MILANO – Secondo Papa Francesco Mario Delpini è l’uomo giusto al posto giusto, “il prete che si occuperà delle periferie”. Ma siamo sicuri che Bergoglio, nel nominare monignor Delpini nuovo arcivescovo di Milano, sia stato ben consigliato? Qualche dubbio, in proposito, è lecito.
Il ragazzino molestato
Siamo nel 2011, quando scoppia lo scandalo di don Mauro Galli, un sacerdote di Rozzano, periferia milanese, accusato di molestie sessuali su un ragazzino dell’oratorio. Don Carlo Mantegazza, il parroco, rende agli inquirenti una dichiarazione choc: dice di essere venuto a conoscenza dei fatti il giorno 21 dicembre 2011 (ovvero il giorno dopo gli abusi) e di aver informato immediatamente i suoi diretti superiori, in primis il vicario episcopale monsignor Mario Delpini, nonché il responsabile della formazione permanente del Clero – colui che seguiva i sacerdoti appena ordinati – monsignor Pietrantonio Tremolada(oggi vescovo). Delpini, dunque, sa del gravissimo fatto.
Il trasferimento
E cosa fa l’allora vicario di zona? Dispone il trasferimento di don Mauro Galli ad altro incarico, cosa che avviene nel gennaio 2012, quando il sacerdote accusato di molestie viene allontanato da Rozzano. Ma ciò che lascia esterrefatti è la nuova destinazione scelta dalla Curia, che lo nomina vicario parrocchiale a Legnano (parrocchia di San Pietro) e lo incarica di seguire la pastorale giovanile delle Parrocchie di Santa Teresa del Bambino Gesù, dei Santi Magi e del Santo Redentore. In altre parole, un prete su cui pende il sospetto di pedofilia viene mandato a occuparsi di minorenni.
Nessun provvedimento
Nel 2014 lo scandalo scoppia ufficialmente e diventa un caso di cronaca giudiziaria. Fino a quel momento monsignor Delpini non ha assunto alcun provvedimento disciplinare nei confronti del sacerdote accusato di pedofilia né ha avviato alcuna indagine canonica. Lo spostamento di don Mauro Galli a Legnano avviene in forma ufficiale il primo giorno di marzo 2012, quando la notizia del presunto abuso è nota in Curia da almeno 3 mesi. Eppure Delpini ne dispone il “trasferimento a gestire gli oratori estivi di Legnano”, con una comunicazione quasi burocratica. Perché il nuovo arcivescovo di Milano si sia comportato in questo modo, resta un mistero.
Il prete nelle chat gay
Il secondo episodio dubbio è del novembre 2013. In una fredda domenica di autunno, ad Arconate – piccolo paese di 6.500 abitanti dell’hinterland milanese – giunge un alto prelato della curia e sale sul pulpito per parlare alla comunità cristiana. Deve leggere una comunicazione importante rivolta ai fedeli: il parroco, don Cesare Corbetta (con un passato a Parabiago, nella frazione di Villastanza, e a Magenta), sarà allontanatodal paese: pochi giorni prima è stato scoperto da alcuni giornalisti di un settimanale locale mentre cercava sesso gay nelle chat su internet, con il nickname ‘Birillo64′. Oggi, a distanza di 3 anni e mezzo, quell’alto prelato diventa l’uomo più potente della chiesa lombarda. E’ Mario Delpini, classe 1951, che papa Francesco ha nominato nuovo arcivescovo di Milano. Un sacerdote umile e per bene, dicono di lui. Ben voluto e amato da tutti. Sicuramente sarà così, ma quello che in molti non sanno è che fu proprio lui, monsignor Delpini, a stabilire la linea di condotta della Curia di fronte al clamore mediatico di un sacerdote che dal pulpito predicava i valori della famiglia e in privato, nel suo studio, cercava avventure erotiche su internet. Una linea fatta di silenzi e di fughe, di omertà e depistaggi.
Il silenzio e la fuga
Torniamo allora a quel novembre del 2013, quando lo scandalo di don Cesare Corbetta, che dietro al nickname ‘Birillo 64’ nascondeva il peso insostenibile della sua omosessualità e la contraddizione tra il suo ruolo e la su natura, travolge la piccola comunità di Arconate. Per questo arriva Delpini. E decide le sorti del sacerdote omosessuale, del quale è stato professore di latino al seminario di Venegono Inferiore, nel Varesotto. Nel più totale silenzio della Curia, che si rifiuta di rilasciare dichiarazioni alla stampa, don Cesare viene allontanato e mandato a Cantù, sua città natale. Anche qui, niente da fare. Il sacerdote ci ricasca. Ma la Curia milanese, di togliergli l’abito talare e magari liberarlo da un peso diventato insostenibile, nemmeno ci pensa. Altro giro, altra corsa: questa volta l’ex parroco viene mandato ‘in esilio’ a San Bartolomeo in Val Cavargna, piccolo paesino sperduto in provincia di Como, ai confini con la Svizzera. Una sorta di ‘refugium pecatorum’, ci diranno poi gli abitanti del posto, dove la Chiesa ha l’abitudine di confinare i preti che creano imbarazzo. Dietro la scelta della Curia c’è sempre la mano di Delpini, che ‘blinda’ il sacerdote e gli impone un periodo di riflessione e preghiera, lontano dal caos mediatico.
La promozione
Perché il neo arcivescovo si sia speso così tanto per mettere il caso sotto silenzio e per non far spretare don Cesare, nessuno è riuscito ancora a capirlo. Un’ombra, dunque, sul curriculum del successore del cardinale Angelo Scola, che diventa ancora più pesante nel febbraio 2016 quando Delpini, all’epoca Vicario Generale della Curia meneghina, lo nomina segretario del Comitato diocesano per il Giubileo straordinario della Misericordia, che richiamerà a Roma milioni di pellegrini da tutto il mondo. Un incarico importante, che suona come una riabilitazione in piena regola. Il paradosso si compie a ottobre 2016, ultima tappa di questa triste storia: don Cesare viene trasferito a Seveso, città di 23.000 abitanti in provincia di Monza e Brianza, nella parrocchia di San Pietro da Verona. Tra pochi mesi farà il suo ingresso ufficiale nella comunità (per ora vive nell’ex seminario della città, accanto a un santuario) e si occuperà, ironia della sorte, di ‘pastorale familiare’, ovvero di politiche per la famiglia. Una decisione quantomeno discutibile, dietro alla quale c’è sempre lui, il nuovo arcivescovo di Milano. Non sappiamo se Delpini sarà o meno un buon arcivescovo prima di averlo visto all’opera, ma il biglietto da visita con cui si presenta ai fedeli – tra silenzi e protezioni di sacerdoti imbarazzanti – non è certo dei migliori.
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