Alto, magro, sigaretta in mano, parla come una mitragliatrice: Francesco Zanardi ci riceve nel suo piccolo bilocale, all’ultimo piano di un edificio fatiscente a Savona, cittadina costiera del nord Italia.
Vive e lavora qui, dedicando le giornate alla sua associazione, la Rete L’Abuso, dedita alla denuncia dei preti pedofili e all’aiuto alle vittime.
Al muro, foto di manifestazioni contro “il silenzio della Chiesa” . Con un gesto netto, tira su la manica: sull’avambraccio, tracce di punture, ricordo della sua passata dipendenza dalla droga: «Uno dei frutti dello stupro compiuto da un prete nella mia giovinezza. »
“Lacune giuridiche italiane”
Sul sito della Rete L’Abuso Francesco Zanardi pubblica costantemente nuovi articoli e aggiorna una mappa dei preti aggressori. « In Francia, osserva, la commissione Sauvé ha stimato in 216mila il numero delle vittime dei sacerdoti in settant’anni. Immaginate l’Italia, con il triplo dei preti…», Affermando di« non avere niente contro i cattolici, ma contro la Chiesa istituzionale» applica la regola del tre, amplia per i “vizi giuridici italiani” e per l’importanza della Chiesa nella Paese e arriva a un risultato: 1 milione di vittime. La cifra colpisce, anche se manca di solide basi.
A differenza di Francia, Germania, Stati Uniti o, più recentemente, Spagna, nessuna commissione grande ampiezza è stata finora incaricata dalla Conferenza episcopale italiana (CEI) sulla questione.
«Dopo il rapporto della Ciase, ho lanciato una petizione e ho scritto al presidente della Cei per chiedergli una commissione simile», racconta Paola Lazzarini, presidente di un’associazione di donne cattoliche. «Nessuna risposta…».
“Un prete, qui, non si critica”
«I vescovi pensano ancora di potervi sfuggire. Approfittano del fatto che non c’è una reale pressione», attacca, dal canto suo, Marco Marzano, docente di sociologia delle organizzazioni all’Università di Bergamo e autore di La Casta dei casti (ed. francese Philippe Rey, 2022, 221 pagine , 19€). Perché se in Francia l’“affare Preynat”, divenuto “l’affare Barbarin”, ha innescato un cataclisma mediatico e una forte richiesta da parte dell’opinione pubblica, in Italia la situazione non è paragonabile. «I giornalisti italiani non stanno facendo il loro lavoro» si rammarica Francesco Zanardi. «Quando parlano della Chiesa, è per applaudire il papato».
Ottimo conoscitore della Chiesa italiana, il giornalista Iacopo Scaramuzzi è forse meno categorico.
«Un prete, qui, non si critica», riassume. Quanto all’eventuale responsabilità dei vescovi, viene raramente messa in discussione, visto che questi ultimi sono tutelati dinanzi ai tribunali dal concordato vigente, il cui articolo 4 garantisce che essi «non sono tenuti a fornire a magistrati o ad altre autorità informazioni su persone o fatti di cui hanno conoscenza a motivo del loro ministero».
Questa protezione ha permesso, fino a tempi recenti, di continuare a spostare dalle parrocchie i sacerdoti incriminati, una pratica che, l’episcopato ci assicura, ora è definitivamente finita.
Fare una segnalazione non basta
«Con quanto sta accadendo in Francia e, più recentemente, in Spagna, i vescovi italiani avvertono tuttavia una forma di pressione che li spinge a cambiare», spiega un osservatore, a Roma. «Sono sempre più isolati nel mondo occidentale», vuole credere Vittorio Bellavite, già responsabile di un’associazione cattolica piuttosto progressista. Spinti dalle decisioni dei loro vicini, alcuni vescovi italiani, secondo le nostre informazioni, avrebbero già preso atto della necessità di un rapporto sulla pedofilia nella Chiesa del Paese.
Tuttavia, avverte una fonte romana molto favorevole a che la Chiesa in Italia faccia un vero lavoro sulla questione, decidersi per un rapporto non basta. Dovrebbe essere commissionato a un organismo indipendente o dovrebbe essere preferita un’indagine interna? Concentrarsi sul passato o sulla prevenzione? Abbiamo bisogno di un’indagine statistica? Di raccomandazioni? Si può rendere pubblico? Tra i responsabili cattolici italiani, queste domande creano imbarazzo e pochi sono quelli che hanno accettato di rispondere alle richieste di La Croix .
