Malafede, giornalismo becero o cos’altro? Non saprei dire, ma lascia basiti quanto scrive Andrea Zambrano su la Nuova Bussola Quotidiana, nell’articolo dal titolo “Prete non pedofilo: lezione della Chiesa allo Stato”.
E si, secondo Zambrano, con l’assoluzione di don Luciano Massaferro la chiesa avrebbe dato una lezione allo Stato che a suo dire, a seguito di una serie di errori commessi in primo grado, in appello e persino in cassazione, avrebbe condannato ingiustamente il parroco a 7 anni di reclusione.
Certo quella civile non è la stessa pacchia di una condanna canonica, che al massimo prevede qualche Ave Maria e un pò di penitenza, ma va ricordato che, al di la del fatto che il pedofilo in questo caso faceva di mestiere il sacerdote, i reati li ha commessi sul suolo italiano e qui bisogna rispettare la legge dello Stato italiano, come prevede l’articolo 7 della Costituzione che riguardo ai Patti Lateranensi recita “Lo stato e la chiesa cattolica sono, ciascuno nel proprio ordine, indipendenti e sovrani”.
Premesso ciò trovo davvero forviante l’intera esposizione dei fatti: per prima cosa il giornalista omette una differenza di sostanziale importanza per una corretta valutazione, parla di tribunale (ovviamente ecclesiastico) lo condisce con dichiarazioni di avvocati accreditati, ma gli sfugge di chiarire quali siano i due ben differenti principi sui quali si fondano i processi civili e quelli canonici. Bene ovvierò io alla lacuna, nel tribunale civile la vittima è colei che ha subito il danno, in questo caso la ragazzina 12enne, in quello canonico, che nei crimini come la pedofilia si basa sul 6° comandamento, la parte lesa non è la ragazzina, ma Dio.
Oltre a questo non indifferente dettaglio, leggiamo nell’articolo che la giustizia della chiesa “dopo un’attenta analisi della vicenda iniziata nel 2009”, “dopo diversi anni di udienze, perizie, testimonianze e incidenti probatori” si è giunti all’assoluzione del sacerdote, ma qui mi sfugge qualcosa, per esempio di quali testimonianze e perizie parla, forse la ragazzina si è presentata al processo canonico, ha deposto e si è fatta periziare?
Se no, allora, gli incidenti probatori tra chi sarebbero avvenuti?
Tutto molto lacunoso e sommario direi, oltre a non fornire prove concrete a sostegno dell’assoluzione, l’affermazione che la chiesa abbia dato una lezione allo Stato, onestamente sfugge su cosa si basi: forse sul principio fondamentale esposto nell’articolo, secondo cui “la Chiesa è capace di assumersi il coraggio e la responsabilità della verità”?
Bene, allora per “la responsabilità” la dimostri risarcendo la vittima, come sentenziato dai giudici; per la “verità”, invece, faccia un processo serio e non basato sul 6° comandamento e, magari, questa volta preveda l’audizione della vittima, naturalmente con tutte le dovute cautele previste dalla legge e dai vari trattati in vigore in Italia e non in processi sommari e metodi barbari che riducono la vittima a non poter essere assistita dal proprio avvocato di fiducia.
Francesco Zanardi
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