di JACOPO RICCA – Sugli abusi i salesiani seguono l’insegnamento di Francesco: “Dobbiamo fare nostro il dolore delle vittime e vogliamo esprimere la nostra vicinanza e solidarietà a tutte le persone che ad un certo punto della loro vita hanno trovato il coraggio di rivelare il disagio e la sofferenza che hanno subito”.
La rivoluzione del papa gesuita esce forte dalle parole di don Livio Demarie. Il portavoce dei salesiani piemontesi commenta la denuncia degli abusi in Val d’Aosta in una colonia estiva gestita dalla loro comunità accogliendo il «bisogno di verità» delle vittime e mettendo «come primo obiettivo la loro tutela, anche dall’attenzione mediatica, talvolta pregiudizievole».
Il mondo salesiano affronta la denuncia pubblica degli abusi attenendosi alle regole che dal Vaticano hanno coinvolto gli ordini e le diocesi: “Abbiamo avviato da tempo procedure e attivato organismi interni – continua il sacerdote – Servono per offrire ascolto e accoglienza, e per consentire interventi immediati per le situazioni che possano verificarsi”.
Anche Enrico Simone, che ha raccontato di aver subito violenze 40 anni fa, avrà accesso a queste procedure, l’ispettore salesiano per il Piemonte, don Enrico Stasi, gliel’ha scritto in una lettera privata: “Le esprimo tutto il mio dolore per la sofferenza che le è stata inflitta da persone che, come lei afferma, hanno trovato la porta sprangata del regno dei cieli”. Un giudizio duro e netto su persone che non possono più difendersi, ma di cui altri allievi conservano un ricordo positivo, stupendosi della denuncia. Anche un ex salesiano critico, come il geografo Paolo Giaccaria, ne parla come di «uno dei migliori docenti del Valsalice», un professore duro ma su cui non c’è mai stata l’ombra degli abusi, «nemmeno nelle malizie degli adolescenti». La sua critica si concentra sui metodi d’insegnamento: «L’atmosfera repressiva e sessuofobica si sentiva anche negli anni Ottanta». Il sesso era un tabù, tanto che non veniva nemmeno da pensare che potessero esserci certi episodi: «Nessuno mai ci ha fatto domande su questi temi, né invitato a denunciare. Tutto quello che ho imparato l’ho imparato una volta uscito da lì. La nostra fu una mala educazione sentimentale».
In meno di dieci anni è cambiato tutto, anche per tutelare «l’esperienza positiva di migliaia di giovani. C’è grande attenzione sui percorsi degli aspiranti salesiani – conclude don Demarie – Il nostro modello educativo e quello della Chiesa in generale sono un patrimonio prezioso per per l’intera società civile».
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