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Rete L’ABUSO NEWS – Edizione 20 del 20 gennaio

20 Gennaio 2024
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    Redazione TG NEWS Redazione TG NEWS
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    • Francesco Zanardi – Addio Simonetta: una leonessa contro le mafie

    Se ne è andata Simonetta Castiglion, fondatrice e Vice Presidente della “Casa della Legalità”, da cui nel 2013 prese vita la Rete L’ABUSO.

    Nella sua vita a Genova Simonetta, ha affrontato coraggiosamente senza compromessi mafie e illegalità, proprio come aveva fatto precedentemente a Vicenza, dove si batteva per i diritti dei lavoratori della sanità e perché questa fosse efficace e centrata su diritti e dignità dei pazienti.

    Lottava da decenni anche contro la Sclerosi Multipla, che la colpiva e lei si rialzava, più e più volte sino a quando, pur restando lucida, non è stata più in grado di muoversi. L’inabilità al lavoro e l’invalidità totale non l’hanno fermata dal continuare a sostenere le battaglie e le iniziative della Casa della Legalità. Seguiva le attività, continuando ad indignarsi per le ingiustizie che osservava e desiderando sempre contribuire al meglio.

    Purtroppo, il Covid che l’ha colpita a metà dicembre non le ha dato scampo.

    Se ne è andata serenamente, senza rimanere da sola nemmeno negli ultimi istanti, con dignità e senza accanimento, come ha sempre voluto. Vicino a lei il compagno di sempre Christian Abbondanza.

    Per ricordarla e salutarla si terrà una cerimonia laica sabato 20 gennaio, alle ore 12, presso il Tempio Laico del Cimitero Monumentale di Staglieno a Genova.

    Zanardi – Segretario C.L.C


    • Pierelisa Rizzo – Rinvio tecnico per l’ex cappellano militare Salvatore Cunsolo

    Rinvio tecnico per sanare il vizio di notifica al secondo difensore nominato dall’imputato, così come rilevato dal difensore della parte civile. L’udienza preliminare, dopo la richiesta di rinvio a giudizio dalla Procura di Siracusa per violenza sessuale su minori per l’ex cappellano militare Salvatore Cunsolo, 67 anni, difeso dall’avvocato Antonino Lizio,  sarà fissata dopo quella del prossimo 30 gennaio. Il Gip, Andrea Migneco dovrà sciogliere la riserva sulla richiesta di incidente probatorio avanzata dal Pm Stefano Priolo, a cui i legali del giovane che ha denunciato, Giovanni Di Giovanni del foto di Caltanissetta ed Eleanna Parasiliti Molica, del foro di Enna, non si sono opposti.  Il religioso era stato già sospeso  la scorsa estate dal vescovo di Piana degli Albanesi, dove il cappellano era incardinato. Le indagini erano scaturite dalla denuncia di un giovane di Francofonte, Giovanni Castiglia, oggi maggiorenne, che ha raccontato alla squadra mobile di Siracusa le violenze subite dall’età di nove anni fino ai 18 anni. Il giovane prima di rivolgersi alla polizia aveva denunciato i fatti al Vescovo di Siracusa, Francesco Lo Manto che non solo aveva avviato il processo canonico ,  ma aveva personalmente accompagnato il ragazzo, oggi ventenne, a denunciare.  Cunsolo, all’epoca dei fatti era sacerdote della chiesa Madre di Francofonte. “Martedì, prossimo 16 gennaio,  è una giornata importante per me – aveva scritto il giovane qualche giorno fa sul suo profilo facebook  – Il gip deciderà se rinviare a giudizio o meno don Salvatore Cunsolo , il cappellano che per anni ha abusato di me. La prima volta avevo solo 9 anni successe nell’abitazione di casa sua.

    Oggi sono un giovane di 23 anni che ha deciso di metterci la faccia per provare a tenere a bada gli  incubi che questo uomo ha causato al mio equilibrio esistenziale. Comunque vada io ho il cuore sereno, sereno di avere fatto la cosa giusta per proteggere anche i tanti che in questa come in altre storie come la mia hanno taciuto ed a cui dico di denunciare. Non abbiate paura!”.


    • Federica Tourn – Vescovo argentino scelto da papa Francesco si dimette per accuse di abusi sessuali

    Nuovo scandalo legato ad abusi sessuali in Argentina. Papa Francesco ha accettato la rinuncia di monsignor Gustavo Larrazabal dall’incarico di vescovo di Mar de la Plata, che avrebbe dovuto assumere il prossimo 20 gennaio. È il secondo vescovo in pochi mesi che si dimette dall’incarico senza prima assumerlo e, al suo posto, il Papa ha nominato non un nuovo vescovo ma un amministratore apostolico.

