Intervista a Sante Sguotti autore del libro ‘Prete pedofilo si diventa
La Chiesa e la pedofilia (i preti e la pedofilia), due parole che messe insieme possono condurre a reazioni diverse: lo sdegno di chi associa la prima alla assoluta pulizia morale, la negazione di un’istituzione che cerca di difendersi con tutti i suoi mezzi, lo sbigottimento di chi stenta a credere alle storie che sente, la paura che a farne le spese possano essere i propri figli.
Eppure è un argomento abbastanza recente, piuttosto scomodo, spesso sotterrato. Il servizio di una trasmissione prima, un articolo poi e via via altre storie, una dopo l’altra, con il coraggio che esce fuori per emulazione, con la voglia di far conoscere al mondo il proprio travagliato vissuto.
Don Sante Sguotti ne ha parlato a modo suo, senza risparmiare bordate alla ‘sua’ Chiesa. Tagliente sin dai primi anni di seminario, controcorrente in un mondo spesso caratterizzato dall’eccessiva omologazione, critico nei confronti di un’istituzione a suo dire contraddistinta da una marcata ipocrisia. Una storia complicata la sua, con delle posizioni piuttosto radicali, non in assoluto ma sicuramente scomode per il tradizionalismo clericale.
Classe 1966, ordinato sacerdote nel 1991, è stato viceparroco in tre parrocchie fino al 1999 e poi parroco di Monterosso. Nel 2007 è stato allontanato dalla Curia di Padova, sospeso ‘a divinis’ da papa Benedetto VXI, per la storia d’amore con la sua parrocchiana Tamara Vecil. Poi un’ospitata in una trasmissione domenicale dove annunciava la nascita di suo figlio e l’allontanamento da Monterosso per trasferirsi con la nuova famiglia sui colli Berici, a Lovertino di Albettone per lavorare come camionista in una cooperativa. Forte dell’affetto e della comprensione della sua comunità non ha mai rinunciato alla sua attività pastorale.
Pubblica ‘Il mio amore non è peccato‘ (Mondadori, 2007), dove, sulla scia della sue esperienza personale, porta avanti la sua battaglia contro il celibato obbligatorio strettamente legato alla piaga della pedofilia, tema del suo secondo libro, pubblicato a febbraio 2015 e dal titolo particolarmente forte: ‘Prete pedofilo si diventa. Pedofilia e celibato nella Chiesa di papa Francesco‘ (Ed. La Zisa).
Una bomba ad orologeria, anche nelle sue pagine interne, dove Sguotti afferma che: «il prete pedofilo è il miglior prete che si possa immaginare, il prete perfetto che si presenta in pubblico come il miglior sacerdote possibile. L’insospettabile».
Don Sante, il suo libro e le sue affermazioni hanno fatto molto discutere. Su cosa si basano?
Conosco l’ambiente cattolico sin da piccolo, ho frequentato preti, parrocchiani e tutto ciò che sta intorno e ho raccolto diverse testimonianze. La mia è una riflessione sul rapporto tra tutti gli impedimenti all’emersione dei casi di pedofilia e gli effettivi casi emersi. Non riesco, ad esempio, a capacitarmi di come alcuni preti che disobbediscono su cose marginali vengano subito estromessi dalla Pastorale, mentre preti che si sono resi colpevoli di decine di casi di pedofilia, continuino a rimanere al loro posto o al massimo vengano trasferiti. Perché un vescovo emargina un prete che non è disponibile ad un determinato servizio e non tocca un pedofilo, quando la Chiesa stessa ammette che questo si è macchiato del crimine peggiore in assoluto?
Cosa è cambiato da febbraio, data di uscita del suo libro, ad oggi?
Assolutamente nulla, perché continuano ad uscire casi in Italia. Il problema non è stato affrontato alla radice, mi spiego: sicuramente c’è una connessione della pedofilia innanzitutto col celibato obbligatorio e poi con alcuni aspetti come la scelta dei presbiteri e dei sacerdoti, la formazione ed infine il potere e i privilegi della Chiesa che mettono questi soggetti, aventi queste problematiche, in condizioni psicologiche tali da sentirsi di poterla fare franca, di poter essere difesi da autorità, di poter ricattare chi sta sopra perché si hanno delle conoscenze ecc… Adesso c’è tolleranza zero, ma solo quando il prete viene portato davanti al tribunale, solo a quel punto la Chiesa interviene. Se è una figura che non riveste particolare importanza viene dimesso dopo un po’ di tempo dallo Stato clericale. Essendoci i riflettori puntati e maggiore sensibilità, naturalmente c’è un po’ più di severità, ma solo sotto questo punto di vista.
Quali sono le principali falle di questo sistema?
In Italia la Chiesa ha un forte potere economico e politico e una capacità di connessione con la stampa e il tribunale tale che il prete pedofilo sa che potrà essere tutelato. Per il resto, non c’è l’obbligo del vescovo di denunciare questi soggetti, né l’obbligo morale della Curia di mettere a disposizione le documentazioni. L’atteggiamento preponderante è il vittimismo, perché la massoneria, o chi per essa, attaccherebbe la Chiesa con questi metodi.
Si può dire che l’ambiente clericale sia omertoso?
Sì e lo posso affermare in base alle esperienze che ho raccolto nella mia attività pastorale: il sacerdote che non fa nulla davanti ad una bambina che subisce abusi in famiglia e si confessa con lui, i preti che, a vario titolo, sono stati accusati di pedofilia, le persone che hanno confidato di aver subito abusi e violenze durante le confessioni e le violenze delle suore negli asili. Non è una situazione marginale ma capillare e diffusa.
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