Sta sollevando un polverone mediatico il caso che vede coinvolto monsignor Richard Umbers, vescovo ausiliare di Sydney, recentemente raggiunto da una denuncia civile per presunto abuso storico.
Ma tra dichiarazioni ufficiali, comunicati pubblicati in sordina e titoli sensazionalistici, la vicenda rischia di trasformarsi in un processo sommario fuori dalle aule competenti.
Secondo quanto riportato dall’Arcidiocesi di Sydney, il vescovo Umbers ha deciso di mettersi temporaneamente da parte dal suo ministero pubblico, “in conformità con i protocolli diocesani per la gestione delle denunce e le normative vigenti”, per permettere che l’accusa venga trattata con la dovuta serietà. In una breve ma chiara nota, la diocesi ha affermato di aver notificato le autorità competenti e ha specificato che, allo stato attuale, “non esiste alcuna indagine attiva da parte della NSW Police”.
Fin qui, una gestione prudente e rispettosa, sia nei confronti della vittima – di cui si tutelano anonimo e integrità – sia nei confronti dell’accusato, la cui presunzione d’innocenza è un principio fondante di qualsiasi sistema democratico.
Eppure, nelle ultime ore, alcuni organi di stampa hanno insinuato che la Chiesa non avrebbe in realtà contattato la polizia. Un dettaglio che, se confermato, solleva dubbi – ma che non dovrebbe automaticamente delegittimare l’intero operato dell’Arcidiocesi, né trasformare Umbers in un colpevole prima ancora che i fatti vengano esaminati nelle sedi appropriate.
Monsignor Umbers, 54 anni, figura nota per la sua attività pastorale nelle scuole e nei centri educativi del NSW, è anche il primo membro australiano dell’Opus Dei ad essere stato ordinato vescovo. Un uomo la cui vita è sempre stata improntata a una disciplina rigorosa, a un impegno costante con i giovani ea una fede vissuta con coerenza.
La sua biografia parla di anni trascorsi a fianco di studenti, famiglie e comunità religiose. La sua adesione all’Opus Dei – spesso descritta in modo distorto da certa stampa – è in realtà un segno di dedizione, di servizio silenzioso e di profonda spiritualità.
Di fronte a un’accusa che lui stesso ha “fermamente respinto”, Umbers ha scelto il silenzio e la compostezza, lasciando che siano le autorità civili a fare chiarezza. È giusto pretendere trasparenza da parte della Chiesa, ma è altrettanto doveroso non scambiare un comunicato per una sentenza, né una denuncia per una colpa certa.
È il momento della responsabilità. Lasciamo che la verità venga a galla senza clamore né pregiudizi. E ricordiamoci che i fatti si commentano sui giornali ma la giustizia si amministra nei tribunali.