Articolo tratto da korazym.org- di Ivo Pincara
Il contrasto alla pedofilia e al crimine delle violenze perpetrate sui minori e sulle persone vulnerabili intende salvaguardare “in primis” le vittime delle violenze. Siamo convinti che non può esistere un’adeguata salvaguardia per le vittime se mancano trasparenza e verità. Da cristiani e da cattolici, non possiamo cercare la salvezza della nostra anima senza ambire alla verità in modo trasparente. La ricerca della verità è una scelta di vita. La verità va ricercata innanzitutto, ma anche divulgata, per tutelare le vittime, per curare il loro processo di guarigione e per sostenere la loro riabilitazione. Negare la verità, e ometterne la divulgazione, significa perpetrare ulteriori violenze nei confronti delle vittime di abusi. Il nostro primo interesse deve essere l’attenzione per le vittime, con particolare cura per chi sopravvive all’ombra di un dolore mai guarito, mai divulgato, mai denunciato. La verità non deve essere più occultata, la verità deve essere liberata, nel rispetto della sofferenza delle vittime e per favorire il loro ritorno alla vita.
La Conferenza Episcopale Italiana faccia chiarezza sui dati italiani
Il 25 maggio 2010 Mons. Mariano Crociata, allora Segretario Generale della Conferenza Episcopale Italiana, attualmente Vescovo di Latina-Terracina-Sezze-Priverno, sul tema della pedofilia ha comunicato il dato sulle cifre in possesso della CEI: «In Italia 100 processi canonici in 10 anni» [QUI].
Dieci anni dopo, il 23 gennaio 2020 Mons. Lorenzo Ghizzoni, Arcivescovo metropolita di Ravenna-Cervia, Vicepresidente della Conferenza Episcopale dell’Emilia-Romagna, Presidente del Servizio nazionale per la tutela dei minori e degli adulti vulnerabili nella Chiesa e Referente della Conferenza Episcopale Italiana per la Pontificia Commissione per la tutela dei minori, afferma: “I dati degli abusi sono il vero problema, non c’è nessun organismo che li abbia” [QUI].
Il 1° giugno 2019 diventa legge il Motu proprio Vos estis lux mundi di Papa Francesco [QUI]. Nota di Padre Federico Lombardi, S.I., Direttore della Sala Stampa della Santa Sede – Nel 2001 il Santo Padre Giovanni Paolo II aveva promulgato un documento di grande importanza, il Motu proprio Sacramentorum sanctitatis tutela, che attribuiva alla Congregazione per la Dottrina della Fede la competenza per trattare e giudicare nell’ambito dell’ordinamento canonico una serie di delitti particolarmente gravi, per i quali la competenza era precedentemente attribuita anche ad altri Dicasteri o non era del tutto chiara. I delitti gravissimi a cui si riferiva questa normativa riguardano realtà centrali per la vita della Chiesa, cioè i sacramenti dell’Eucarestia e della Penitenza, ma anche gli abusi sessuali commessi da un chierico con un minore al di sotto dei 18 anni di età [QUI]. È giusto quindi che vi sia piena chiarezza sulla normativa oggi in vigore in questo campo e che questa stessa normativa si presenti in modo organico, così da facilitare l’orientamento di chiunque debba occuparsi di queste materie.
Guida alla comprensione delle procedure di base della Congregazione per la Dottrina della Fede (CDF) riguardo alle accuse di abusi sessuali – La disposizione che deve essere applicata è il Motu proprio Sacramentorum sanctitatis tutela del 30 aprile 2001 insieme al Codice di Diritto Canonico del 1983. La presente è una guida introduttiva che può essere d’aiuto a laici e non canonisti [QUI].
Il 3 maggio 2011 il Cardinale William Levada, Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede scrive una lettera alle Conferenze Episcopali: “Sarebbe opportuno che ciascuna Conferenza Episcopale prepari delle Linee guida con l’intento di assistere i Vescovi membri della medesima Conferenza nel seguire procedure chiare e coordinate quando si devono trattare i casi di abuso sessuale di minori. Tali Linee guida dovrebbero prendere in considerazione le situazioni concrete delle giurisdizioni appartenenti alla Conferenza Episcopale” [*].
Il caso di Don Giuseppe Rugolo, il sacerdote ennese attualmente agli arresti domiciliari per violenza sessuale e atti sessuali con minori
“Denunciare ti rimette in pace con te stesso”. “La mia dolorosa storia sia la testimonianza che anche dopo dodici anni dalle violenze si può denunciare”. Sette testimoni: “Ci toccava spesso le parti intime”. La Procura di Enna non esclude che possano esserci altre potenziali vittime e le invita a denunciare le violenze [QUI].
