Nelle scorse settimane Papa Francesco ha incontrato alcune vittime: le loro testimonianze minano la stabilità di gran parte dell’episcopato del Paese latinoamericano. E dall’incontro di oggi non si attendono grandi proclami sulla tolleranza zero, ma rimozioni immediate di chi ha occultato e perpetrato le violenze
La credibilità del pontificato di Papa Francesco sul contrasto alla pedofilia del clero passa dal Cile. Dal 15 al 17 maggio prossimi Bergoglio riceverà in Vaticano i cardinali e i vescovi del Paese latinoamericano per decidere come punire coloro che tra essi hanno coperto per anni gli abusi sessuali dei loro preti sui minori. Una svolta arrivata dopo che il Papa era stato apertamente contestato per le sue dichiarazioni sulla pedofilia durante il suo viaggio in Cile, nel gennaio scorso, prima dalle vittime dell’abusatore seriale padre Fernando Karadima, e poi dal cardinale di Boston Sean Patrick O’Malley che Francesco ha chiamato a guidare la Pontificia Commissione per la tutela dei minori. Da qui il mea culpa di Bergoglio sul volo di ritorno a Roma e la decisione di inviare subito in Cile a indagare monsignor Charles Scicluna, arcivescovo di Malta e presidente del Collegio per l’esame dei ricorsi in materia di pedofilia presso la Congregazione per la dottrina della fede.
Durante il suo viaggio in Cile il Papa aveva ricevuto alcune vittime di abusi del clero, ma nessuna che fosse stata violentata da padre Karadima. Esse, infatti, hanno sempre puntato il dito contro il vescovo di Osorno, monsignor Juan Barros, accusandolo di aver coperto per anni la pedofilia di questo sacerdote. Francesco, però, ha sempre pubblicamente difeso con forza monsignor Barros. Dopo la rigorosa inchiesta di monsignor Scicluna in Cile, il cui rapporto finale è di 2300 pagine dove sono raccolte 64 testimonianze, lo scenario è cambiato. Bergoglio ha invitato nella sua residenza in Vaticano tre vittime di abusi commessi proprio da padre Karadima: Juan Carlos Cruz, James Hamilton e Jose Andrés Murillo. “Il Papa – precisava un comunicato vaticano – li ringrazia per aver accettato il suo invito: durante questi giorni di incontro personale e fraterno, desidera chiedere loro perdono, condividere il loro dolore e la sua vergogna per quanto hanno sofferto e, soprattutto, ascoltare tutti i loro suggerimenti al fine di evitare che si ripetano tali fatti riprovevoli”.
Due ore di tempo per ciascuna vittima in un colloquio dove per la prima volta Francesco ha potuto ascoltare quella verità che mai prima d’ora le gerarchie ecclesiastiche, sia cilene che vaticane, avevano voluto sentire. Una verità durissima perché mina la stabilità di gran parte dell’episcopato del Paese latinoamericano. Le vittime, infatti, non puntano il dito solo contro monsignor Barros, ma anche contro altri tre vescovi e i due cardinali cileni, ovvero l’arcivescovo di Santiago, Riccardo Ezzati Andrello, che ha ricevuto la berretta rossa proprio dal Papa, e il suo predecessore, Francisco Javier Errázuriz Ossa, nominato da Francesco nel suo “C9”, il consiglio di cardinali che lo aiuta nella riforma della Curia romana. Quest’ultimo è stato indicato dalle vittime come uno dei maggiori insabbiatori della pedofilia del clero cileno. Errázuriz potrebbe lasciare il “C9”, mentre Ezzati ha già superato l’età canonica della pensione, avendo 76 anni, e potrebbe essere presto congedato. Così come si ipotizza che il Papa potrebbe accettare le dimissioni presentate dai quattro vescovi cileni legati a padre Karadima, tra cui monsignor Barros. E potrebbe essere rimosso anche il nunzio in Cile, monsignor Ivo Scapolo.
Le vittime hanno precisato più volte che, al di là dell’accoglienza paterna ricevuta da Francesco a Casa Santa Marta e della sua richiesta di perdono, ciò che farà fede saranno i provvedimenti concreti che prenderà il Papa. Per questo dall’incontro di Bergoglio con l’episcopato cileno si attendono non grandi proclami sulla tolleranza zero nel contrasto alla pedofilia del clero, ma rimozioni immediate dei cardinali e dei vescovi che per anni hanno coperto tali abusi. “Il Santo Padre, – si legge in un comunicato vaticano – richiamato dalle circostanze e dalle sfide straordinarie poste dagli abusi di potere, sessuali e di coscienzache si sono verificati in Cile negli ultimi decenni, ritiene necessario esaminare approfonditamente le cause e le conseguenze, così come i meccanismi che hanno portato in alcuni casi all’occultamento e alle gravi omissioni nei confronti delle vittime”.
Durante gli incontri, ai quali parteciperanno 31 vescovi diocesani e ausiliari e due vescovi emeriti, il Papa sarà affiancato dal prefetto della Congregazione per i vescovi, il cardinale Marc Ouellet. “L’obiettivo di questo lungo ‘processo sinodale’ – precisa ancora il Vaticano – è discernere insieme, alla presenza di Dio, la responsabilità di tutti e di ciascuno in queste ferite devastanti, nonché studiare cambiamenti adeguati e duraturi che impediscano la ripetizione di questi atti sempre riprovevoli. È fondamentale ristabilire la fiducia nella Chiesa attraverso dei buoni pastori che testimonino con la loro vita di aver conosciuto la voce del buon pastore e che sappiano accompagnare la sofferenza delle vittime e lavorare in modo determinato e instancabile nella prevenzione degli abusi”.
Lo stesso Francesco, in una lettera ai vescovi cileni dopo aver letto il rapporto di monsignor Scicluna, affermava “che tutte le testimonianze raccolte parlano in modo scarno, senza additivi né edulcoranti, di molte vite crocifisse e vi confesso che ciò mi causa dolore e vergogna”. E invitava i vescovi a Roma per aiutarlo “nel discernimento delle misure che dovranno essere adottate a breve, medio e lungo termine per ripristinare la comunione ecclesiale in Cile, al fine di riparare per quanto possibile allo scandalo e ristabilire la giustizia”. “Per quanto mi riguarda, – concludeva il Papa – riconosco, e voglio che lo trasmettiate fedelmente, che sono incorso in gravi errori di valutazione e percezione della situazione, in particolare per mancanza di informazioni veritiere ed equilibrate. Fin da ora chiedo scusa a tutti quelli che ho offeso e spero di poterlo fare personalmente”. Ora è tempo che i cardinalie i vescovi cileni che hanno coperto gli abusi siano puniti.
Twitter: @FrancescoGrana
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