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Home NEWS e CRONACA LOCALE

Chi protegge i preti pedofili? Lo Stato fa finta di niente

Federico Tulli by Federico Tulli
26 Aprile 2018
in NEWS e CRONACA LOCALE
Reading Time: 6 mins read
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Il governo non risponde alla diffida di Rete L’Abuso, in cui si contesta di non aver mai adottato le misure necessarie per contrastare le violenze su minori di matrice ecclesiastica sul territorio italiano. Violando così la Convenzione Onu per i diritti dell’infanzia e la Convenzione di Lanzarote

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IL CASO di Federico Tulli

Chi vede un bambino non vede nulla»; «Felice chi ha dei figli, ma non infelice chi non ne ha»; «Piccolo è il bambino, piccolo è il lutto»; «Non si deve dire un segreto a una donna, a un pazzo o a un bambino». Si tratta di una breve antologia di detti popolari coniati nell’attuale Europa tra il XV e il XVI secolo e raccolti dallo storico Jean Delumeau in uno dei suoi saggi più famosi, Il peccato e la paura (Il Mulino, 2006). «Quando ebbe inizio l’età moderna europea – spiega Delumeau – l’atteggiamento d’incomprensione nei riguardi dell’infanzia si rivela ancora largamente diffuso e riveste due aspetti tra loro complementari: la scarsa sensibilità per la freschezza e l’innocenza del fanciullino, la scarsa emozione per la sua fragilità; e la tendenza a vedere il fanciullo in età scolare (come diremmo noi oggi) come un insieme di difetti, un essere cattivo e maligno che occorreva necessariamente disciplinare affinché non diventasse adulto malvagio». Questa antologia di proverbi, «per quanto contenuta, ci fa capire che il bambino non era riconosciuto come tale. Si tratta di una creatura che acquisterà valore solo quando sarà stata disciplinata, diventando uomo», osserva lo storico francese. La sua chiave di lettura del rapporto del mondo adulto con quello dell’infanzia nella cultura occidentale e cristiana al termine del Medioevo, può essere utile per osservare anche alcuni fatti di estrema attualità.

L’annullamento dell’identità umana del bambino non è infatti una dinamica che appartiene solo al passato, né tanto meno – purtroppo – è stata definitivamente consegnata alla Storia della nostra civiltà. L’idea violentissima che scaturisce dalla “fusione fredda” tra il logos – il bambino non è un essere umano finché non entra nell’età della ragione (paideia) – e il pensiero religioso cattolico – il bambino è malvagio per natura (peccato originale) -, ne porta con sé un’altra altrettanto criminale: se non è essere umano, lo si può uccidere tranquillamente. Va ricercata qui, in estrema sintesi, la radice “culturale” della pedofilia, della sua giustificazione e della protezione riservata ai pedofili ad esempio dai gerarchi vaticani, di cui tanto spesso si sente parlare nel caso dei sacerdoti stupratori. Non solo. Contro questo crimine orrendo tante parole vengono spese e tanti impegni sono presi a livello istituzionale, ma poi, nei fatti, raramente si traducono in qualcosa di concreto.

È questo il caso dell’Italia, e del nostro governo e Parlamento, in particolare quando c’è di mezzo la Chiesa cattolica. Veniamo ai fatti. Nel 2016, per primi su Left (n. 50 del 10 dicembre) denunciammo con l’avvocato Caligiuri del foro di Roma, la violazione della Convenzione di Lanzarote per la protezione dei minori contro lo sfruttamento e l’abuso sessuale, ratificata dall’Italia nel 2012. Ci si riferiva allora alle condizioni di estrema vulnerabilità e discriminazione in cui le presunte vittime di abusi si trovano a rendere testimonianza ai procedimenti penali contro i preti nei tribunali ecclesiastici presenti in territorio italiano. «Non solo nell’aula di giustizia ecclesiastica neppure è ammessa l’assistenza del difensore di chi ha denunciato l’abuso – ricorda Caligiuri – ma soprattutto viene negato il supporto psicologico di tecnici di comprovata esperienza legittimati a operare affinché la vittima, una persona che ha subito uno sconvolgimento emotivo, non incorra nella creazione di falsi ricordi. Fino a disattendere quanto stabilito per la cura e il sostegno alle vittime dalla Convenzione di Lanzarote». A questo protocollo possono aderire anche i Paesi che non fanno parte del Consiglio d’Europa, ma il Vaticano non l’ha mai fatto. «Pensando al contro esame, il dato più inquietante emerge dal versante delle garanzie costituzionali – sottolinea Caligiuri -. La difesa di un sacerdote, già imputato per abusi dal Vaticano, ha il vantaggio di acquisire prima dell’eventuale processo italiano la rievocazione narrativa che la vittima darà del fatto storico, i punti deboli su cui calcare la mano, le peculiarità anche caratteriali, la sua realtà emotiva». Con queste informazioni si ha la possibilità di farla cadere in contraddizione. «Non a caso lo studio reciproco dell’avversario è un dato che gli avvocati curano molto nei processi – conferma Caligiuri -. Siamo pertanto in presenza di una disparità di trattamento in favore dei preti cattolici rispetto a qualsiasi altro cittadino italiano».