Alla luce dell’esito di indagine della Procura di Enna che ha condotto all’arresto di Don Giuseppe Rugolo, inevitabilmente viene analizzato anche il discutibile atteggiamento, a riguardo, di Mons. Rosario Gisana. Abbiamo posto sotto la nostra lente le azioni e le presunte omissioni del Vescovo di Piazza Armerina poiché appare che abbia trattato il caso Don Rugolo con apparente leggerezza [QUI e QUI].
Le dichiarazioni di Mons. Rosario Gisana in un’intervista esclusiva sul caso Rugolo, pubblicate il 22 maggio 2021 da EnnaOra.it: “Non c’erano i termini per sospenderlo… Non spettava a me denunciare alla giustizia ordinaria, tenuto conto che mi era stata espressamente richiesta la massima riservatezza da parte della famiglia, la quale peraltro era perfettamente in grado di conoscere i meccanismi di avvio di un’indagine da parte della magistratura” [QUI].
Ieri, 24 maggio 2021 lo stesso sito EnnaOra.it ha pubblicato una replica dell’Avvocato Eleanna Parasiliti Molica, che assiste il giovane dalla cui denuncia è partito il cosiddetto caso-Rugolo, all’intervista del Vescovo Gisana: “Dichiarazioni gravi e infondate, la Diocesi smetta di processare la vittima” [QUI]: «A seguito dell’intervista “esclusiva” rilasciata dal vescovo Rosario Gisana il 22 Maggio al giornale on Line” Enna Ora” mi trovo costretta a ribadire con forza, spero per l’ultima volta, l’assoluta infondatezza e gravità delle dichiarazioni di Mons. Rosario Gisana.
Non abbiamo interesse a coltivare il processo alla vittima che la Diocesi ha inteso avviare sui media, secondo un modello da Santa Inquisizione. Tuttavia al fine di porre fine agli effetti di vittimizzazione secondaria che tale condotta sta producendo devo segnalare che dalla documentazione già depositata agli inquirenti emerge la piena consapevolezza del vescovo circa le condotte di Rugolo, per espressa ammissione di quest’ultimo e perché oggetto di altre dettagliate segnalazioni addirittura antecedenti a quelle che poi hanno dato origine al procedimento penale in corso.
Ebbene, dai predetti atti emerge chiaramente come l’unica interessata alla non tracciabilità dell’offerta risarcitoria era esclusivamente la Diocesi e che espressa richiesta della giovane vittima era quella di avere giustizia mediante l’attivazione di provvedimenti disciplinari a carico del Sacerdote.
Emerge ancora il tentativo della Diocesi di minimizzare e gestire la grave vicenda secondo gli schemi tipici di queste penose questioni.
Auspichiamo un più responsabile silenzio da parte della diocesi nel rispetto delle vittime, oggetto di inaccettabili attacchi anche di natura semplicemente voyeuristica provenienti proprio da ambienti ecclesiastici trasformati in centri di propaganda».
Il caso della rinuncia di Mons. Gino Reali
Bollettino della Sala Stampa della Santa Sede N. 271 del 5 maggio 2021: “Il Santo Padre ha accettato la rinuncia al governo pastorale della Diocesi di Porto-Santa Rufina (Italia) presentata da S.E. Mons. Gino Reali”.
Il Vescovo Gino Reali ha presentato la rinuncia ufficialmente per motivi di salute: “Le condizioni di salute, che tutti conoscete bene, e l’età che avanza, non mi permettono di continuare, come pure sarebbe mio desiderio, il servizio attivo per questa antica, bella e gloriosa Chiesa che, affidatami dal Santo Giovanni Paolo II, ho avuto l’onore di guidare e servire per quasi vent’anni. Valutando la situazione, ho ritenuto opportuno presentare le dimissioni, permettendo così la nomina di un nuovo Pastore” + Gino Reali Vescovo [QUI].
Papa Francesco ha affidato il governo pastorale della Diocesi di Porto-Santa Rufina a Mons. Gianrica Ruzza [QUI]. Mons. Ruzza, classe 1963, sacerdote del Clero di Roma dal 1987, per dieci anni è stato Vicerettore del Seminario Maggiore del Laterano, poi Responsabile per cinque anni dell’ufficio Clero presso il Vicariato di Roma e infine, dal 2006 al 2016, Parroco di San Roberto Bellarmino ai Parioli. Consacrato Vescovo ausiliare di Roma l’11 giugno 2016, è stato nominato Vescovo di Civitavecchia il 18 giugno dello scorso anno ed è entrato in Diocesi il 25 luglio successivo. Le dimissioni presentate dal Vescovo di Porto-Santa Rufina Mons. Gino Reali – 73 anni – accettate da Papa Francesco, con largo anticipo rispetto al compimento del 75° anno di età, limite per il quale i vescovi sono tenuti a presentare la rinuncia al Papa, appaiono quantomeno insolite. Esiste un possibile collegamento con le sue responsabilità riguardo il caso Don Conti e il caso Don Poveda? I dubbi restano.
