SCANDALI & CHIESA. Il missionario comboniano padre Renato Kizito Sesana indagato dalla polizia di Nairobi dopo alcuni servizi della televisione kenyota KTN
«Sono invenzioni di chi vuole appropriarsi dei beni dell’organizzazione che ho creato per aiutare i poveri»
Il direttore responsabile di Nigrizia, battagliero mensile dei comboniani, padre Renato Sesana, che tutti in Africa conoscono come padre Kizito (nome preso in onore del primo martire africano santificato da Paolo VI nel 1964), è finito sotto inchiesta in Kenya per un’accusa di pedofilia che gli è stata rivolta da due adolescenti, ripresi con il volto mascherato. Le molestie sarebbero avvenute nel corso di una sua visita al centro missionario Dagoretti Corner a Nairobi.
L’indagine della polizia kenyota fa seguito ad alcuni servizi televisivi, trasmessi dalla Ktn, Kenya Television Network, (visibili anche su Youtube), con testimonianze contro il sacerdote, assai famoso per la sua attività di missionario e autore di numerosi libri. «Abbiamo sentito parlare di questa vicenda nei media», ha detto il vice portavoce della polizia Charles Owino Wahongo. «È stata aperta un’inchiesta per verificare queste accuse. È un caso grave». Il portavoce ha comunque precisato di non aver ricevuto nessuna denuncia. Un’approfondita indagine è stata promessa anche dal vescovo di Nairobi, il cardinale John Njue.
[FIRMA]MAI ABUSATO DI BIMBI. Il missionario, nato nel 1943 a Lecco, che si trova in Africa da un quarto di secolo e ha vinto due premi internazionali per la sua attività, ha depositato presso la stazione di polizia di Kilimani e consegnato a Njue una dichiarazione in cui respinge le accuse.
«Sono stato assente dal Kenya dall’inizio di gennaio e solo ieri mattina sono rientrato, dopo aver saputo delle accuse che mi muovono e ho deciso di affrontare la situazione. Vorrei dire subito con chiarezza che non ho avuto rapporti sessuali con bambini», ha smentito con forza. «Sono pronto a confrontarmi con chiunque voglia provare il contrario».
PAGATI PER ACCUSARMI. «Appena tornato in Kenya», continua, «sono andato al commissariato di polizia del quartiere di Kilimani per rilasciare una dichiarazione e depositare una dichiarazione scritta in cui un giovane giura di aver avuto una sostanziosa offerta di denaro qualora avesse accettato di dichiarare false accuse di natura sessuale contro di me. E ha aggiunto che, quando si è rifiutato, è stato minacciato. So che alcuni criminali ricorrono ad accuse a sfondo sessuale per instillare paura sia nei laici che nei religiosi che operano con i giovani, di solito con l’intento di estorcere denaro. Non sono affatto disposto a cadere in questa trappola».
FALSE FOTO ONLINE. «Questa particolare vicenda», continua l’autodifesa di padre Kizito, «ha inizio lo scorso ottobre, quando un messaggio e-mail, senza firma, fu messo in rete, recante foto di un adulto nudo con un giovane, dando ad intendere che l’adulto fossi io. È impossibile dire se si trattava di un uomo o di una donna. Erano immagini chiaramente elaborate con un programma di photo editing, e per questo non diedi ad esse molta importanza».
UN COMPLOTTO. «Sfortunatamente», prosegue il missionario, «la situazione si è deteriorata quando ho lasciato il Kenya per un periodo di riposo. A poco a poco, mi sono reso conto che non si trattava di un semplice caso di tentata diffamazione, ma era un piano ben più ampio per appropriarsi delle proprietà che la Comunità Koinonia, una realtà costruita lungo gli anni con l’aiuto dell’organismo non governativo “Amani”. Non avevo mai preso in considerazione il valore monetario delle strutture che avevamo costruito per il bene dei bambini e dei ragazzi sotto la nostra cura. Va, tuttavia, detto che oggi il loro valore commerciale stimato si aggira attorno ai 3 milioni di euro (cioè oltre tre miliardi di scellini kenyani). Temo che questi beni immobili siano il vero scopo cui mirano le persone che sono dietro le accuse mossemi. Sono persone che hanno goduto della mia fiducia e avuto accesso ai documenti della Comunità Koinonia, e sono certamente a conoscenza del loro valore commerciale. Sono giunte molto vicine al punto di trasferire tutte le proprietà di Koinonia ai propri nomi. In verità, i rogiti notarili delle nostre strutture sono stati rimossi dal mio ufficio. Ma abbiamo prontamente reagito per vie legali e oggi queste persone non sono più tra gli amministratori fiduciari della Koinonia Community Trust».
