ROMA «Noi, come Rete l’Abuso, abbiamo censito 360 casi in Italia, negli ultimi quindici anni ci sono 160 preti condannati in via definitiva per abusi su minori. Ma questo è solo l’emerso, e temo sia la classica punta dell’iceberg». Francesco Zanardi aveva 11 anni quando a Spotorno fu violentato dal viceparroco, «si chiamava don Nello Giraudo, durò tre anni», nel 2010 ha fondato «Rete l’Abuso».
E ora, con i responsabili di altre otto sigle – «Osservatorio interreligioso sulle violenze contro le donne», «Donne per la Chiesa», «Noi siamo Chiesa», «Adista», «Comitato vittime e famiglie», «Voices of Faith», «Comité de la Jupe» e il settimanale «Left» – ha dato vita al Coordinamento contro l’abuso nella Chiesa cattolica, «oltre il grande silenzio», con una richiesta fondamentale «alla Cei e al governo»: che anche in Italia sia creata a una «commissione indipendente» e si aprano «gli archivi di tutte le diocesi, conventi e monasteri» per «conoscere la verità» e «risarcire le vittime», insomma «un’operazione senza ombre e senza sconti». Un’operazione lanciata in Rete attraverso l’hashtag #ItalyChurchToo.
In Francia la commissione Ciase ha stimato dal 1950 che 330 mila persone sono state vittime di atti di pedofilia nella Chiesa francese, 216 mila a opera del clero. Nel 2018 un rapporto in Germania ha calcolato che 1.670 sacerdoti hanno abusato di 3.677 minori dal 1946 al 2014. In Italia mancano statistiche, la Cei ha rimandato per anni. Se ne parlerà all’assemblea generale che a maggio voterà il nuovo presidente. I vescovi sono divisi, e in genere diffidano del modello di commissione «indipendente» come quelle francesi o tedesche. Il cardinale Gualtiero Bassetti, presidente uscente, ha spiegato al Corriere che un’indagine si farà, ma in modo differente: «L’obiettivo è non ripetere errori e omissioni del passato e rendere giustizia agli abusati. Ma giustizia non è giustizialismo». Così la Cei pensa a «una ricognizione approfondita e seria» con «numeri reali», senza «proiezioni o statistiche» ma partendo «dal basso», dai dati delle diocesi.
Ma questo non potrebbe bastare, avverte Zanardi: «I vescovi italiani dovrebbero rendersi conto che una ricerca fatta all’interno della Chiesa, se anche fosse fatta benissimo, lascerebbe sempre un margine di dubbio, anzitutto tra le vittime ma in generale nell’opinione pubblica. Non è che in questi anni la Chiesa si sia guadagnata molto credito. Perciò è anche nel loro interesse che si compia una ricerca indipendente». Ma non basta, spiega al Corriere: «Ci vorrebbe una commissione governativa. Ci siamo rivolti anche al governo perché in Italia, a differenza di Paesi come la Francia o la Germania, c’è un vuoto normativo da colmare: non esiste l’obbligo di denuncia di un pedofilo, se si viene a conoscenza di un crimine. Ed è un problema che riguarda non solo la pedofilia nel clero, ma tutti i crimini pedofili, ne parlavo tempo fa con don Di Noto: la denuncia è possibile solo se arriva dalla vittima o da chi lo rappresenta. Se anche un vescovo decidesse di andare alla polizia per denunciare un prete, non potrebbe farlo, serve la querela di parte».
Tra le testimonianze che hanno accompagnato la presentazione del nuovo Comitato, è in particolare significativa quella di Erik Zattoni, che oggi ha quarant’anni: «Sono figlio del prete pedofilo don Pietro Tosi, mia madre ha subito un abuso sessuale a 14 anni, la prima volta che si rivolse a un vescovo per denunciare le fu risposto: “Non dire a nessuno quello che è successo altrimenti sarebbe uno scandalo per tutta la Chiesa”, poi venne minacciata di sfratto, cosa che avvenne per tutta la famiglia alcuni anni dopo». Tutto questo è accaduto pochi anni fa. Don Tosi è morto nel 2014, in una casa di riposo, da sacerdote, senza che mai sia stato spretato. Di più, racconta al Corriere Erik Zattoni: «Il reato penale era prescritto, chiesi la prova del Dna e ci fu una causa civile a Ferrara. La sentenza riconobbe l’abuso nel 2011. E don Tosi rimase parroco in provincia per un altro anno e mezzo. Del resto, lo era stato per trent’anni senza che nessuno, né la diocesi né il Vaticano, facesse nulla». Ora Erik Zattoni vive la sua vita, «non ho voluto permettere che me la rovinasse», è sposato e ha un bimbo e una bimba. Ma non può dimenticare il trattamento che ha ricevuto: «Mia madre ed io ci siamo trovati davanti a un muro. Mi sono sentito chiedere da un personaggio della Curia: ma tua madre era attraente? Dal Vaticano mi è stato detto: “È prete e morirà da prete, si metta l’animo in pace”. Un muro invalicabile, una cosa incredibile».
https://www.corriere.it/cronache/vaticano-news/22_febbraio_15/nasce-coordinamento-anti-abusi-chiesa-ci-sia-un-indagine-indipendente-anche-italia-9b9b1a72-8e88-11ec-a91e-e98defcaa657.shtml
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