BRINDISI – «Non fu una violenza sessuale completa, bensì una forma più lieve». Lo ha sostenuto il legale di don Giampero Peschiulli , il sacerdote arrestato e posto ai domiciliari per abusi sessuali su due chierichetti, nel corso dell’udienza che si è celebrata ieri per discutere il ricorso presentato al fine di ottenere l’annullamento dell’ordinanza di custodia cautelare. E quindi la libertà per l’ex parroco della chiesa di Santa Lucia. Secondo la difesa nelle denunce di due vittime, che hanno raccontato dei presunti episodi di molestie dopo che la trasmissione
Le Iene aveva smascherato il “prete pomicione”, i baci, le carezze, gli “atti sessuali” descritti non andrebbero considerati secondo le ipotesi più gravi previste. Per questa ragione, sebbene si tratti di fatti accaduti fino al 2014, non vi sarebbe neppure il pericolo di reiterazione del reato. Dinanzi al Tribunale del Riesame c’era ieri anche l’accusa, sostenuta dal pm Giuseppe De Nozza, che ha riproposto le stesse argomentazioni contenute nella richiesta e nel provvedimento del gip Tea Verderosa con cui è stata disposta la misura cautelare.
Il sacerdote, 73 anni, è stato iscritto nel registro degli indagati a settembre, quando sono state avviate anche intercettazioni telefoniche sulla sua utenza. Poi, alla fine di ottobre, l’esecuzione da parte dei carabinieri del reparto operativo di Brindisi, del decreto di perquisizione e sequestro emesso dalla procura: in quella sede sono stati prelevati dalla sua abitazione i pc, all’interno dei quali sono stati rinvenuti anche contenuti pedopornografici che hanno determinato la trasmissione di una parte degli atti, e quindi di uno “stralcio” dell’inchiesta, alla procura distrettuale di Lecce, competente in materia di pedopornografia. Tutto ha inizio con un visita civetta: don Giampiero chiama i carabinieri al 112 perché si sente “assediato” dall’inviato delle Iene, Giulio Golia, giunto a Brindisi dopo aver ricevuto una segnalazione anonima sugli atteggiamenti del prete. Peschiulli si barrica in chiesa. La notizia del trambusto finisce su Facebook, i commenti svelano condotte “note” alla gente su cui i militari dell’Arma ritengono necessario acquisire ulteriori dettagli.
C’erano, a quanto pare, 10mila immagini, automaticamente salvate dai computer in seguito alla consultazione di siti hard. Contestualmente, sempre nella medesima occasione, i militari dell’Arma prelevano anche documenti presso la sede della curia arcivescovile di Brindisi, utili alle indagini per meglio delineare la personalità del parroco e per cercare riscontri a quanto denunciato dai genitori di due presunte vittime che avrebbero subito in passato stesse “strane attenzioni” da parte di don Peschiulli . Il Tribunale del Riesame si è riservato di decidere.
http://www.quotidianodipuglia.it/index.php?p=articolo&id=1403075
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