Benedetto XVI vola in Gran Bretagna e torna a parlare dello scandalo della pedofilia clericale: “L’autorità della Chiesa non è stata sufficientemente vigilante, né sufficientemente veloce e decisa nel prendere le misure necessarie”.
Un’affermazione che merita qualche riflessione, considerando che Channel 4, proprio in concomitanza con la visita papale, ha rivelato che, proprio in Inghilterra su 14 pratiche di sacerdoti colpevoli, sei procedure per la riduzione allo stato laicale sono in corso, tre sono state rifiutate o non processate per motivi di salute, un’altra è stata portata a termine e quattro addirittura non sono mai state aperte.
I vescovi affermano di aver deferito i casi a Roma, come previsto dal documento del 2001 De delictis gravioribus, emanato proprio da Ratzinger quando era prefetto per la Congregazione per la Dottrina della Fede, e fanno intendere che se lungaggini e ritardi ci sono, non dipende da loro ma dal Vaticano. Queste rivelazioni sono state per me uno choc” ha affermato il pontefice, ma difficilmente si riesce a conciliare queste frasi con la prassi tenuta dal Vaticano sia prima che dopo l’esplosione dello scandalo. La portata del problema è stata costantemente minimizzata, prima tentando di far passare gli abusi come “casi isolati”, poi tentando di sminuire i numeri da pandemia sostenendo che l’incidenza della pedofilia fra i sacerdoti e religiosi sia uguale, se non minore, all’incidenza della pedofilia fra le persone comuni. Crociata contro il “comitato d’indagine” NEL MESSAGGIO inviato qualche tempo fa ai Cavalieri di Colombo, Benedetto XVI parla di attacchi “spesso scorretti e infondati” contro la Chiesa per quanto concerne le vicende legate alla pedofilia.
Secondo monsignor Mariano Crociata, segretario generale della Conferenza Episcopale Italiana, nell’ultimo decennio sono un centinaio i casi di sacerdoti italiani, accusati di abusi sessuali su minori, indagati dalla Congregazione per la Dottrina della Fede. Crociata non ha mai aggiunto alcun dettaglio sull’esito di tali procedimenti, sostenendo invece che in Italia non vi è alcun bisogno di creare un comitato speciale all’interno della Chiesa per affrontare i casi di molestie sessuali nei confronti di bambini. Di quel “centinaio” di preti pedofili indagati dalla Congregazione per la Dottrina della Fede, inoltre, non si sa nulla: né quante siano state le loro vittime, né per quanto tempo siano durate le violenze, e meno che mai si chiarisce se altri sacerdoti o vescovi fossero a conoscenza delle violenze e da quanto tempo. Ma gli attacchi alla Chiesa sul tema della pedofilia sono davvero così infondati e scorretti?
Basta esaminare i numeri, per rendersi conto che il problema è gravissimo, molto più di quanto finora non sia sembrato. I casi italiani sono almeno 172 UN PRIMO DUBBIO riguarda la verosimiglianza del “centinaio di casi” cui fa riferimento monsignor Crociata. I casi di abusi sessuali ai danni di minori perpetrati dai sacerdoti italiani e riportati dalla stampa negli ultimi dieci anni, messi in colonna e sommati uno all’altro, riportano vicende di pedofilia e pedopornografia in cui sono coinvolti almeno 172 preti. Delle due l’una: o non tutti i sacerdoti accusati sono stati indagati dalla Congregazione per la Dottrina della Fede, o monsignor Crociata è decisamente troppo ottimista.
Fermo restando che il problema della pedofilia clericale non è di ordine statistico, ma di ordine morale, guardando più da vicino le cifre degli altri Paesi si può avere un’idea della portata del problema: 4.392 sacerdoti denunciati per pedofilia negli Usa; 1.700 preti accusati di violenze a danno dei bambini piccoli, orge e uso di droga in Brasile; 107 preti e religiosi condannati in Australia per abusi sui minorenni; 800 religiosi accusati di oltre 14000 casi di abusi in Irlanda. E poi centinaia di casi in Olanda, in Polonia, in Croazia, in Francia, in Inghilterra, in Alaska, in Messico.
Finora, solo negli Stati Uniti, sono stati pagati risarcimenti per 3 miliardi di dollari. Oltre un miliardo di risarcimenti è stato chiesto dai sopravvissuti alle scuole industriali in Irlanda. Migliaia sono le vittime. Talvolta perfino bambini piccolissimi. Stati Uniti: coinvolti il 4% dei prelati UNA DISAMINA del fenomeno della pedofilia clericale, commissionata dai vescovi americani al John Jay College of Criminal Justice e noto appunto come “Rapporto Jay”, afferma che il 4% dei sacerdoti americani è coinvolto in accuse di pedofilia.