Il caso di Don Josè Poveda Sanchez
El País, 30 marzo 2010 – Un vescovo italiano “raccomanda” alla Spagna un prete accusato di abusi, definendolo una “brava persona”, per trasferirlo a Madrid. Un nuovo scandalo per abusi sessuali, accusato un prete spagnolo [QUI e QUI]. José Poveda Sánchez, cappellano della casa di cura della Comunità “Santiago Rusiñol” di Madrid ad Aranjuez, il cui caso è al vaglio della giustizia italiana per un presunto abuso di almeno quattro bambini di 11 anni nella parrocchia di Nostra Signora di Fatima di Aranova (Roma). La notizia è giunta come una doccia fredda nella diocesi di Getafe. Nel 2005, la diocesi spagnola ha accolto il sacerdote 50enne, a seguito di una richiesta di Mons. Gino Reali, che ha argomentato in una lettera al Vescovo di Getafe, Mons. Joaquín López de Andújar, i motivi personali per il trasferimento in Spagna. “Per prendersi cura della madre malata”, dicono dalla diocesi, aggiungendo che nel 2009 hanno ricevuto un’altra lettera dal vescovo italiano in cui, questa volta, è stato annunciato che era stata aperta un’indagine giudiziaria contro di lui in Italia Il 4 marzo 2009 abbiamo ricevuto dalla diocesi di Porto-Santa Rufina un Decreto del suo Vescovo, Mons. Gino Reali, in cui, secondo il canone 1319 [QUI] venivano inflitte disciplinarmente a Don José Poveda una serie di pene espiatorie e provvedimenti. Questi erano, tra gli altri: divieto di svolgere qualsiasi attività ministeriale diversa dalla pastorale per gli anziani; seguire un processo di assistenza psichiatrica sotto la guida di un professionista; assumere una seria guida spirituale. Tali provvedimenti sono stati comunicati, con avviso di ricevimento, all’interessato e sono stati ad oggi rigorosamente rispettati sotto la supervisione di un sacerdote nominato dal Vescovo.
Il caso di Don Ruggero Conti
Nicole Winfield, Associated Press – Sacerdote italiano condannato per abusi [QUI e QUI]. Richard Owen, The Times – Il vescovo che non credeva alle accuse sul prete “molestatore”, sentito in tribunale [QUI].
Mons. Gino Reali: «Dieci denunce, non avvertii nessuno». «Non ho informato il Vaticano e la Congregazione per la dottrina della fede – si è difeso il vescovo – perché non ritenevo sufficienti gli elementi raccolti e non ho denunciato i fatti all’autorità giudiziaria italiana perché non conoscevo l’iter da seguire» [QUI]. «Sul tavolo di un vescovo arrivano tante lettere. La mia diocesi è grande: conta circa cinquecentomila persone, cento preti e 55 parrocchie». Poi Mons. Reali ha rivelato però di avere avuto un incontro, dopo l’arresto di Don Ruggero, con Don Andrea Gallo di Legnano: «Mi riferì che si sentiva in colpa per non aver denunciato quanto gli fu detto molti anni fa da un ragazzo che gli aveva riferito di abusi subiti da Don Ruggero” [QUI]. Al termine della lunga deposizione gli avvocati Marazzita e Gallo hanno chiesto alla Procura di «procedere nei confronti di Monsignor Gino Reali per favoreggiamento e concorso esterno nei reati di pedofilia compiuti tra il 2002 e il 2006 da Don Ruggero Conti, per non aver impedito un reato e una condotta che era suo dovere interrompere al fine di arricchire economicamente la parrocchia in relazione all’ampliamento dell’oratorio». I due penalisti hanno chiesto in particolare al tribunale di inviare gli atti alla procura perché proceda per le contestazioni formulate, in relazione alle quali è stata annunciata una denuncia.
Testimonianze delle vittime
Il 1° dicembre 2009 M.Z. è sul banco dei testimoni. Rivela di essere andato da Reali, assieme al responsabile dell’oratorio e di avergli raccontato degli abusi subiti. Ma il vescovo gli avrebbe replicato: «Non fatevi mettere idee in testa dalle voci che sentite». Il giovane, in Tribunale, aggiunge: «La risposta non c’era piaciuta, il modo in cui l’aveva detto. Quasi per dire: “Non hai le prove, come fai a sostenere una cosa del genere?”. Ma la prova ero io. E quindi mi sono sentito abbandonato» [QUI].
