Il Secolo XIX pag. 7
Data: 22/01/10
La mamma di Alassio: «È come se fosse lei la colpevole, dov’è la carità cristiana? Ora rispetto per la privacy»
Le hanno chiuso le porte della parrocchia in faccia, alla bambina. E la famiglia è stata costretta a farle incontrare gli amichetti in pizzeria. «Per fortuna a scuola hanno capito e la proteggono. C’è ancora della gente per bene a questo mondo». Anche i genitori, la zia e il nonno erano legati a don Luciano, lo amavano e lo stimavano: «Gliel’avevamo affidata. Eravamo sicuri. E quando abbiamo saputo volevamo andare dal vescovo e basta, per non aggiungere dolore a dolore, perché ci pensasse lui. Anche noi siamo gente di chiesa. Ma al Gaslini hanno regole precise e hanno avvertito l’autorità giudiziaria, e forse è giusto così».
Anche la bambina non avrebbe voluto parlare. Per vergogna, per pudore, «perché non può farti quelle cose il tuo migliore amico, quello che vai a cercare quando hai bisogno di una parola buona o di un aiuto. E poi non capisci neanche cosa vuol dire, a quell’età, e pensi che devi obbedire al parroco se lui ti dice che è un segreto, che quello che è successo non devi raccontarlo mai».
Poi ci sono i compagni. Le amiche. Magari ci provi, a confidarti, ma basta mezza parola e ti assale l’imbarazzo, vedi il sorriso pronto a spuntare: cosa fai? «Ti tieni tutto dentro. E pensi che se ti è successa una cosa così forse è anche colpa tua, ed è come precipitare in un pozzo senza fine».
Ore tremende. E uno sconforto che ti prende alla gola e non ti lascia più, «perchéè sempre stato così. I più deboli non contano niente, chi è malato o in difficoltà può cercare soltanto di non dare fastidio. E poi Alassio è un così bel posto e questa è una storia tanto triste, bisogna farla finire…».
Amarezza. Solitudine. E indignazione quando il sindaco ha preso le difese di don Luciano che è cittadino di Alassio «come la bambina e la sua mamma, sua zia, suo nonno. Non avrebbe dovuto farlo». Ora Marco Melgrati invita alla cautela, è un garantista e una persona perbene, probabilmente voleva solo polemizzare contro una giustizia che a tanti appare incomprensibile (in carcere prima del processo e magari liberi dopo. anche se colpevoli): ma chi risarcirà la mamma per le calunnie? Non è vero che gioca d’azzardo, che non ha un lavoro, che è inadeguata a fare la madre, che non si occupa della bambina, che è una sprovveduta come più d’uno ha voluto insinuare. Il problema è che è costretta all’anonimato: se potesse rivelare che è figlia di un professionista importante, per esempio, tanti atteggiamenti cambierebbero.
Qualcosa in realtà sta cambiando, da qualche giorno. Il vescovo di Albenga Mario Oliveri è voluto andare a Chiavari, a parlare a quattr’occhi con don Luciano. La magistratura ha aggiunto tasselli importanti all’inchiesta, anche se non lascia trapelare nulla proprio per tutelare le persone coinvolte. «La giustizia farà il suo corso. Ma tutta la famiglia chiede silenzio, adesso, perché la bambina ha bisogno di ritrovare completamente la serenità e potrebbe essere identificata. Sarebbe un crimine. Nei paesini del profondo sud una donna stuprata è sempre un po’ colpevole, è chiaro che se l’è andata a cercare… Non permettiamo una simile atrocità verso una bambina di undici anni. Non aggiungiamo dolore a dolore».
Paolo Crecchi
crecchi@ilsecoloxix.it
http://stage7.presstoday.com/_Standard/Articles/17648917
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