CITTÀ DEL VATICANO-ADISTA. La Corte penale internazionale dell’Aja ha rigettato la richiesta dell’associazione statunitense di vittime degli abusi sessuali perpetrati dal clero, Survivors Network of those Abused by Priests (Snap, nata negli Usa 23 anni fa, con quasi 10mila aderenti), di mettere sotto accusa Benedetto XVI e alcuni cardinali per crimini contro l’umanità (v. Adista n. 69/11).A renderlo noto, il 31 maggio scorso, lo stesso Snap. «Le questioni descritte nella vostra comunicazione non appaiono ricadere sotto la giurisdizione della Corte», ha detto un rappresentante della Corte al gruppo legale no profit che rappresenta lo Snap, il Center for Constitutional Rights, autore della denuncia nel settembre 2011, secondo la quale Ratzinger e il suo entourage avrebbero messo in atto politiche che avrebbero consentito al fenomeno degli abusi di dilagare e, per questo motivo, avrebbero dovuto essere sottoposti a un processo per crimini contro l’umanità.Nessuna sorpresa per il responso della Corte da parte della Sala Stampa vaticana: «Abbiamo sempre pensato che avrebbero risposto in questo modo», ha affermato p. Federico Lombardi all’agenzia Cna (14/6) .
Le vittime non si arrendono
Lo Snap e il Center for Constitutional Rights, però, non si arrendono e il 18 giugno hanno presentato una denuncia per violenze e abusi sessuali nella Chiesa al Comitato dei Diritti del Bambino delle Nazioni Unite. Le ong presenteranno un rapporto sulla «crisi mondiale» delle violazioni contro i minori all’interno della Chiesa in un incontro privato con i rappresentati del Comitato dell’Onu, in attesa della celebrazione della 65.ma sessione il prossimo gennaio. «Il comitato – si legge in un comunicato stampa delle ong – ha anche chiesto al Vaticano che presenti un rapporto sull’applicazione della Convenzione dei diritti del Bambino, che ha sottoscritto». «Il fatto che un comitato delle Nazioni Unite abbia convocato il Vaticano a trattare i diritti dei bambini, compreso il diritto a non essere sessualmente violato o sfruttato, dà una speranza ai sopravvissuti agli abusi», ha detto (el Espectador, 18/6) la presidente dello Snap Barbara Blaine, lei stessa vittima di abusi da parte del proprio parroco, a Chicago. La Chiesa, ha aggiunto David Clohessy, direttore dell’organismo, «non è in grado di risolvere questa crisi. Il silenzio non funziona. Bisogna giudicare coloro che hanno commesso gli abusi e che hanno acconsentito a conservare il silenzio». Da questo punto di vista papa Francesco non ha ancora fatto passi concreti, ma solo «gesti simbolici e segni di umiltà e povertà»: «È necessario che agisca».In questa prospettiva, è indispensabile che i documenti di Vatileaks siano consegnati alla polizia e sottoposti al processo giudiziario, ha affermato la rappresentante del Center for Constitutional Rights Pamela Spees: «Non devono essere conservati in Vaticano». E questo perché occorre garantire la sicurezza dei bambini: «Anche oggi migliaia di essi potrebbero essere in pericolo», ha affermato Blaine. (ludovica eugenio)
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