di Federico Tullli – La strategia della Chiesa nei confronti della pedofilia è sempre stata quella di evitare lo scandalo e proteggere il sacerdote, che anche durante il periodo dell’Inquisizione in virtù di un privilegio di casta, raramente incorreva in pene gravi pur di fronte a eclatanti violazioni. Non si offendano i convinti sostenitori di papa Bergoglio ma la strategia di denuncia e intransigenza è solo il frutto di un necessario adeguamento alle mutate circostanze, dato che il problema è esploso a livello mondiale e non è più occultabile. Ogni tanto qualche prelato sfugge alle maglie predisposte dal Vaticano per mantenere la pedofilia clericale il più lontano possibile dai riflettori mediatici al fine di gestirla “dettando i tempi” più consoni a quelli della Chiesa.
È stato il caso (uno tra tanti) del reverendo americano, Richard Bucci, il quale vietò la comunione a chi ha sostenuto la legge sul diritto all’aborto, giustificandolo così: «Non c’è paragone tra pedofilia e aborto. La pedofilia non uccide nessuno, l’aborto lo fa». Premesso che la confusione tra feto e bambino la dice lunga su quanto avesse chiare le idee, in “risposta” all’affermazione violentissima di don Bucci che riflette una “convinzione” delirante ancora molto radicata in ambito cattolico (e non solo), ecco cosa ci ha detto la neonatologa e psicoterapeuta Maria Gabriella Gatti:
Il pedofilo è un grave malato mentale, nonostante ciò che afferma la psichiatria americana nel DSM-V che include la pedofilia tra i disturbi del comportamento sessuale, nel gruppo delle parafilie. Giustamente c’è chi ha definito la violenza sessuale su un minore un «omicidio psichico»: non ha niente di sessuale in quanto è un’azione che va contro l’identità, la potenzialità psichica ed evolutiva del bambino. Il bambino rappresenta quell’identità umana, quella vitalità che il pedofilo ha perduto per vicende personali. Nel suo comportamento se la pulsione omicida, compulsiva e ripetitiva, rappresenta l’aspetto psicopatologico, il controllo razionale gli conferisce una qualità criminale propria delle psicopatie. Infatti il controllo consente fino a un certo punto di evitare le conseguenze penali oltre che l’utilizzo di sofisticate strategie di scelta e di avvicinamento delle vittime».
Un identikit che aiuta a comprendere molte cose, ma certamente non in Vaticano dove ancora sono convinti e agiscono come se la pedofilia fosse un peccato.
Fonti: Fanpage, Left, Giustizia divina (chiarelettere, 2018)
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