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Home NEWS e CRONACA LOCALE

Abusi: la tolleranza zero parte dal diritto canonico. Proposte al Sinodo

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8 Ottobre 2023
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    ludovica.eugenio ludovica.eugenio
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    41604 ROMA-ADISTA. Una settimana intensa, quella tra il fine agosto e inizio settembre, per le organizzazioni di sopravvissuti agli abusi del clero. L’incipiente Sinodo sulla sinodalità, in corso a Roma dal 4 al 29 ottobre, ha rappresentato infatti l’occasione per tentare un’interlocuzione con il Vaticano sul tema della tolleranza zero nella gestione degli abusi e per presentare alcune iniziative di rilievo. In prima fila, Ending Clergy Abuse (ECA), organizzazione mondiale di attivisti per i diritti umani con un focus sui diritti dei bambini e sulle vittime di abusi sessuali sui minori perpetrati dal clero), con Survivors Network of those Abused by Priests (SNAP, fondata nel 1989, organismo ombrello di 501 organizzazioni senza scopo di lucro di sopravvissuti agli abusi sessuali del clero e dei loro sostenitori negli Stati Uniti) e Rete L’Abuso.

    “Cosa vogliamo?” “Tolleranza zero!”

    ECA è arrivata a Roma il 27 settembre, con una croce di legno alta 2 metri con la scritta “Zero tolerance” portata a spalle da un gruppo di 10 sopravvissuti in un pellegrinaggio di 130 km lungo la via Francigena (v. Adista Notizie n. 33/23). Ma erano più di un centinaio le persone, tra sopravvissuti agli abusi sessuali del clero e attivisti provenienti da 24 Paesi e 5 continenti, che hanno dato vita alla manifestazione del 30 settembre, nei giardini di Castel Sant’Angelo, per chiedere tolleranza zero a papa Francesco, tramite una legge universale della Chiesa cattolica, come richiesto dal Comitato delle Nazioni Unite sui diritti dell’infanzia, e per condividere tra i partecipanti le esperienze vissute. Tutto questo mentre a poche centinaia di metri, in piazza san Pietro – dove le forze dell’ordine non hanno consentito a ECA di arrivare – aveva luogo la veglia ecumenica di preghiera per il Sinodo.

    Tolleranza zero verso gli abusatori

    Concretamente, Eca, in consultazione con i canonisti, chiede una revisione dell’articolo 1395 del Diritto canonico; in particolare, in primo luogo ampliando il paragrafo 2, con la richiesta della dimissione dallo stato clericale e dell’allontanamento da qualsiasi attività nella Chiesa di chiunque – vescovo, prete, diacono, religioso/a, laico, volontario – commetta un abuso sessuale (compresa produzione o possesso di materiale pornografico) verso un minore o un adulto vulnerabile (laddove con “vulnerabile” non si intende solo chi abbia un uso deficitario della ragione, come espresso nell’uso restrittivo del documento pontificio Vos estis Lux Mundi, ma in generale qualunque persona adulta che al momento del reato sessuale non sia nelle condizioni di operare una decisione libera e con la quale una persona in posizione di potere «per età, status, forza fisica, mentale o emotiva» – che sia vescovo, prete, diacono, laico – intraprenda un’attività sessuale).

    La proposta di revisione del paragrafo 2 del canone 1395, però, va oltre, e comprende 1) l’imprescrittibilità dei suddetti reati; 2) l’obbligo di denuncia per vescovi, preti, religiosi, laici o volontari, pena la rimozione dal ministero o dall’attività nella Chiesa; 3) il dovere di informare delle procedure e dei processi la vittima e chi denuncia; 4) la rimozione della persona accusata da ogni incarico ecclesiale durante l’investigazione previa; 5) il dovere di informare la vittima o la famiglia o il denunciante dell’esito delle procedure; 6) in caso di ammessa o provata colpevolezza, all’imputato deve essere vietato qualsiasi ministero o attività nella Chiesa, oltre alla dimissione dallo stato clericale se è ordinato, e questa decisione va resa pubblica e diffusa sui media.