Nel settembre del 2009 l’arcivescovo Silvano Tomasi, osservatore permanente della Santa Sede all’Onu a Ginevra, minimizzava il problema affermando che “nel clero cattolico solo tra l’1,5% e il 5% dei religiosi ha commesso atti di questo tipo”.
Piccoli numeri? Percentuali irrisorie? Per nulla, se si confrontano queste percentuali con quelle della popolazione laica. La percentuale di pedofili fra i religiosi è dalle 20 alle 200 volte maggiore rispetto alla percentuale di pedofili fra le persone comuni. Affidare un bambino ad un religioso, significa esporlo ad un rischio almeno venti volte maggiore rispetto a quello di affidarlo a un insegnante, un vicino di casa, un amico di famiglia. Rispetto a quanto vuole far credere la Chiesa, cioè che il rischio sia lo stesso, basta fare due conti per realizzare che non è affatto così. Per capire meglio, è necessario guardare più da vicino i numeri, senza farsi ingannare da cifre astratte e non messe a confronto con altre.
A marzo di quest’anno, il portavoce della Santa Sede, padre Federico Lombardi, ha affermato: “In Austria sono 17 i casi di pedofilia che riguardano la Chiesa, ma ben 510 quelli al di fuori; quindi si deve prestare attenzione anche al di fuori della Chiesa e non puntare i riflettori solo su di essa”. Detto così, sembra che debba considerarsi più preoccupante il fenomeno degli abusi sui bambini al di fuori della Chiesa, ma è effettivamente così?
Fermo restando che i casi di pedofilia al di fuori della Chiesa non legittimano di certo gli abusi sui bambini perpetrati dai sacerdoti, basta qualche banale calcolo matematico a rendersi conto che il problema non è così di poco conto come lo si vuole dipingere. In pratica: quanti sono in Austria i preti pedofili rispetto al numero dei sacerdoti, e quanti sono i pedofili “comuni” rispetto alla popolazione austriaca?
In totale, i religiosi austriaci sono circa 6700 su poco meno di tre milioni e 400mila maschi adulti. Rapportando gli abusi alla popolazione di riferimento, 17 casi di pedofilia su 6700 sacerdoti e 510 casi di pedofilia su 3.400.000 austriaci maschi adulti, ci si rende conto che la percentuale dei religiosi pedofili, che sembrava piccola, è invece altissima. Tra i sacerdoti austriaci la percentuale di pedofili è 0.26% mentre tra i laici la percentuale di pedofili è 0.015%. In realtà, quindi, la percentuale dei pedofili fra i preti è pari a diciassette volte la percentuale di pedofili nella popolazione laica.
Stesse conclusioni si traggono se si esaminano le statistiche di paesi come gli Stati Uniti. Secondo l’ultimo rapporto annuale dal Children’s Bureau, l’ufficio del Dipartimento della salute statunitense che si occupa di bambini e giovani, i casi di abusi sessuali su minori negli Stati Uniti sono circa 88.000 su una popolazione di 118 milioni di maschi adulti, lo 0.075%. Se anche la percentuale dei preti pedofili fosse l’1.5%, come suggerisce la stima più prudenziale di monsignor Tomasi, sarebbe venti volte superiore all’incidenza rilevata nella popolazione di non religiosi.
Le statistiche che la stessa Chiesa va sciorinando, cercando di sminuire il fenomeno, sono invece assolutamente preoccupanti. Lo scenario irlandese è ancora peggiore di quello americano, perché agli abusi sessuali si sommano gli abusi fisici, quelli emotivi, i maltrattamenti. Almeno 14.000 vittime, 2500 testimonianze. Sostanzialmente la percentuale di pedofili tra religiosi si attesta sui dati statunitensi del rapporto Jay. Più difficile stabilire quale sia la percentuale di pedofili fra la popolazione, poiché i reati di questo genere denunciati ogni anno sono circa 160, mentre alle associazioni antipedofilia arrivano circa 2400 segnalazioni annue, su 1.7 milioni di maschi adulti.
Le percentuali oscillano quindi, fra gli irlandesi “comuni” fra lo 0.01% e lo 0.14%. La percentuale di pedofili tra i religiosi risulta essere almeno trenta volte maggiore rispetto alla percentuale di pedofili fra la popolazione comune.
In Australia c’è un database QUASI IDENTICHE a quelle austriache le percentuali in Australia: 107 sacerdoti condannati su poco più di 3800 sacerdoti, tra diocesani e ordinari, con un’incidenza del 2.82% di pedofili. Per quanto riguarda i pedofili “comuni”, l’Australia ha un database pubblico con nomi e foto dei children sexual offender e raccoglie oltre 1200 nominativi su una popolazione di otto milioni e mezzo di maschi adulti, con una incidenza di pedofili pari allo 0.014%.
