbiate vergogna perché non è la vittima che deve avere vergogna nel denunciare un abuso subìto. Sono una vittima a mia volta e comprendo quanto non sia facile, ma la denuncia di casi come questo integra un alto senso civico perché limita o impedisce che si producano altre vittime. Al tempo stesso esternare il trauma aiuta chi lo ha subito ad uscire dallo stato di vittima e diventare un sopravvissuto, ovvero una persona che impara a convivere ed elaborare il trauma, cioè smette di subirlo e riesce a recuperare una vita normale. L’invito è quello di rivolgersi alle autorità civili, se non vi sentite di farlo da soli siamo volentieri disponibili ad affiancarvi e supportarvi anche legalmente. Per il Molise il contatto mail è [email protected].
L’appello che invece vorrei rivolgere alla popolazione, sia quella che crede nella colpevolezza, che quella che crede nell’innocenza del sacerdote, è di non demonizzare né la vittima, né il carnefice ed attendere quello che dirà la giustizia civile che attualmente si sta occupando del caso. Mettere alla gogna chi è coinvolto non è di alcun aiuto.
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