Sulla base di queste osservazioni, il 19 febbraio scorso l’associazione Rete L’Abuso, proprio per mano di Mario Caligiuri, ha inviato una diffida alla presidenza del Consiglio per «condotte omissive del dovere di protezione dei minori dagli abusi nel clero, violazione della Convenzione Onu sui diritti del fanciullo, violazione della Convenzione di Lanzarote e altre inosservanze più elementari direttamente riferibili alla Costituzione italiana» (v. Left n. 9 del 2 marzo 2018).

Tra i destinatari della diffida non c’è solo Paolo Gentiloni. Leggiamo anche: la XII Commissione affari sociali della Camera, il garante nazionale per l’Infanzia e l’adolescenza e la presidenza del Parlamento europeo. Per conoscenza hanno ricevuto il documento l’Unicef, il Comitato Onu per i diritti dell’infanzia, il presidente della Repubblica (come garante della Costituzione), l’Istituto interregionale per la ricerca sulla criminalità e la giustizia delle Nazioni Unite (Unicri) e il Centro di ricerca innocenti Unicef. In base alla legge che regola i rapporti tra i cittadini e le istituzioni, sono obbligati a rispondere entro 30 giorni. Tuttavia, quando scriviamo di giorni ne sono passati 60, e volete sapere se qualcuno del Palazzo si sia degnato di rispondere all’associazione che si occupa di tutelare i diritti di centinaia di vittime italiane di preti pedofili?

Prima di rispondere a questa domanda, il presidente di Rete L’Abuso, Francesco Zanardi, tiene a sottolineare alcuni aspetti: «Il nostro Paese, come la Santa sede, ha ratificato la Convenzione Onu per i diritti dell’infanzia, e il solo fatto che lo Stato permetta alle gerarchie ecclesiastiche di attuare indisturbate sul territorio italiano le stesse violazioni contestate alla Santa sede dal Comitato d’inchiesta Onu (v. Left n. 6 del 15 febbraio 2014), equivale non solo ad infrangere quella stessa convenzione, ma anche a rendersi responsabile civile nei confronti dei propri cittadini». E cosa contesta l’Onu all’istituzione governata da papa Francesco?

Questioni niente affatto marginali: di non aver «preso le misure necessarie per affrontare i casi di abuso “sessuale” e per proteggere i bambini», e di «aver adottato politiche e normative che hanno favorito la prosecuzione degli abusi e l’impunità dei responsabili». E ancora. Oltre quanto evidenziato da Caligiuri «lo Stato italiano disattende la Convenzione di Lanzarote per quanto riguarda il cosiddetto certificato antipedofilia», racconta Zanardi. È questo un documento che attesta la pulizia della fedina penale in riferimento a reati di natura “sessuale” che viene richiesto all’atto dell’assunzione a determinate categorie professionali a rischio. Vale a dire a quelle più a contatto con i minori. Diversamente da altri Paesi aderenti, il nostro non ha previsto questo obbligo per una fascia che invece è da sempre particolarmente a rischio, ovvero quella del volontariato “minorile”: allenatori di calcio, istruttori di vario genere, educatori, scout e così via. «Sembra un vuoto normativo creato quasi ad hoc e forse non è un caso, dato che a questa categoria appartengono anche i sacerdoti» osserva Zanardi.

E dunque, chiediamo al presidente di Rete L’Abuso, come ha reagito il governo italiano alla vostra diffida? «Ad oggi, non è ancora pervenuta alcuna risposta da parte di nessuno degli uffici chiamati in causa. Malgrado la gravità dei fatti esposti, le istituzioni italiane hanno tacitamente deciso di non intervenire. Malgrado la priorità che dovrebbe avere un’istanza che riguarda i diritti e l’incolumità dei bambini, è come se per lo Stato il problema non esistesse. A questo punto può configurarsi il reato di omissione di atti d’ufficio da parte degli uffici inadempienti». Moderni interpreti di antiche idee e credenze inumane da rifiutare.

LEFT del 20 aprile 2018

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Federico Tulli è giornalista professionista. Per anni firma di Left sin dalla sua fondazione nel 2006, prima come collaboratore fisso e poi come redattore, ha scritto articoli per numerose testate italiane e internazionali (tra cui MicroMega, Avvenimenti, Sette, Globalist, Cronache laiche, Adista, Critica liberale, Brecha, etc). Per L’Asino d’oro edizioni ha pubblicato i libri: “Chiesa e pedofilia” (2010), “Chiesa e pedofilia, il caso italiano” (2014) e “Figli rubati. L’Italia, la Chiesa e i desaparecidos” (2015). Nel 2018, insieme a Emanuela Provera, ha pubblicato “Giustizia divina” (Chiarelettere). Nel 2020, per “I libri di Left”, ha pubblicato “Cosa ci ha insegnato la pandemia”, e nel 2023 “La Chiesa violenta” (Ed90). Ad aprile 2023 è uscito un suo saggio dal titolo “Informazione e Intelligenza artificiale: quale futuro per il giornalismo?” nel libro, a cura di Andrea Ventura, “Pensiero umano e intelligenza artificiale. Rischi, opportunità e trasformazioni sociali” (AA.VV., L’Asino d’oro ed.). Nel 2022 Tulli ha ideato e realizzato per Left “Spotlight Italia”, la prima indagine giornalistica permanente sui crimini nel clero italiano, e fa parte di #ItalyChurchToo, coordinamento italiano delle associazioni contro gli abusi nella Chiesa cattolica in Italia. Contatti: [email protected] [email protected]

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