di Federico Tullli – La pedofilia di matrice ecclesiastica ha diverse peculiarità che la distinguono dalle violenze agite sui bambini in altri ambiti. Il pedofilo circuisce la vittima giocando sull’ambiguità e inducendola alla confusione. Quando c’è un rapporto di fiducia o affettivo, l’abuso è compiuto in maniera subdola, rasentando la linea di demarcazione che ci può essere con un rapporto amicale. La sua è una condotta violenta ma è raramente esercitata con violenza. C’è una grande ambiguità che però è tutta all’interno del pensiero religioso e che consiste nel farsi chiamare ‘padre’ da parte degli ‘educatori’. Per un bambino che non ha più figure femminili di riferimento, questo appare come un tentativo di ricostruire almeno il rapporto con il genitore, che però non è reale perché nessun prete è padre di nessuno. È questa ambiguità calcolata che apre la strada alla violenza. E non è un caso se numerose vittime siano bambini con tragiche storie familiari alle spalle.
A tal proposito vale la pena ricordare le considerazioni di uno dei massimi esperti investigativi in Italia, l’ex procuratore aggiunto di Milano, Pietro Forno.
«Il discorso viene spesso liquidato “solo” come un problema di pedofilia. Ma il prete che abusa di un bambino è più paragonabile a un genitore incestuoso che a un pedofilo di strada che insidia i bambini ai giardinetti. Bisogna partire da un dato di fatto: il sacerdote ha un enorme potere spirituale, tanto che spesso viene chiamato ‘padre’, e questo è significativo. Se guardiamo questi episodi in senso non biologico ma spirituale e morale, ci troviamo di fronte più a una violenza incestuosa che a un classico stupro. Ricordo che anche nelle cronache si parla di atti avvenuti in confessionale. E io mi chiedo: perché proprio in confessionale? Perché proprio in quel luogo e in quel momento? Perché è in quel momento che più intensamente il sacerdote si presenta come rappresentante di Dio. È stato condannato a Milano un sacerdote che nel confessare ragazze di 14 o 15 anni le faceva spogliare e le palpeggiava dicendo: ‘Lo vuole Gesù’. Ecco, il concetto del ‘lo vuole Gesù’ è il punto d’arrivo dell’incesto spirituale». Queste riflessioni rilasciate in una famosa intervista al Giornale nel 2010 sono sicuramente preziose ancora oggi per chi è ha a cuore la tutela e l’incolumità psicofisica dei bambini eppure per queste parole Forno fu sottoposto a un’ispezione ministeriale per accertare che non avesse divulgato segreti d’ufficio. Una vicenda surreale che si concluse con un nulla di fatto ma che rende l’idea di cosa significhi indagare nel nostro Paese quando sotto la lente della magistratura finisce un sacerdote.
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