IL VERO SCOPO È KOINONIA. «Noi abbiamo altre persone», spiega ancora il padre comboniano, «che sono pronte a giurare di essere state “comprate” con bustarelle, minacciate e anche torturate perché testimoniassero il falso contro di me. Al presente, hanno ancora paura; ma, al momento giusto, presenteranno dichiarazione giurate scritte. Una di esse si era detta pronta a essere qui con me oggi. Ma io non voglio usare i metodi di chi mi accusa e non intendo sottoporla (o sottoporle) a traumi per il resto della loro vita. Esse comunque saranno sottoposte ai dovuti interrogatori da parte della polizia, e sono pronte a testimoniare in un eventuale processo. Mi domando se coloro che mi stanno accusando di violenze sessuali e di condotta immorale abbiano mai presentato una denuncia scritta contro di me alla polizia, accompagnandola con prove».
AGGRESSIONE MEDIATICA. «Sono rimasto sorpreso», denuncia poi padre Sesana, «dal modo non professionale con cui i giornalisti della Kenya Television Network mi hanno avvicinato. Si sono presentati “a voce”, senza mostrarmi alcun documento di riconoscimento, e sia le telecamere che le loro automobili non avevano alcun marchio dell’emittente. Erano le 18, ed io non mi ero ancora ripreso dal lungo volo della notte precedente. E quando ho detto loro che ero stanco e desideroso di riposare, hanno acceso le telecamere e cominciato a registrare. Non ho seguito il telegiornale della KTN. Alcuni amici esperti di informazione che l’hanno potuto seguire, mi hanno detto che non sono stati rispettati i minimi standard etici e professionali.Vivo in Kenya da oltre 21 anni e ho avviato centri multimediali, come New People Media Centre e Radio Waumini. Mi sono preso cura di migliaia di bambini di questo Paese. Eppure non mi è data la possibilità di difendermi contro queste infamanti accuse. Inoltre, il Kenya ha una sua forza di polizia. I poliziotti del quartiere di Riruta avrebbero potuto dare “interessanti” informazioni sulle due persone che sono menzionate nel reportage giornalistico che mi accusa. C’è anche una funzionaria statale incaricata dell’infanzia che visita regolarmente il Centro di Kivuli della Comunità Koinonia, e di certo è a conoscenza di ciò che sta accadendo. Perché questa signora non è stata intervistata?».
NESSUN PRIVILEGIO. «Oggi è la giornata del Bambino Africano», dice ancora Kizito. «Koinonia e le sue molte istituzioni al momento aiutano 250 ex bambini di strada notte e giorno, e altre centinaia sono da noi assistiti mentre vivono in famiglia. Non chiedo un trattamento privilegiato, ma solo la possibilità di potermi difendere attraverso i normali canali della giustizia. Temo che questo complotto per impossessarsi delle proprietà di Koinonia possa danneggiare i bambini e faccio appello alle autorità del Kenya e ai cittadini di questo Paese di continuare a supportare il buon lavoro svolto dai nostri assistenti sociali in tutte le nostre strutture dedicate alla cura dei bambini».
PRONTO AD ANDARE DAI GIUDICI. «Se le accuse mosse contro me risultassero fondate», conclude il firettore di Nigrizia, «sono pronto ad affrontare la legge. Ma se risultassero false, coloro che le hanno create e “gestite” dovrebbero essere altrettanto pronti a sottoporsi al giudizio di un tribunale».
Koinonia, l’organizzazione creata da Sesana in Kenya, può vantare una fitta rete di case famiglia e di attività per avviare al lavoro i giovani delle zone più povere.
http://stage7.presstoday.com/_Standard/Articles/11455770
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