di S. Carboni e C. Lalli – Il caso di Don Conti e la colpa addossata su una sua funzionaria, tenuta poi “immobile” a spese del Campidoglio. L’avvocato di Rita Camilli racconta come è andata.
Tre giorni fa la III Corte d’Appello di Roma condanna don Ruggero Conti a 14 anni e 2 mesi di reclusione per avere abusato di 7 ragazzi. La pena è ridotta di un anno e due mesi rispetto al primo grado perché tre casi di abuso sono prescritti. Conti era parroco della Chiesa della Natività di Maria Santissima e garante per le politiche familiari e per le periferie nella campagna di Alemanno nel 2008 (Conti viene arrestato il 30 giugno 2008, mentre stava organizzando con l’oratorio la partenza per Sidney in occasione della Giornata Mondiale della Gioventù). Nel processo avviato nel 2009, il Sindaco Alemanno firma per la non costituzione come parte civile del Comune di Roma – nonostante la richiesta di Mario Staderini (che qui spiega le ragioni dell’azione popolare avviata e qui cos’è successo intorno al processo). Quando gli si chiede ragione del no, Alemanno dice che non aveva letto – pur avendo firmato il documento – e la “colpa” del rifiuto è attribuita a una dirigente, Rita Camilli, rea di avere riportato le indicazioni ricevute dall’Avvocatura del Comune. Camilli viene sottoposta a un provvedimento disciplinare e a un’indagine “fantasma”, poi reintegrata ma lasciata per mesi senza un incarico. Dalla sospensione alla decisione di andare anticipatamente in pensione, nel maggio successivo, Camilli riceve regolarmente il suo stipendio da dirigente dal Comune che, però, non la fa lavorare.
“PREFERIREI DI NO” – La mancata costituzione del Comune deriverebbe da un provvedimento redatto dalla signora Camilli, ma che a sua volta richiama un parere formale dell’Avvocatura del Comune. Prosegue Lonetti: “Camilli non è stata incauta, ha chiesto: come mi devo comportare? Lei non ha competenza in costituzione in giudizio penale, perciò ha seguito le indicazioni degli organi competenti. È anche prudente, e ha conservato la minuta redatta con un avvocato del Comune durante i lavori per redigere la risposta con il “preferiremmo di no””. Alla Bartebly, lo scrivano di Herman Melville, ma con una bomba che non sarebbe dovuta scoppiare, ma rimanere nel silenzio e nella disattenzione generale.
IL SINDACO FIRMA SENZA LEGGERE? – Quel provvedimento è stato portato al Sindaco dall’Avvocatura. È il Sindaco che decide se costituirsi oppure no, non certo la dirigente e in questo caso nemmeno l’Avvocatura. Perché, appunto, la vicenda è grossa, coinvolge un ex parroco e reati gravissimi. Il sindaco ha firmato. Senza leggere? Sarebbe forse ancora più grave dell’avere firmato consapevolmente e intenzionalmente di non costituirsi: come è possibile firmare un documento del genere senza averlo letto? E quali altre importanti decisioni potrebbe firmare un Sindaco tanto distratto? Se poi nessuno protesta tutto fila liscia; in caso contrario si può sempre attribuire la responsabilità a qualcun altro.
INTERPRETAZIONE DELL’AVVOCATURA – Per capire meglio le responsabilità delle parti soffermiamoci su questo punto. L’avvocato Lonetti ricostruisce quelle della sua assistita. “Camilli ha detto: l’Avvocatura ha dato valutazione negativa, io mi conformo. Camilli, prima di concludere il procedimento, aveva chiesto indicazioni anche al Capo del Gabinetto. Il Capo di Gabinetto non ha mai risposto, e anche questo appare bizzarro. Io rispondo alle richieste, lei no? Entro fine maggio bisognava rispondere (pare anche che il provvedimento fosse arrivato prima a un altro dirigente che aveva detto di non averne competenza). L’Avvocatura del Comune, richiamando l’assenza di precedenti e la delicatezza della vicenda, ha suggerito di non costituirsi. Tra questa decisione e il procedimento disciplinare verso Camilli c’è il silenzio – come ho già detto, Camilli l’ha saputo dai giornali. “Può immaginare – mi chiede Lonetti – cosa significhi subire una sospensione, il clamore dei giornali e le loro interpretazioni da capro espiatorio? Non è bello essere associati a una vicenda simile. Il Sindaco ha anche rilasciato un’intervista in cui ha fatto considerazioni particolarmente pesanti su Camilli. Fino a qualche mese fa era ancora rintracciabile il file audio sul sito di Radio Radicale: “Era una signora vicina alla pensione… questi deficienti di burocrati”.
REINTEGRAZIONE – Subito dopo la sospensione, l’avvocato Lonetti ha proposto un giudizio d’urgenza per chiedere che Camilli fosse reintegrata. Nel corso di quel giudizio il Comune si è difeso dicendo che il Sindaco non può leggere tutti gli atti che firma. “Ma non era certo un atto qualsiasi – sottolinea Lonetti – ammesso poi che sia lecito firmare un atto qualsiasi senza leggerlo, tanto più quando arriva direttamente dall’Avvocatura”.
E non solo: in questo caso c’erano rapporti stretti, politici e personali, con don Ruggero Conti. Era una questione di ordine penale. Non era una vicenda che riguardava un semaforo caduto o una buca. Forse nessuno si aspettava che qualcuno avrebbe chiesto, come ha fatto Mario Staderini in giudizio: “perché non c’è il Comune di Roma?”.