“I numeri ci interessano poco”
In Curia, pur senza essere sfavorevoli per principio a un rapporto, molti ritengono che la metodologia francese costituisca un controesempio. «Con la Ciase, i vescovi francesi si sono scavati la fossa», ha detto una fonte. Molto criticato anche il termine “sistemico” , ripreso dai vescovi francesi per caratterizzare gli abusi.
Per il momento, l’episcopato italiano sembra voler escludere l’opzione francese di una commissione indipendente e di un’importante indagine statistica. «I numeri ci interessano poco, se non per la prevenzione», risponde a La Croix mons. Lorenzo Ghizzoni, presidente del Servizio tutela minori della Cei. «Vogliamo un’analisi qualitativa e non quantitativa, per conoscere i nostri punti di forza e di debolezza». Gli attuali funzionari della Cei si propongono piuttosto di svolgere un’indagine in un periodo relativamente limitato – due decenni – e a partire dagli archivi diocesani.
“Paura della valanga”
Secondo chi chiede una commissione indipendente e multidisciplinare sul modello della Ciase, questo metodo permetterebbe soprattutto di evitare rivelazioni con cifre shock. «I vescovi hanno paura della valanga», sorride Paola Lazzarini. «Vogliono accontentarsi di un mea culpa che non parli delle vittime», lamenta Francesco Zanardi. L ‘“unica via” che trova favore ai suoi occhi sarebbe una commissione parlamentare d’inchiesta, alla quale le diocesi e la Cei aprano i loro archivi, possibilità in cui lui non crede.
Vittorio Bellavite ha un programma molto chiaro, che secondo lui i vescovi dovrebbero seguire: «Fare luce sugli eventi passati, compiere un atto collettivo di pentimento, riconoscere i torti subiti.
Dobbiamo avere il coraggio di dire “noi abbiamo fallito, la Chiesa ha fallito”».
Ma come in Spagna, dove i vescovi hanno cambiato rotta in poche settimane, anche in Italia la situazione potrebbe cambiare rapidamente. «Tutte le opzioni sono sul tavolo», dice una fonte romana. La scelta dipenderà ora dall’elezione a maggio dei nuovi vertici dell’episcopato italiano».
E il papa avrà un ruolo decisivo da svolgere: è lui che designerà il presidente della Cei, tra tre nomi proposti dai vescovi. Ed è quindi Francesco, a seconda delle rispettive posizioni sull’opzione da scegliere, che si ritroverà nella posizione di arbitro.
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Le varie commissioni per abusi sessuali nel mondo Negli Stati Uniti , nel 2004, il rapporto John Jay, richiesto dalla Chiesa cattolica, riporta oltre 10.000 vittime dal 1950. 252 sacerdoti sono stati sanzionati.
In Irlanda, nel 2009, il Rapporto Ryan commissionato dal governo ha rilevato oltre 2.000 bambini maltrattati in 216 strutture gestite da ordini religiosi. Incriminati 800 aggressori.
In Australia, nel 2017, un rapporto, realizzato dalla Commissione reale indipendente d’inchiesta su richiesta del governo, stima al 7% i sacerdoti che sono stati oggetto di accuse di abusi sessuali tra il 1950 e il 2010.
In Germania, nel 2018, uno studio commissionato dalla Chiesa rivela che 3.677 bambini e adolescenti hanno subito abusi dal 1946. Ogni diocesi da allora ha avviato ulteriori indagini.
In Francia, nel 2021, il rapporto della Commissione indipendente sugli abusi sessuali nella Chiesa (Ciase) stima in 330.000 il numero delle vittime di pedocriminalità nella Chiesa dagli anni ’50, di cui 216.000 abusate dal clero.
In Nuova Zelanda, nel febbraio 2022, un rapporto commissionato dalla Chiesa rivela l’entità degli abusi, non solo sessuali, dal 1950. Sono state fatte 1.680 denunce da 1.122 persone contro clero e religiosi.
Xavier Le Normand (inviato speciale a Milano, Savona e Bergamo) e Loup Besmond de Senneville (inviato speciale permanente a Roma)
https://www.la-croix.com/Religion/Abus-sexuels-lEglise-eveques-italiens-leveront-ils-lomerta-2022-03-28-1201207406
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