Il 3 ottobre 2013 dai microfoni di Radio Maria padre Livio Fanzaga (nella foto) leggeva una lettera di don Giovanni Palmieri (padre Ivan per gli amici), cappellano ospedaliere al Cardarelli di Napoli. Non ci dilunghiamo sul preteso miracolo di Medjugorje: è tema di fede, per chi crede, e di indagine scientifica per gli scettici.
Ci soffermiamo piuttosto sulla sua condanna civile per pedofilia da parte del tribunale di Napoli, per violenze commesse nel 1999 nel rione Sanità, nella struttura dei Padri missionari della Carità che ospita (normalmente) persone senza fissa dimora di sesso maschile su un 14enne con lieve ritardo mentale.
Dal Mattino di Napoli del 24 febbraio 2009: Un prete pedofilo, I.P., 44 anni, è stato condannato dal giudice civile a pagare un indennizzo di 40mila euro … a favore della sua vittima, un ragazzino minorenne all’epoca dei fatti. Lo stesso prete, però, era già stato prosciolto in sede penale perchè una perizia psichiatrica lo aveva riconosciuto incapace di intendere e di volere al momento degli abusi. Storia torbida e paradossale, che comincia nel 1999 tra i vicoli dei Quartieri spagnoli e vanta almeno un altro paio di aspetti singolari. Il primo è che il prete, nonostante l’etichetta di pedofilo, ha continuato e continua a fare il prete… Il secondo aspetto riguarda l’ipotesi di responsabilità oggettiva da parte della Curia.
Il magistrato civile, Paola Del Giudice, ottava sezione, pur mandando assolto il cardinale Giordano, arcivescovo dell’epoca, perché in giudizio non è stata raggiunta la prova della consapevolezza della Curia rispetto al «vizietto» del prete, non ha escluso, infatti, compensando le spese tra le parti, che in linea teorica quella responsabilità potesse essere ipotizzata. Gli avvocati della vittima, Luciano Santojanni, penalista, e Giuseppe Aulino, civilista, annunciando battaglia, vantano il record di una sentenza che, a detta loro, sarebbe la prima in Europa a non escludere l’ipotesi di responsabilità oggettiva della chiesa in un caso di pedofilia… Il prete, all’epoca vice parroco, commise gli abusi in un paio di occasioni nei confronti di un ragazzino della parrocchia. Una volta al mare, la spiaggia di Marechiaro. Un’altra volta a Roma, un seminario dove il sacerdote, rubando la fiducia del bambino, lo condusse con la falsa promessa di accompagnarlo a vedere la Carrà in tv. Bugie. La voce degli abusi corse tra i vicoli, un’associazione di quartiere, la «Urban», se ne fece carico, sostenendo la famiglia della vittima nel difficile percorso che può condurre dalla vergogna alla denuncia. Cominciò il processo, ma la legge, quella volta, si incanalò su un binario inatteso. Il perito stabilì, infatti, che il prete, peraltro in cura da uno psichiatra, non era in grado di intendere e di volere al momento degli abusi. Il Gip lo prosciolse dalle accuse.
Al di là degli aspetti paradossali del caso giudiziario (don Palmieri «affetto da disturbo bipolare di primo tipo, in fase di grave eccitamento maniacale», ma solo al momento degli abusi; il PM che impugna l’assoluzione con un giorno di ritardo e fa saltare l’appello, la astratta responsabilità della diocesi, non riconosciuta nel caso concreto), ci preme sottolineare che questo sacerdote è tuttora in servizio al maggiore ospedale del sud Italia, dove ogni giorno sono in degenza circa 3000 bambini. Nessun processo canonico a suo carico, nessuna dimissione dallo stato clericale per un sacerdote affetto da disturbo bipolare, nessun sostegno alla vittima. Nel frattempo padre Ivan (come lo chiamano anche su facebook i suoi estimatori), osannato dai microfoni di Radio Maria, ci fa conoscere i misteri della fede, mentre dalle mura vaticane si sentono ipocrite parole di comprensione per le vittime.
Il portavoce di Rete l’Abuso
Francesco Zanardi