Vogliono essere risarciti due dei cinque minori vittime degli abusi sessuali compiuti da don Mauro Inzoli, 66 anni, carismatico capo di CL a processo davanti al gup Letizia Platé. I difensori chiederanno il rito abbreviato.
Vogliono essere risarciti due dei cinque minori vittime degli abusi sessuali compiuti da don Mauro Inzoli, 66 anni, carismatico capo di CL oggi a processo davanti al gup Letizia Platè. L’udienza preliminare del procedimento vede don Inzoli accusato di otto episodi di violenza sessuale che avrebbe commesso abusando della sua autorità, sia nel suo ufficio dove teneva gli esercizi spirituali con i ragazzini, sia negli alberghi dei luoghi di villeggiatura dove CL portava i minori durante le vacanze estive. L’udienza è stata immediatamente rinviata all’11 maggio prossimo, quando l’avvocato Maria Laura Brunelleschi si costituirà parte civile per le due vittime. I difensori di don Inzoli, gli avvocati Nerio Diodà e Corrado Limentani di Milano, con ogni probabilità chiederanno che il religioso venga processato con il rito abbreviato. “Nessuno può ignorare che un abbreviato sarà alla fine la nostra scelta”, hanno dichiarato i due legali, nelle cui intenzioni vi è quella di arrivare ad un accordo con la collega Brunelleschi sul risarcimento prima dell’udienza di maggio. In questo modo la difesa eviterebbe di avere nel processo la parte civile. Certo, qualsiasi risarcimento non potrebbe mai guarire le ferite provocate da don Inzoli alle sue vittime. Ferite che si acutizzano ogni volta che il caso torna alla ribalta. La Santa Sede ha già punito don Mauro, infliggendogli per mano di Papa Ratzinger una sanzione della riduzione allo stato laicale, sanzione poi ammorbidita il 27 giugno del 2014 da Papa Francesco con una pena medicinale perpetua, invitando il sacerdote a condurre, tra le altre cose, una “vita di preghiera e di umile riservatezza come segni di conversione e di penitenza”. Riservatezza che il don non avrebbe rispettato, presentandosi al tradizionale convegno sulle famiglie organizzato a Milano dalla Regione Lombardia nel gennaio del 2015. In prima fila c’era il governatore Roberto Maroni, in seconda fila c’era don Inzoli, immortalato dai fotografi. In quell’occasione era scoppiata una violenta polemica. A sollevarla era stato un indignato Franco Bordo, il parlamentare di Sel che il 30 giugno del 2014 aveva presentato un esposto, facendo aprire l’indagine penale. Nel corso dell’inchiesta, il procuratore Roberto di Martino, attraverso una rogatoria, aveva chiesto gli atti al Vaticano, ma la Santa Sede non aveva collaborato.
Sara Pizzorni
Caso don Inzoli dal gup: dueminori chiedono i danniVerso il rito abbreviato
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