Va dritto al cuore dell’argomento il titolo di un saggio-inchiesta che scandaglia, con dati e testimonianze, le giovani vite delle vittime e i vizi dei carnefici appartenenti alla società dei religiosi (sacerdoti e parroci, numerosi e “insospettabili”), chiamando direttamente in causa le gerarchie della Chiesa Cattolica Romana. Da un’idea di Lucetta Scaraffia, storica e giornalista, Agnus Dei.
Gli abusi sessuali del clero in Italia , Solferino editore, è un rapporto che, senza ricorrere a toni scandalistici, colpisce la sensibilità del lettore, anche il meno sprovveduto. Assieme a Scaraffia hanno lavorato e firmato il volume la storica Anna Foa e la vaticanista del Messaggero , Franca Giansoldati.
Ma c’è anche il lavoro di altre due donne, Mariella Balduzzi e Maria Angela Rosignoli. Che hanno collaborato al riordino dell’archivio di riferimento e quindi alla preparazione del materiale, trovato nel sito dell’associazione Rete l’Abuso, fondata da una vittima, Francesco Zanardi.
Cinque anni da incubo in parrocchia
Quand’era ragazzino, per cinque anni egli fu oggetto di attenzioni sessuali da parte di uno dei sacerdoti della parrocchia di un centro del Ponente ligure dove viveva. È Zanardi, infatti, il catalizzatore dell’inquietante casistica citata nell’opera, e in parte raccontata. Si tratta di oltre 320 casi raccolti (dal 2010), di cui 159 riguardano religiosi condannati in via definitiva. I restanti o sono spariti o il giudizio è ancora in corso. «Mariella, Maria Angela ed io siamo tre nonne» sottolinea Lucetta Scaraffia. «Le nonne, si sa, sono le prime a preoccuparsi dei nipoti. Attente e vigili, nel timore che possano incorrere in pericoli».
Aggiunge: «Il fatto che all’elaborazione di questo libro abbia partecipato un nucleo tutto femminile è significativo. Sono le donne che hanno spinto per cambiare la legge sullo stupro. Sono le donne che colgono meglio la gravità degli abusi sessuali, vissuti talvolta sulla loro pelle».
«SONO LE DONNE CHE COLGONO MEGLIO LA GRAVITÀ DELL’ABUSO SESSUALE, VISSUTO TALVOLTA SULLA LORO PELLE. QUALCHE PASSO IN AVANTI C’È, MA NON BASTA»
In premessa a quanto viene narrato nelle pagine di Agnus Dei , una constatazione: negli ultimi decenni gli abusi sessuali del clero hanno suscitato clamore in quasi tutti i Paesi cattolici; da qui l’avvio di inchieste indipendenti per misurare l’ampiezza del fenomeno. E ciò in una Chiesa dove l’abuso è ancora considerato una trasgressione del sesto comandamento (“non commettere atti impuri”) senza che il diritto canonico ne consideri l’effetto e soprattutto le conseguenze per le vittime. Vero è che soltanto in Italia e in Spagna le conferenze episcopali si rifiutano di collaborare con possibili inchieste. Si può dire che le autrici di questo libro, che hanno fatto parte della redazione Donna Chiesa Mondo (mensile dell’ Osservatore Romano ), suppliscono in qualche misura, mettendo il dito nella piaga e portando in evidenza ciò che si vorrebbe eclissare.
I dati forniti da Rete l’Abuso
Lo avevano fatto con alcuni articoli sulla rivista vaticana e ora con Agnus Dei continuano il lavoro di denuncia. Dunque, per la prima volta si cerca di capire la situazione italiana, mettendola a confronto con quella degli altri Paesi. Dall’archivio di Rete l’Abuso, unico in Italia nel suo genere, esce un quadro preoccupante, che, a quanto pare, non scuote abbastanza l’immobilismo della Chiesa. Per restare agli ultimi anni, quali sono state le posizioni dei pontefici, Benedetto e poi Francesco? Qualche passo avanti va registrato, ma non basta. Sul filo degli esempi e delle storie individuali, sconcertanti, di carnefici e vittime, e delle reazioni blande per non dire ipocrite delle gerarchie cattoliche, le autrici auspicano il cambio di rotta. Pena, la credibilità della Chiesa.
