ROMA-ADISTA. Il tema degli abusi sui minori nella Chiesa diluito nel mare degli abusi sui minori nella società, su internet, nello sport; un elogio delle iniziative della Chiesa italiana e del Vaticano per contrastarli, iniziative parziali, lente, astratte, farraginose, che nascono già vecchie. E l’ennesimo no a una commissione indipendente d’inchiesta. Può essere sintetizzato così il senso del convegno organizzato dalla CEI e dall’Ambasciata italiana presso la Santa Sede il 29 maggio dal titolo “Abusi sui minori. Una lettura del contesto italiano 2001-2021”.
Diversi gli esperti invitati a parlare, ma le informazioni più rilevanti sono quelle fornite da alcuni degli intervenuti ai giornalisti in margine al convegno. A proposito del processo contro l’ex gesuita Rupnik, mons. Kennedy, segretario della sezione disciplinare del DDF ha detto che «È iniziato veramente bene e passo dopo passo, stiamo tenendo conto di tutti gli aspetti, quello delle accuse contro di lui, l’aspetto delle vittime, quello dell’impatto sulla Chiesa. È delicato, in questo momento non posso dire di più», Peraltro, il prelato irlandese ha sottolineato che la strumentalizzazione di immagini spirituali a fini sessuali, utilizzata anche da altri abusatori, e normalmente definita “falso misticismo”, un crimine contro la fede, non costituisce ancora una fattispecie giuridica nel diritto canonico e dunque allo stato attuale non prevede una pena.
Quanto alla collaborazione tra Cei e Dicastero che, nelle parole pronunciate dal presidente CEI card. Matteo Zuppi nel 2022, doveva consistere nella trasmissione dei 613 dossier di abusi sessuali esaminati dal Dicastero tra il 2001 e il 2021, essa non esiste nella forma in cui era stata illustrata: ha affermato infatti Kennedy: «di per sé il nostro lavoro non è con le Conferenze episcopali, è con il vescovo singolo e con il superiore generale di ogni ordine religioso: sono loro i nostri interlocutori. Se una conferenza episcopale vuole avere delle statistiche, può chiedere alle diocesi di fornirle. Non è un lavoro che facciamo noi».
Venuto a mancare il contributo del Dicastero vaticano nella trasmissione diretta alla Cei dei 613 dossier riguardanti casi di abusi sessuali, la Chiesa italiana ha dovuto “ricalcolare il percorso”, come fanno i navigatori. Di qui lo «studio pilota» illustrato dalla neopresidente del Servizio Tutela minori della Cei Chiara Griffini, uno studio che, ha detto, consentirà di svolgere delle ricerche che consentiranno di avere una fotografia del periodo 2001-2021»; un’analisi«qualitativa e quantitativa» nella quale saranno – appunto – i singoli ordinari del luogo a fornire i dati. Due le fasi del progetto: la prima «una ricerca multidisciplinare» dapprima su un campione e poi estesa alle altre diocesi; la seconda una fase di analisi e riflessione. Il tutto sarà condotto da due enti «indipendenti»: l’Istituto degli Innocenti (Azienda pubblica di Firenze) e il Centro interdisciplinare sulla vittimologia e sulla sicurezza dell’Università di Bologna.
Tutto appare dominato dall’incertezza e dalla speranza: si auspica, ma non è certo, che il lavoro sia completato entro la fine del 2025; si spera «che da questo studio si possano definire i criteri per poter affinare qualcosa che intercetti la realtà ancora sommersa». L’obiettivo: non avere dati nuovi ma, spiega Griffini, «offrire una lettura qualitativa e quantitativa» dei dati già esistenti. Un compito che appare piuttosto limitato e parziale in confronto a quanto avvenuto in altri Paesi, che taglia fuori ad esempio i dossier approdati alla giustizia civile e si ferma a quella piccola parte dell’emerso denunciata dai vescovi al Dicastero, fermandosi a tre anni fa. (ludovica eugenio)
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