E un documento svela che la Santa Sede offrì protezione a un prete cubano sotto accusa a Miami
E adesso Jeff non ha più un attimo di pace. I telefoni dell’ufficio legale di St. Paul, Minnesota, suonano che neppure le campane di Pasqua. “Ogni due settimane una nuova causa” dice Patrick Noaker, l’altro avvocato che da dieci anni segue Jeff. “Ma sapete che negli Usa un bimbo su sei è molestato?”. Anderson lo ha scoperto sulla sua pelle: anzi, sulla pelle di sua figlia. “Trovò la forza di confessarglielo solo dieci anni dopo”, ricorda Patrick. Il mostro era lo psicoterapeuta, per la cronaca un ex prete, che avrebbe dovuto assistere la ragazza, entrata in crisi per il divorzio – e, ha scritto l’Ap, ai tempi anche i problemi di alcolismo – del papà. “Ecco perché dobbiamo fare tutto quello che possiamo per fermare l’orrore. Arrivando fino a Roma: perché il meccanismo che abbiamo scoperto porta fin là”.
Il meccanismo è una bomba a orologeria che spetta alla Corte Suprema disinnescare o meno. Il Washington Post ha scritto che ci sono già stati contatti con i legali del Vaticano. “Non nostri: probabilmente fanno parte dell’istruttoria della Corte, che deve decidere se accogliere il ricorso o no”. Ma uno stato straniero come il Vaticano non è protetto dall’immunità? “Questo è il punto” dice Jeff. “Il punto sono le eccezioni”.
La legge prevede il perseguimento di uno stato straniero se i suoi dipendenti sono responsabili di “tortious activity”, cattiva condotta. “E i preti sono dipendenti del Vaticano: lo dimostra il fatto che è Roma a ordinare i trasferimenti”.
Il procedimento non è l’unico intentato contro il Vaticano. Già cinque anni fa il segretario di Stato Angelo Sodano cercò di “sensibilizzare” sul tema la collega Condoleezza Rice: perché continuano a farci causa? Ma “John V. Doe contro la Santa Sede” (John Doe è il nome fittizio che si usa per coprire l’identità del molestato) è il primo arrivato in tribunale.
Dice Pat Noacker: “Il caso dell’Oregon nasce così: un prete confesso di abusi che dall’Irlanda viene spostato negli Usa, prima a Chicago e poi appunto a Portland. Passo dopo passo, inchiesta dopo inchiesta, ci siamo resi conto che il meccanismo degli spostamenti era sempre identico. La scoperta di abusi, il trasferimento, altri abusi”.
Come nella storia riemersa ieri di padre Ernesto Garcia Rubio. Era stato proprio Noaker a denunciare l’arcidiocesi di Miami otto anni fa. E ora salta fuori un documento risalente addirittura al 1968, in cui il nunzio apostolico a Washington, Luigi Raimondi, chiedeva a nome del Vaticano di “proteggere” quel prete “costretto a lasciare Cuba” per storie di pedofilia.
Anni e anni di coperture e bugie. La ragnatela, dicono, tocca anche l’Italia. “Tanti sacerdoti in partenza, molti americani che hanno studiato nei seminari di lì. Il disegno è evidente: questa è la politica della Chiesa. E la politica della Chiesa non la fa il Papa?”. Dal Vaticano continuano a dire che no, i sacerdoti dipendono dai vescovi: e infatti finora sono state le diocesi a rispondere degli indennizzi miliardari. Ma il carteggio scoperto qui in Minnesota e pubblicato dal New York Times, con il futuro del prete pedofilo deciso a Roma, dice il contrario.
Vi accusano di complotto, vi accusano di complicità nell’attacco dei grandi giornali a Benedetto XVI. “Ma sapete quanto aiuto abbiamo ricevuto da tanti sacerdoti, perfino da tanti vescovi? Una minoranza, purtroppo: troppe consegne del silenzio. Ma è dalla stessa chiesa che si alza l’indignazione: e sempre di preti, vescovi, che hanno potuto parlare con le vittime, conoscere le loro storie”.
E se quel giorno arrivasse davvero? Il Papa sul banco degli imputati. E, da fare, una sola, decisiva domanda… “Perché ha permesso tutto questo. Perché lo ha permesso quando era vescovo in Germania. Perché lo ha permesso quando era cardinale a Roma. Perché continua a permetterlo ancora adesso”.
(31 marzo 2010)
http://www.repubblica.it/esteri/2010/03/31/news/pedofilia_papa_tribunale-3034667/