    Tolleranza zero verso gli insabbiatori, trasparenza e risarcimenti

    Eca propone poi l’inserimento di due nuovi paragrafi: il n. 3 intende colpire la copertura e l’insabbiamento di chi sappia o sospetti un caso di abuso e ometta di denunciare, punendo il soggetto con la stessa pena inferta al colpevole dell’abuso; anche in questo caso, senza termini di prescrizione, ribadendo l’obbligo di denuncia e di trasparenza nei confronti delle vittime o dei denuncianti, sospendendo dall’incarico l’accusato. Il paragrafo 4 sancisce il diritto per le vittime di ricevere tutta la documentazione relativa ai responsabili dell’abuso e ai loro supervisori. In caso di violazione di questo diritto, le persone che rifiutino la trasmissione del dossier subiranno le stesse pene di cui sopra, con obbligo di diffusione pubblica dei nomi sui media. Quanto al paragrafo 5, esso sancisce per le vittime – o per le famiglie, in caso di decesso della persona colpita – il diritto a ricevere dalla Chiesa un risarcimento per il danno subìto, monetario e non.

    Le forze dell’ordine hanno “pedinato” l’iniziativa di ECA per tutto il weekend, tanto da bloccare davanti al Colosseo una macchina della polizia che ha piantonato, presso l’hotel che ospitava i membri di Eca, un furgone arrivato dalla Germania che trainava un carro “goliardico” con la scultura in cartapesta di un vescovo dormiente e la scritta “L’instancabile investigazione sugli abusi del clero”.

    Il 2 ottobre ECA ha tenuto una conferenza stampa presso la Sala Stampa Estera, con sopravvissuti e attivisti. Hanno evidenziato la portata mondiale degli abusi, il rifiuto del papa di rendere la tolleranza zero una legge universale della Chiesa e l’incapacità di includere la questione degli abusi del clero nel Sinodo. Tra di essi, era presente anche l’argentino Diego Pérez, vittima di abusi all’età di 16 anni del prete Eduardo Lorenzo, “protetto” dall’allora arcivescovo di La Plata mons. Víctor “Tucho” Fernández, oggi prefetto del Dicastero per la Dottrina della Fede (del quale ECA chiede con forza la rimozione, v. Adista online del 29/9/23). Era accompagnato dall’avvocato Sergio Salinas di ECA, già ricorrente per le vittime dell’Istituto Próvolo.

    Durante la conferenza stampa, due membri di ECA hanno dato conto di un incontro imprevisto e “provvidenziale”, avvenuto il 27 settembre per le strade di Roma, con il card. Jean-Claude Hollerich del Lussemburgo, relatore generale del Sinodo. Il cardinale si era precedentemente impegnato con ECA a consegnare la bozza di revisione del can. 1395 del diritto canonico sulla tolleranza zero al papa, in occasione del suo incontro con quest’ultimo il 18 settembre, ma Hollerich ammette di averne dimenticato la copia in Lussemburgo. Il 29 settembre, un’altra copia del documento gli è stata consegnata a Roma, insieme a una richiesta di chiarimenti e all’invito a partecipare alla conferenza stampa del 2 ottobre. Ovviamente non si è presentato.

