di Federico Tulli – La pedofilia è l’annullamento della realtà umana del bambino. Avendo parlato negli anni con centinaia di vittime e raccolto le loro testimonianze mi sento di dire che questa definizione della pedofilia elaborata dallo psichiatra e psicoterapeuta Massimo Fagioli sia quella più precisa in assoluto.
L’effetto immediato della violenza sullo sviluppo psico fisico della vittima è devastante. È come se fosse un omicidio psichico che aggredisce e distrugge la vitalità e impedisce di realizzare la propria identità sessuale. Cioè una dimensione interiore specifica dell’essere umano.
È bene evidenziare che la vittima non è mai scelta a caso dal pedofilo. È un bambino solo, isolato, “ignorato” dai genitori oppure senza genitori. Prima della violenza fisica c’è quella psichica che consiste nel sostituirsi alle figure adulte di riferimento della vittima, nel carpire la sua fiducia.
Il pedofilo è una persona che pianifica lucidamente la violenza, agendo in un contesto che gli consenta di farla franca e dopo aver scelto con cura il suo bersaglio. Ecco cosa mi ha raccontato una volta l’avvocato Luciano Santoianni del Foro di Napoli, legale con lunga esperienza in questo campo: «Il pedofilo circuisce la vittima giocando sull’ambiguità e inducendolo alla confusione.
Quando c’è un rapporto di fiducia o affettivo, l’abuso è compiuto in maniera subdola, rasentando la linea di demarcazione che ci può essere con un rapporto amicale. La sua è una condotta violenta ma è raramente esercitata con violenza». Un altro aspetto che emerge dalle testimonianze e che ricorre in molti casi di pedofilia è commentato dallo psichiatra Andrea Masini: «C’è una grande ambiguità che però è tutta all’interno del pensiero religioso e che consiste nel farsi chiamare “padre” da parte degli “educatori”.
Per un bambino che non ha più figure femminili di riferimento, questo appare come un tentativo di ricostruire almeno il rapporto col genitore, che però non è reale perché nessun prete è padre di nessuno. È questa ambiguità “calcolata” che apre la strada alla violenza pedofila». Masini tocca poi un altro tasto delicato. I numeri sulla diffusione della pedofilia nel clero suggeriscono infatti l’ipotesi che molti pedofili si scelgano apposta determinate professioni.
«Non c’è dubbio che l’organizzazione della Chiesa risponda a certi requisiti. Il pedofilo, da calcolatore qual è, sa che il suo comportamento sarà coperto dal silenzio delle gerarchie ecclesiastiche. Perché all’esterno deve rimanere integra la figura del sacerdote misogino, che non ha rapporti sessuali e non ne deve avere. Un altro caso, ma di tutt’altro tipo, poteva essere rappresentato dall’esercito. Dove finiva un certo tipo di paranoici, perché “sapevano” che l’istituzione avrebbe coperto la loro patologia».
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