La percentuale di pedofili tra i preti risulterebbe quindi 200 volte quella rilevata nella popolazione. In diversi stati il numero di denunce e testimonianze riguardanti abusi sessuali commessi dai sacerdoti è considerevolmente aumentato in seguito alla istituzione di commissioni di indagine governative, come in Irlanda, o indipendenti, come negli Stati Uniti.
La possibilità per le vittime di vedere riconosciuto il torto subito ha spinto migliaia di persone, abusate da sacerdoti durante l’infanzia, ad uscire allo scoperto e raccontare il proprio dramma. Alcuni stati americani istituirono il cosiddetto “anno finestra”, permettendo a moltissime vittime di denunciare, e veder perseguiti dalla giustizia statuale, abusi subiti anche decenni prima e caduti in prescrizione. Dunque, non si capisce come monsignor Crociata possa affermare che in Italia non vi sia necessità di una commissione d’indagine sulla pedofilia clericale.
Non è chiaro per quale motivo l’Italia dovrebbe essere considerata un’isola felice, immune dallo scandalo. Il “Bel Paese” che non tutela l’infanzia SECONDO le percentuali rese note dall’arcivescovo Tomasi e considerando che in Italia ci sono circa 35.000 sacerdoti diocesani, potrebbero esserci tra i 500 e i 1750 sacerdoti coinvolti in casi di pedofilia. Senza contare la presenza di altri religiosi e dei sacerdoti ordinari, che farebbero “salire” le possibili stime.
Ma perché nel nostro Paese lo scandalo non è ancora scoppiato? Essenzialmente per il timore delle vittime di non essere credute e di non vedere riconosciuti i torti subiti. Per una sorta di “sacralità”, la figura del sacerdote e, in generale, dell’ecclesiastico, viene reputata al di sopra di certe nefandezze e spesso l’opinione pubblica, quando una vittima denuncia, si schiera più dalla parte dell’accusato che non dell’accusatore. Senza contare che, nell’Italia dei cavilli legali, è facile vedere finire impunito il proprio abusatore, anche dopo averlo denunciato e, magari, anche dopo che la giustizia lo ha perseguito.
L’infanzia è troppo poco tutelata, rispetto agli altri Paesi, e le autorità statuali sembrano preferire non affrontare il problema piuttosto che scontentare la Chiesa cattolica.
Quindi perché esporsi, raccontare il proprio calvario, se la società e la legge non assicurano giustizia o almeno il vedere riconosciuta l’infamia subita? Dalle percentuali riportate sembra che in alcuni paesi l’incidenza dei child sexual offender nella popolazione sia maggiore che in altri.
In realtà si tratta di un fenomeno facilmente spiegabile: nei paesi in cui la legge persegue con maggiore impegno ed efficacia il reato di abusi sessuali su minori, le denunce e le condanne sono superiori rispetto a quelli di altri Paesi in cui lo stesso crimine non è perseguito con altrettanta efficacia. In parole povere: le vittime sono più propense a sporgere denuncia quando sanno che c’è una possibilità concreta di ottenere giustizia. Se una sola vittima non basta MA È COSÌ diversa la situazione italiana da quella degli altri paesi?
Anche a voler prendere per buone le stime di “un centinaio” di sacerdoti pedofili, come sostiene monsignor Crociata, qual è la percentuale di pedofili tra i preti italiani? Lo 0.29%. Di contro, la Caramella Buona, associazione antipedofilia recentemente costituitasi parte civile nel processo a carico di don Ruggero Conti, rivela che in Italia ci sono 1322 detenuti per pedofilia. Su una popolazione di oltre 20 milioni di maschi adulti, la percentuale è dello 0.006%.
L’incidenza della pedofilia tra i sacerdoti italiani risulta essere 48 volte superiore a quella rilevata tra i comuni cittadini. Inoltre, è bene ricordare che difficilmente un pedofilo si ferma ad una sola vittima. Anche “solo” cento casi possono significare centinaia di vittime. Scorretto non è rendere pubblico un problema devastante come quello dei preti pedofili.
Scorretto è semmai cercare di sminuire la portata di quel problema, offendere le vittime parlando di “chiacchiericcio”, insultare chi ha già subito l’insulto dell’abuso minimizzando le cifre e tentando di far credere che la vittima, in tutta questa sporchissima faccenda, sia la Chiesa. Quella Chiesa che ha tentato di far credere che gli abusi fossero tutti “casi isolati”, la Chiesa che ha dovuto essere trascinata in tribunale per riconoscere un risarcimento alle vittime, la Chiesa che ha ignorato chi le si rivolgeva per avere giustizia.
La Chiesa che ha preferito continuare a proteggere i propri beni e i propri privilegi piuttosto che rinnegare se stessa, prendere la propria croce e seguire quel Cristo incarnato in ogni bambino abusato.
https://retelabuso.org/diocesi-non-sicure/
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