Occorre innanzitutto la chiara condanna, oltre a un ripensamento del concetto di sessualità. Di più: la conseguente riconciliazione con le vittime deve passare anche dagli indennizzi finanziari per aiutare le persone a ricostruire la propria integrità.
«In verità, i vescovi non difettano di generosità economica, ma i benefici vanno ai sacerdoti posti sotto accusa dai tribunali laici, sempre che si arrivi al processo».
Nel libro, viene citato don Giuseppe Rugolo, prete siciliano finito nei guai, e debitamente foraggiato dal vescovo.
«Al giudice che lo interroga, l’alto prelato ammette di aver pagato a Rugolo, con i soldi della curia diocesana, cioè dell’8 per mille, un debito precedente, la parcella dell’avvocato e 20.000 euro per migliorare la sua sopravvivenza a Ferrara, dove era stato trasferito presso il Seminario arcivescovile».
C’è un elemento che accomuna quasi tutte le storie di abuso: le vittime appartengono a ceti sociali inferiori, a famiglie povere e/o disastrate. Ragazzini fragili che dovrebbero trovare nelle parrocchie e negli oratori accoglienza in luoghi sicuri. Succede invece che si ritrovino nella tana del lupo. È proprio il caso di Francesco Zanardi, colui che, squassato da un’esperienza drammatica, è riuscito poi a farne tesoro. Rete l’Abuso, da lui fondata, è diventata, infatti, un punto di riferimento per altre vittime. Dalle vicende riportate in Agnus Dei esce una galleria di molestatori seriali. Prendiamo una storia simbolo, emersa dopo molto tempo. Riguarda l’istituto religioso per sordomuti Antonio Provolo di Verona. Nel 2010, 67 ex ospiti, uomini e donne tra i cinquanta e i sessant’anni di età, rompono il silenzio e accusano numerosi sacerdoti della Congregazione Compagnia di Maria di averli sottoposti a molestie e violenze, quando erano bambini. I fatti risalgono dagli anni ‘50 in poi. Bruno, Guido, Carla, Lina, Giovanna… scrivono con crudezza: «Nella stanza adibita a confessionale della chiesa, alcuni preti approfittavano per farsi masturbare e palpare a loro volta da bambine e ragazze». Ancora: «I rapporti sodomitici avvenivano nel dormitorio, nelle camere dei preti e nei bagni…».
Consapevoli di non poter adire alle vie legali per intervenuta prescrizione dei reati, queste persone, per ottenere giustizia, si appellano alla Chiesa.
«I loro tentativi restano lettera morta».
Il copione, con sfumature diverse, si ripete, pagina dopo pagina. Vogliamo citare il caso di don Ruggero Conti, estroverso e carismatico sacerdote di Selva Candida, zona periferica della Capitale?
«Grandi doti organizzative, apprezzato dai parrocchiani, ha blandito, irretito, molestato e commesso abusi su numerosi ragazzi che lo amavano come un padre. Per inchiodarlo alle sue responsabilità ci sono voluti anni, fra l’incredulità della gente e la superficialità del vescovo. Che invece di rimuovere il sacerdote sospettato, allontanò dalla parrocchia un collega, considerato il calunniatore. Don Ruggero viene arrestato nel 2008, e condannato nei tre gradi di giudizio fino alla sentenza di Cassazione (2015). Ma la sospensione a divinis scatta soltanto dopo la prima condanna, nel 2011. Fino ad allora nessun provvedimento, neppure a scopo cautelativo, viene preso dall’autorità ecclesiastica. La morte lo coglie nel 2020 a Verbania in una clinica per preti problematici. Alle esequie partecipa una folla commossa di amici e conoscenti che non avevano mai creduto alla sua colpevolezza».
https://www.corriere.it/sette/attualita/22_maggio_30/lucetta-scaraffia-noi-tre-nonne-raccontiamo-vittime-abusi-5f5eaf7a-dc39-11ec-b480-f783b433fe60.shtml