    Il controreport della Rete L’Abuso

    Nel corso della conferenza stampa, Francesco Zanardi, fondatore e anima della Rete L’Abuso, ha presentato un “controreport” – rispetto a quello della Cei – sullo stato dei casi di abuso su minori nella Chiesa italiana: 332 i casi documentati dalla Rete in 13 anni di attività, nessuno dei quali denunciato all’autorità civile dall’autorità ecclesiastica. «Il cardinale Matteo Zuppi non ha mai voluto acquisire i nostri dati», ha detto Zanardi, che ha anche definito «deludenti» gli incontri, promessi e effettivamente avvenuti, con il presidente della CEI, che continua a rifiutare la strada della commissione indipendente d’inchiesta sul modello di tanti altri Paesi, e a confermare che «non ci sarà da parte della Chiesa italiana alcun indennizzo ai sopravvissuti che, a detta del cardinale, indurrebbe soltanto le vittime a denunciare». «Disattesa – prosegue Zanardi – anche l’acquisizione di tutti i casi denunciati alla Rete L’ABUSO, malgrado la volontà da parte dell’Associazione di accettare la richiesta avanzata in conferenza dallo stesso Presidente della Cei, in virtù della disponibilità offerta e delle stesse parole di Zuppi; l’aspetto morale non si prescrive». Insomma: «Nessuno da parte della Chiesa ha più voluto quei nomi». Nemmeno quando, nell’estate 2023 – a seguito di alcune segnalazioni pervenute dal territorio della diocesi di Sanremo dopo che la curia diocesana, informata dei fatti, nulla avrebbe fatto –, la Rete ha scritto in via ufficiale al vescovo Antonio Suetta: non ha ricevuto la richiesta dei nominativi coinvolti, ma «una minaccia di querela all’Associazione». «Il Motu proprio prevede almeno sulla carta rigide sanzioni per i vescovi che insabbiano o non affrontano adeguatamente i casi, ma chi controlla e le applica?», chiede Zanardi. Che sintetizza in modo plastico i dati in suo possesso, più avanti esaminati nel dettaglio: «Nel 100% dei casi è stata omessa la comunicazione da parte dell’autorità ecclesiastica alla Giustizia italiana; nel 100% dei casi la Chiesa non ha reso giustizia alla vittima neppure sotto l’aspetto morale; nel 100% dei casi i sopravvissuti non hanno ricevuto soccorso medico adeguato, in praticamente tutti i casi nessuno ha ricevuto sostegno tranne incontri di natura “spirituale”, non classificabili tuttavia come soccorso o assistenza di carattere medico psicologica; nel 100% dei casi non è stato dato nessun indennizzo da parte della Chiesa, tranne in quei casi (circa l’8-9%) dove c’è stato l’interesse della Chiesa a un accordo tra le parti con il vincolo della riservatezza. Casi che non possono essere accolti come indennizzi, non solo per la cifra indecorosa rispetto al danno (in genere 25.000€), ma per la finalità stessa per la quale quella cifra viene elargita, ovvero vincolare la vittima al silenzio lasciando il sacerdote “anonimo” e libero di poter reiterare; nel 100% dei casi in cui c’è stata una condanna da parte della giustizia italiana o ecclesiastica (esclusi i sacerdoti deceduti o suicidi, quelli che hanno lasciato il sacerdozio o i pochi ridotti allo stato laicale dalla stessa Chiesa) i sacerdoti sono sempre stati reintegrati in parrocchie dove è difficile non essere a contatto con minori anche quando c’è un decreto o una raccomandazione del vescovo».

    Zanardi ha consegnato il suo controreport alle Nazioni Unite a Ginevra sotto forma di denuncia, dopo la precedente, che riguardava le omissioni del Governo italiano e quelle della Procura Generale della Repubblica italiana. Presente insieme a lui presso l’Onu (Comitato per i diritti dell’infanzia) anche l’avvocato Mario Caligiuri.

    Da Roma a Ginevra

    I rappresentanti di ECA sono infatti volati il 3 ottobre a Ginevra, per chiedere a diversi organismi delle Nazioni Unite di costringere il Vaticano – che nel suo status è praticamente intoccabile – ad assolvere i suoi obblighi internazionali, denunciando, a proposito dell’abuso clericale, «crimini contro l’umanità», come quelli perpetrati da rappresentanti della Chiesa in Colombia, e «genocidio», come in Canada, dove due anni fa sono state scoperte fosse comuni con centinaia di bambini indigeni, sottratti con la forza alle famiglie e educati nelle scuole della Chiesa cattolica fino alla fine degli anni ’60, poi gestite dal governo negli anni ’70 fino alla chiusura, una trentina di anni fa. «Questa è una pandemia e deve finire», ha detto in conferenza stampa Adalberto Mendez, tra i fondatori di ECA. «È un problema enorme, un problema di diritti umani, non solo in Europa, ma in tutto il mondo». L’incontro è avvenuto a margine del Consiglio dei diritti umani dell’Onu, al fine di un primo confronto con i rappresentanti degli Stati sullo status giuridico del Vaticano, responsabile delle violazioni dei suoi obblighi internazionali.

    ECA proseguirà il suo impegno all’Aia e chiederà alla Corte internazionale di giustizia (CIG) un’analisi internazionale dello status giuridico della Santa Sede in termini di diritto internazionale e alla Corte penale internazionale (CPI) di occuparsi di alcuni casi.

    https://www.adista.it/articolo/70714

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    Ludovica Eugenio, laureata in Storia delle origini cristiane, giornalista e traduttrice, nata nel 1966 a Torino, dal 1990 è direttore del settimanale di informazione religiosa Adista, presso la quale si occupa soprattutto della Chiesa di area anglofona e germanofona.

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