    La vicenda sta creando imbarazzo in Vaticano, perché il pontefice, che ha più volte preso posizioni nettissime contro gli abusi sessuali, ha difeso fino alla fine la nomina di Larrazabal.

    Monsignor Larrazabal si è dimesso dopo che è infuriata una polemica legata ad accuse di abusi sessuali da parte di una donna nei suoi confronti, nonostante il Vaticano avesse bollato in un comunicato queste accuse come “prive di fondamento” e il prelato avesse ottenuto il massimo sostegno della nunziatura apostolica in Argentina.

    Il Vaticano non ha commentato la rinuncia di monsignor Larrazabal, mentre lo stesso nunzio (cioè l’ambasciatore vaticano in Argentina) ha fatto una vera e propria retromarcia emettendo una dichiarazione per la stampa in cui afferma che “al termine di un processo di discernimento e preghiera realizzato con molta coscienza monsignor Larrazabal è giunto alla conclusione che non è opportuno assumere il governo pastorale della diocesi di Mar de la Plata e ha presentato la sua rinuncia a papa Francesco che, con molta comprensione, l’ha accettata”.

    Nonostante ciò, lo scandalo era ormai troppo evidente e Larrazabal, a cui Francesco ha rinnovato la piena fiducia appena pochi giorni fa, ha fatto un passo indietro. Gli abusi sarebbero avvenuti tra il 2007 ed il 2013, ma con maggiore intensità tra il 2008 ed il 2009. La donna, una cinquantaseienne che ha rifiutato di parlare con la stampa, ha già da tempo presentato formale denuncia alle autorità religiose argentine, e avrebbe dichiarato che la situazione è ben nota negli ambienti cattolici di Mar de la Plata.

    Non è la prima volta che un nuovo vescovo scelto direttamente da Francesco si trova al centro di uno scandalo prima ancora di assumere il governo della sede assegnatagli. Questo accade con maggiore frequenza che in passato perché, per prassi, era la Congregazione per i Vescovi che proponeva al Papa terne di nomi dopo una fase di indagine in cui si scandagliavano pro e contro di ogni possibile nomina.

    Negli ultimi anni, invece, Francesco ha declassato la Congregazione a dicastero e decide nella massima autonomia i nomi dei nuovi vescovi.

    Fonte: Fanpage


    • Ludovica Eugenio – IN RITARDO LE CONCLUSIONI DELL’INDAGINE PRELIMINARE SUI VESCOVI SVIZZERI ACCUSATI DI INSABBIAMENTI

    L’indagine preliminare contro due vescovi svizzeri mons. Charles Morerod e mons. Jean-Marie Lovey, accusati di aver insabbiato casi di abusi, nonché contro l’abate dimissionario di Saint-Maurice, p. Jean Scarcella, accusato di molestie sessuali) avrebbe dovuto concludersi entro il 31 dicembre 2023, ma è in ritardo. Lo ha confermato la diocesi di Coira in un comunicato richiesto e ottenuto l’11 gennaio dal portale elvetico di informazione religiosa kath.ch. Il rapporto finale dell’inchiesta è atteso a Roma nelle prossime settimane, ma non è affatto chiaro se esso sarà pubblicato e se l’opinione pubblica conoscerà i risultati delle indagini vaticane; secondo quanto afferma il comunicato diocesano, la Chiesa locale non prevede di informare il pubblico.

    Questi i fatti: alla fine di giugno 2023, papa Francesco aveva incaricato il vescovo di Coira mons. Joseph Maria Bonnemain di condurre un’indagine preliminare canonica contro tre membri della Conferenza episcopale svizzera. Dopo che era trapelata sulla stampa una lettera riservata inviata al nunzio apostolico da un personaggio di rilievo della Chiesa svizzera, mons. Nicolas Betticher. La lettera accusava fondatamente di insabbiamento sei vescovi (quattro ancora in esercizio e due emeriti), provocando l’intervento del Vaticano che ha avviato un’inchiesta previa, affidata al vescovo di Coira, già alla guida in passato di indagini e procedimenti penali analoghi. La lettera andava ad aggiungersi ai risultati dello studio preliminare sugli abusi del clero, commissionato a un gruppo di quattro ricercatori dell’Università di Zurigo e pubblicati il 12 settembre, che rivelavano l’esistenza di 1.002 casi, 510 accusati e 921 vittime. Lo studio accusava un settimo vescovo, ormai deceduto, lo stimato mons. Ivo Fürer di San Gallo, di aver ignorato sistematicamente le denunce di pedofilia contro un suo prete, denunce credibili e supportate da testimonianze.

    Nella lettera riservata, Betticher tirava in causa il vescovo di Losanna, Friburgo e Ginevra Charles Morerod (per insabbiamento) e tre preti della diocesi, accusati di abusi sessuali; altri cinque vescovi per aver coperto o rallentato l’iter delle denunce: in particolare mons. Jean-Marie Lovey di Sion.

