Soltanto due mesi per ottenere giustizia nel processo a suor Maria Angela Farè. I genitori: «Deve essere condannata»
«Hanno rubato una foto dalla tomba di Eva, un’altra, quella di un raduno a Madrid dove si vedeva anche don Alessandro, l’hanno strappata per togliere l’immagine del prete».
Lo rivelano Giovanna e Roberto Sacconago, i genitori della giovane parrocchiana di Sant’Edoardo che nel 2011 si tolse la vita. Questo è il clima che aleggia alla vigilia del processo d’appello per suor Maria Angela Farè.
Mancano due mesi alla prescrizione del reato per cui è stata condannata nel 2015, ossia un episodio di violenza sessuale e quella di domani, lunedì 24 a Milano, sarà un’udienza decisiva. Innanzitutto, per effetto della riforma Orlando, i giudici potrebbero disporre il rinnovamento dell’istruttoria dibattimentale, prevista nel caso in cui la procura impugni una sentenza di assoluzione. La ex suora era stata in effetti assolta dalle accuse di stalking, violenza privata e abusi sessuali e i pubblici ministeri Maria Cristina Ria e Francesca Gentilini – che avevano chiesto una pena di nove anni e nove mesi – avevano scritto un articolato ricorso avverso la sentenza.
È quindi verosimile che la spinosa vicenda venga ripercorsa in secondo grado. Con il rischio di non riuscire a chiudere il procedimento prima della scadenza dei due mesi. D’altro canto avevano presentato ricorso anche l’avvocato di parte civile, Tiberio Massironi e i legali della suora, Fabrizio Busignani e Raffaella Servidio. «Aspettiamo domani sperando che i giudici si ravvedano. Il 24 settembre è una data importante per noi perché l’ospedale ci ridiede Eva, nata il 4 settembre ma troppo minuta per essere dimessa. Speriamo sia un buon segno», confida mamma Giovanna.
La storia sconvolse Sant’Edoardo, dividendo il quartiere tra colpevolisti e innocentisti. Quando era ancora minorenne Eva allacciò una relazione sentimentale e sessuale con la suora di ventitré anni più grande di lei. Il fatto avrebbe integrato, se dimostrato, il reato di atti sessuali con minori, ma quando la polizia iniziò a indagare ormai era intervenuta la prescrizione. I genitori si accorsero dell’anomalo rapporto in cui era coinvolta la figlia e riferirono al parroco. Suor Farè fu esiliata in Sicilia, ma dopo un anno tornò in Lombardia e la frequentazione con la ragazza riprese. Un giorno all’oratorio però arrivò don Alessandro Bonura, un giovane prete che conquistò la fiducia e l’affetto di Eva. Il legame con la suora si allentò e la religiosa reagì da amante abbandonata, rendendo impossibile la vita della giovane. Fiumi di messaggi inquietanti, irruzioni in casa, controllo ossessivo.
Intanto però giravano voci insidiose sull’amicizia tra Eva e quel prete che dormiva addirittura a casa sua, con cui pranzava tutti i giorni e faceva le pennichelle post prandiali. Don Bonura venne presto trasferito ed Eva, pochi giorni dopo, si suicidò.
Secondo la procura di Busto, la giovane era alla «ricerca disperata e costante di rapporti interpersonali totalizzanti con figure educative di riferimento al di fuori del proprio nucleo familiare».
Il padre, Roberto Sacconago, ha le idee chiare. «La suora deve essere condannata per tutti i capi di imputazione», dice fermamente. Ma non ha parole tenui neppure per il prete, che raccoglieva gli sfoghi di Eva e che era a conoscenza delle pressioni che esercitava la suora. «Se fosse stato intelligente le cose le avrebbe dette. Noi abbiamo saputo del primo tentativo di suicidio di nostra figlia solo a processo, durante la sua testimonianza. Vi sembra giusto?».
http://www.prealpina.it/pages/busto-appello-suora-rischio-prescrizione-176417.html
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