Fairbanks Da quando lo scorso anno la Diocesi Cattolica di Fairbanks ha messo agli atti la propria riorganizzazione causa bancarotta (in base al Capitolo 11 del Codice di Regolamentazione della Bancarotta americano), il numero di persone che affermano di aver subito abusi sessuali da parte di preti o altri dipendenti della Chiesa è più che raddoppiato. Dal marzo del 2008 ad oggi infatti altre 152 persone si sono fatte avanti denunciando abusi alla corte incaricata, portando così a 292 il numero complessivo delle vittime del clero cattolico in Alaska; prima della bancarotta, a Fairbanks solo 23 persone avevano ammesso le violenze subite.
FairbanksI fatti si sarebbero svolti in un arco di tempo che va dagli anni ’50 agli anni ’80 e le nuove denunce, secondo i legali di alcune delle vittime, riguarderebbero anche membri del clero non ancora coinvolti nell’inchiesta. Benché il termine ultimo per presentare denuncia formale alla corte fosse il 2 dicembre, molte delle vittime hanno intrapreso un’azione legale contro l’Ordine dei Gesuiti, che fornisce i sacerdoti alle diocesi dell’Alaska settentrionale.
Già alla fine del 2007 i Gesuiti erano stati implicati in uno scandalo analogo (allora le diocesi coinvolte erano quelle di St. Michael e Stebbins, sul mare di Bering): in quel frangente la Compagnia di Gesù si impegnò a risarcire le 113 vittime di abusi (in gran parte Yupik, la popolazione nativa più diffusa in Alaska insieme agli Inuit) per una somma pari a 50 milioni di dollari, ottenendo in cambio che nessuno dei preti coinvolti fosse incriminato, né che fosse richiesta alcuna ammissione di colpevolezza.
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