’HANNO PROVATO – Sciatteria o intenzione? Dopo il documento del 4 giugno 2009 firmato dal Sindaco, e dopo la richiesta di Staderini, era ormai impossibile dire che il no del Comune fosse intenzionale. Bisognava trovare qualcuno cui passare la colpa per dichiararsene estraneo e per uscire pulito da questa palude. Se hanno rimosso Camilli, non avrebbero dovuto anche indagare sul Sindaco distratto e sull’Avvocatura che aveva consigliato di non costituirsi? Cioè, o tutti o nessuno. Invece l’accertamento ha colpito l’elemento più fragile e quello meno responsabile – vaso di terracotta tra vasi di bronzo.
ISTRUTTORIA “FANTASMA” – Dopo un paio di mesi dalla sospensione Camilli è tornata a lavoro, retribuita (come accade in caso di procedimento disciplinare). Il giudice ha detto “è stata reintegrata, non c’è problema”. “Ma per noi non era così!”, commenta Lonetti. “Inoltre non risulta alcuna istruttoria successiva alla sospensione. Dopo la sospensione, il Comune ha ricevuto le nostre giustificazioni (cioè la documentazione a supporto della correttezza del comportamento di Camilli) e, infine, c’è stata la reintegrazione”. Il 25 giugno 2009 s’è svolto l’incontro in Campidoglio con il Segretario Generale e l’Avvocatura del Comune. Lonetti ha portato una memoria scritta molto documentata. Dopo questo incontro il silenzio. “Non mi risulta che ci sia stata alcuna ulteriore istruttoria. Hanno esaminato quello che abbiamo portato noi senza aggiungere nulla, ma per il reintegro c’è voluto ancora circa un mese e mezzo. Noi abbiamo fatto anche un reclamo, e il giudice del reclamo ha detto che era stato il Sindaco, sottoscrivendo l’atto, a essersene assunto la responsabilità”. Mi ricorda all’asilo quando dicevamo: “me l’ha detto lui” per giustificare azioni di dubbia portata morale. Soprattutto, poi, su un caso del genere. “Il provvedimento finale è delizioso. Dicono: non ci sono estremi per alcun provvedimento disciplinare, certo la invitiamo a una maggiore attenzione”.
RIORGANIZZAZIONE DEL COMUNE – Intorno ad agosto, dunque, Camilli è reintegrata. Nel frattempo una riorganizzazione generale del Comune ha soppresso il suo ufficio. Certo, magari questo è una sfortunata coincidenza temporale, ma possibile che non ci fosse nulla da farle fare? Gli altri dirigenti coinvolti nella riorganizzazione sono stati ricollocati, c’è una serie di provvedimenti di ricollocazione da ottobre all’inizio di aprile 2010 – dice Lonetti. Per mesi Camilli è stata invece immobile, finché ha deciso di andare in pensione, stufa di guardare i muri. Il Comune ha ricevuto diverse richieste per farle dare un incarico tramite il suo avvocato, ma non ha mai risposto. “Se una società privata riceve una lettera da un avvocato si mette in allarme, cerca di rimediare, non foss’altro per evitare una causa”, conclude Lonetti.
PAGATA PER MESI PER NON FARE NULLA – E se non fosse già abbastanza la frustrazione personale di essere costretta a non lavorare e di ritrovarsi sulla lista nera del Sindaco, questa situazione al Comune di Roma è costata mesi di stipendio da dirigente, fino al maggio 2010 quando Camilli ha deciso di anticipare la pensione perché non ne poteva più. Economicamente Rita Camilli non ci ha rimesso, il Comune di Roma però sì – tenendola a guardare le pareti. E ora rischia anche di pagare altri soldi se sarà accettata la richiesta di risarcimento per danni psicofisici e di immagine: “cercando su internet escono ancora i vecchi articoli in cui Camilli viene associata a qu
esta grave vicenda”. Si dovrebbe sapere qualcosa verso la fine del 2013 o all’inizio del 2014.
SOLO LE SPINE – La morale di tutta questa vicenda è sintetizzabile così: “mettere alla berlina una persona per avere fatto il proprio dovere, non cercare di rimediare”, per usare le parole dell’avvocato Lonetti. “Nemmeno le scuse, nemmeno un mazzo di fiori. Solo le spine. Se la sono dimenticata”. Se nessuno avesse chiesto quale fosse la posizione del Comune, forse non sarebbe accaduto nulla. Ma una volta che si è dovuta cercare la responsabilità della mancata costituzione, la risposta è stata: “è tutta colpa di Rita Camilli”. Anche umanamente sembra una decisione spaventosa. Rimangono molte domande. Rimane il passato di don Ruggero Conti: uno dei sostenitori della campagna di Alemanno, uno che magari suggeriva ai suoi fedeli di votarlo. Costituirsi parte civile sarebbe forse stato uno sgarbo verso un passato alleato? Com’è possibile leggere un provvedimento in cui c’è una persona che conosci, cui hai affidato un incarico ufficiale, e non dare precise direttive politiche? O era proprio quel rifiuto la risposta politica? Un rifiuto che sarebbe però dovuto restare silenzioso, non notato, nell’ombra e che invece ha avviato una serie di scuse e di rimedi peggiori del rifiuto stesso.
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