    Nel comunicato della diocesi di Coira si informa, ora, che l’istruttoria non è ancora stata completata: e che mons. Bonnemain, insieme ai due esperti esterni con cui ha collaborato, vuole approfondire ancora qualche questione e preparare la relazione per il dicastero per i vescovi e poi inviarla a Roma. Con la trasmissione del rapporto d’indagine preliminare «si completa il mandato del Dicastero al vescovo, e non è detto «che la diocesi di Coira sarà informata della decisione».


    • Alessio Di Florio – «Purtroppo Emanuela è stata il tassello di un puzzle in un sistema di ricatti molto ampio»

    «Più saremo e più forte sarà il messaggio a chi vuole continuare ad occultare la verità» ha scritto Pietro Orlandi nell’appello per la manifestazione “Verità e Giustizia per Emanuela” tenutasi il 13 gennaio scorso.

    Un appello alla partecipazione, ad essere in tantissimi per « dare una risposta forte al silenzio che da dopo l’estate sta avvolgendo questa storia. Stanno cercando di far dimenticare, di abbassare l’attenzione e per questo serve una forte presenza alla manifestazione. Devono capire tutti, Vaticano, procura, politica, media, che la sete di giustizia non si può silenziare».

    L’altissima partecipazione, la piazza piena, sono la prima forte risposta a chi vuole silenziare, far dimenticare, impedire oltre quarant’anni dopo che sul rapimento di Emanuela Orlandi cali una definitiva e totale omertà, sull’ampio sistema di ricatti di cui è stato il tassello di un puzzle, come Pietro Orlandi ha scritto nei giorni scorsi su facebook in risposta ad un commento sotto il post in cui ha pubblicato una delle interviste rilasciate nei giorni precedenti la manifestazione.

    Omertà che continua a far rima con depistaggi, verità di comodo, confusione strumentalizzando e falsificando fatti, atti e parole. Un gioco sporco, come lo ha definito il curatore di Notte Criminale Alessandro Ambrosini che nel dicembre 2022 pubblicò l’audio “Vatican Shock”, dopo quanto fu scatenato contro Pietro Orlandi nelle ore successive ad una dichiarazione nella trasmissione televisiva DiMartedì.

    E anche nelle ore successive la manifestazione del 13 gennaio scorso ci sono state sue dichiarazioni che sono finite sui giornali in una maniera fin troppo imprecisa.

    «Leggo molti articoli stamattina in riferimento alla questione di Santa Maria maggiore secondo i quali la mia ipotesi è che i resti di Emanuela si troverebbero a Santa Maria a maggiore. io non ho mai detto di resti di Emanuela a Santa Maria maggiore , ho parlato di una cassa che potrebbe contenere materiale relativo ad Emanuela ( documenti, prove ) che sarebbe stata portata a Santa Maria maggiore secondo alcuni testimoni dei quali sollecito la convocazione da parte del promotore Diddi» (Pietro Orlandi, post su facebook del 14 gennaio alle ore 12.14)

    «In relazione a un coinvolgimento della Basilica di Santa Maria Maggiore con il rapimento di Emanuela Orlandi e al fatto che presso tale Basilica vi sia stato un intervento del Ministero dei beni culturali mentre era ministro Franceschini, che l’avrebbe autorizzato, presumibilmente negli anni 2013-2014, la famiglia Orlandi precisa che nessuna responsabilità è stata imputata in capo al ministro stesso, ma chiede che venga verificata quanto prima questa circostanza, così come rappresentato agli inquirenti. Oggi Emanuela Orlandi compie cinquantasei anni. L’auspicio della famiglia è quello della massima collaborazione, nell’interesse della verità, attesa da più di quaranta anni». Avv. Laura Sgrò

    (post facebook di Pietro Orlandi pubblicato il 14 gennaio alle ore 12.31)

    «Il Vaticano questa Commissione bicamerale non la vuole perché non la può controllare – ha affermato Pietro Orlandi durante la manifestazione – sappiate che Emanuela è un piccolo tassello di un sistema di ricatto, io sono a disposizione e spero di essere convocato quanto prima».

    Nel suo intervento il fratello di Emanuela ha fatto riferimento a messaggi whatsapp che nel 2014 si sono scambiati alti funzionari vaticani, all’epoca vicini a Bergoglio e riportati nel memoriale redatto dallo stesso Pietro Orlandi con l’avvocato Laura Sgrò.

    https://www.wordnews.it/purtroppo-emanuela-e-stata-il-tassello-di-un-puzzle-in-un-sistema-di-ricatti-molto-ampio

    https://media.blubrry.com/2572677/storage.retelabuso.org/wp-content/uploads/2024/01/TGNEWS_41.mp3

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