Ciò che è iniziato come un gesto di solidarietà verso giovani donne incinte vulnerabili si è trasformato in abusi spaventosi. Come è potuto accadere?
Tamar era una casa madre della congregazione delle Suore dell’Infanzia di Gesù a Lommel, aperta nel 1970. Quello che era iniziato come un servizio di assistenza alle giovani donne incinte vulnerabili degenerò. Le ragazze le cui gravidanze non erano accettate nella loro comunità furono costrette ad abbandonare i loro bambini. Alcune donne furono sterilizzate. I bambini vennero poi affidati a genitori con un desiderio insoddisfatto di avere figli, che a volte erano disposti a pagare cifre esorbitanti per questo.
Solo la verità libera. Questo deve essere e sarà il nostro principio guida. E ne sono profondamente convinto.
Il dolore di Tamar non è ancora del tutto finito. La tragica sofferenza della maggior parte delle madri biologiche continua e la vita di molti bambini adottati è stata sconvolta. La Chiesa ha ripetutamente offerto scuse e sostegno e, insieme ai bambini adottati, ha invano fatto pressioni sul governo affinché avviasse un’indagine approfondita.
Non possiamo annullare ciò che è accaduto. Ma cerchiamo modi per alleviare le ferite e la sofferenza.
Come potevano le religiose essere capaci di una simile ingiustizia? Tuttavia, non erano solo le suore a considerare “normale” questo stato di cose. Anche la magistratura, i notai, i medici e l’Agenzia Nazionale per il Benessere dell’Infanzia, tra gli altri, perpetuavano queste pratiche riprovevoli. Peraltro, queste pratiche si verificavano anche in altri Paesi.
L’intero problema e il contesto corretto sono ben delineati nel documentario Het Mea Culpa van Tamar (di Leo A. De Bock), in cui vittime ed esperti raccontano la storia da diverse angolazioni.
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