Il film di Thomas McCarthy racconta l’inchiesta premio Pulitzer su un arcivescovo di Boston accusato di aver coperto casi di abusi. Nel cast anche Stanley Tucci, Michael Keaton, Rahcel McAdams.
VENEZIA – Spotlight è un solido film di impianto classico che racconta una storia vera, l’inchiesta del gruppo investigativo del Boston Globe sull’insabbiamento, da parte delle gerarchie della Chiesa cattolica, di molti casi di preti pedofili. DopoEverest, che ha aperto Venezia 72 con la sua carica di divi, anche il film del poliedrico Tom McCarthy (regista de L’ospite inatteso ma anche sceneggiatore del cartoon Up e interprete di commedie come Vi presento i nostri) assicura a Venezia 72 un film corale ricco di personaggi forti, ma al Lido arrivano soltanto Mark Ruffalo e Stanley Tucci del cast formato anche da Michael Keaton, Rachel McAdams, Liev Schreiber e John Slattery.
“Spero che il Papa e tutti i cardinali vedano questo film ma nonostante abbia grandi speranze in Papa Francesco rimango pessimista – ha detto il regista – io sono stato educato dalla mia famiglia nella religione cattolica e ho molto rispetto e ammirazione per quel che fanno certi sacerdoti, questo film non è un attacco alla Chiesa cattolica ma è una storia che andava raccontata. Soltanto il tempo ci darà se quello che è stato fatto è sufficiente”.
Più ottimista Stanley Tucci (che nel film interpreta un avvocato delle vittime): “Se qualcuno riuscirà a fermare gli abusi sarà lui, Papa Francesco. È straordinario e ha fatto per questo problema quello che nessun altro ha fatto in tutti i secoli precedenti”. Più diretto Ruffalo: “Non voglio abbattere il sistema ma vorrei soltanto dire la verità. Spero che il Papa e il Vaticano utilizzino questo film, questa storia sobria e semplice, come opportunità per cominciare a curare le ferite che la Chiesa ha provocato. Non solo per le vittime ma anche per tutti quelli che, dopo aver scoperto questa vicenda, si sentono confusi”.
Protagonisti assoluti del film sono i giornalisti del gruppo premio Pulitzer che sotto il nome di Spotlight portava avanti inchieste all’interno del Globe e che grazie a questo lavoro nel 2002 rivelò a tutta la città di Boston quello che per trent’anni era accaduto nell’omertà generale riuscendo a raccogliere prove contro 70 preti e dimostrando che esisteva una pratica diffusa per cui quando il Vescovo Law veniva a sapere di denunce fatte dalle famiglie dei ragazzini abusati (il cui profilo era sempre lo stesso: famiglie povere, padri assenti, disagio), patteggiava con i familiari un rimborso, spostava di parrocchia il religioso, per poi rimetterlo poco tempo dopo al suo posto.
Il film verso il finale ha un tono nostalgico e le immagini delle rotative che stampano l’edizione memorabile del Globe sembrano essere il ritratto di un mondo che non esiste più. “Il giornalismo negli Stati Uniti ma anche altrove è stato decimato – ha detto McCarthy – Fortunatamente il gruppo Spotlight del Globe esiste ancora, forse ora è troppo tardi per poter in qualche modo correre ai ripari, ma io spero che questo film riesca a far capire l’importanza del giornalismo investigativo a livello locale, nazionale e internazionale”. Gli fa eco Ruffalo: “I media hanno perso molta credibilità dopo la guerra in Iraq ma ci sono giornali che ancora continuano a fare il lavoro. Sia i giornali che le tv di news 24 ore stanno perdendo lettori e abbonati perché hanno perso credibilità ma ci sono ancora bravi giornalisti investigativi e speriamo che questa tradizione non venga perduta”. “Non so se il pubblico si renda conto quanto la libertà individuale sia condizionata dalla libertà della stampa – conclude il regista – forse questo film può aiutare a prenderne consapevolezza”.
http://www.repubblica.it/speciali/cinema/venezia/edizione2015/2015/09/03/news/ruffalo_spero_che_il_papa_usi_questo_film_per_curare_le_ferite_che_la_chiesa_ha_causato_-122141040/
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