Lo stesso 1° dicembre 2009 depone M.F. Ricorda di aver scritto una lettera, in cui ricostruiva le violenze a cui era stato sottoposto, e di averla portata al monsignore. Che gli suggerì «di fare una denuncia alle autorità». Una strada che, però, il parrocchiano non aveva voluto intraprendere. È lo stesso Reali a spiegarlo ai giudici nell’udienza del 20 maggio 2010. Il monsignore chiarisce anche di non aver voluto avviare un’«indagine previa» interna. E di avere contattato «solo informalmente» la Congregazione per la dottrina della fede, l’organismo vaticano che istruisce i processi canonici contro i preti pedofili. I giudici romani sentono pure il primo accusatore di Ruggero Conti, Don Peno Brichetto, suo vice nella chiesa di Selva Candida: nel 2007 aveva scritto una lettera alla stessa Congregazione per segnalare i comportamenti del parroco. Viene però convocato in Vaticano solo dopo l’arresto del sacerdote: «Mi hanno detto che loro operano solo se c’è l’invio di una documentazione. Infatti hanno confermato che Reali non ha mandato nulla: né prima né dopo il 2008». Solo nel 2011 il sacerdote sarà sospeso «a divinis» dal sacerdozio. Quasi un buffetto. A maggio dello stesso anno, infatti, l’ex parroco della Natività di Maria Santissima viene condannato a 15 anni e 4 mesi: violenza sessuale aggravata su sette minori tra il 1998 e il 2008. Deve anche pagare 271mila euro alle parti civili. In appello, nel maggio 2013, prescritti alcuni reati, la pena scende a 14 anni e due mesi. Due condanne, nessun risarcimento. Così il 28 giugno 2013 gli avvocati Giacomo Tranfo e Guido Lombardi, che assistono uno dei ragazzi, scrivono al Cardinale Agostino Vallini, Vicario generale del Papa per la Diocesi di Roma, chiedendo un appuntamento. La replica del prelato arriva dieci giorni dopo: «Rispondo alla sua cortese lettera relativa alle difficoltà che incontra il giovane F.B., che dice di essere vittima di abusi da parte di Don Ruggero Conti». Consiglia poi di rivolgersi al Vescovo Reali, che però non darà mai riscontro ai due legali. «Dice di…», scrive il Cardinale Vallini: evidentemente due gradi di giudizio non sono ritenuti sufficienti alla Chiesa Cattolica Romana per dubitare di uno dei suoi pastori. Anche la Cassazione, però, nel maggio 2015 conferma la condanna all’ex parroco di Selva Candida: 14 anni e due mesi. Una delle pene più severe mai comminate dalla giustizia italiana ad un ministro della Chiesa Cattolica Romana. Eppure, Don Conti non è mai entrato in carcere… Precarie condizioni di salute. Che però non gli impediscono di tentare la fuga nel settembre 2017 da una casa di cura. I carabinieri lo ritrovano a Milano, in un’altra struttura sanitaria. Da quel momento, di lui s’è persa ogni traccia. Niente galera, niente risarcimenti, niente scuse. E quella frase, pronunciata in aula da un vescovo, a far da epitaffio: «Dobbiamo salvare la buona fama della Chiesa».
Estratto dalla deposizione del Vescovo Gino Reali
Gino Reali: “Ma vede dottore, io faccio il vescovo, non è che faccio l’istruttore. Gli strumenti che abbiamo noi a disposizione sono gli strumenti che ci offre…”.
PM: “Eccellenza, questi sono fatti gravi”.
Reali Gino: “Certo. Ma io non poteva fare un’indagine in assenza di una denuncia precisa”.
Il testo della deposizione del vescovo Gino Reali: QUI).
Il Vescovo Gino Reali è stato denunciato per favoreggiamento perché non denunciò gli abusi di Don Ruggero Conti, prete condannato con sentenza definitiva, per pedofilia. È la prima volta che accade in Italia. Sono stati gli avvocati di una delle vittime, Fabrizio Gallo e Marco Malara, a presentare, presso l’ufficio della Procura di Roma, una denuncia nei confronti di Mons. Gino Reali, allora Ordinario della Diocesi di Porto-Santa Rufina, cui appartiene la parrocchia di via di Selva Candida, dove era parroco Don Ruggero Conti. Conti fu arrestato nel luglio del 2008: gli vengono contestati 7 casi di abusi sessuali tra il 1998 e il 2008 [QUI]. “Il vescovo ha coperto don Ruggero” anche se “aveva l’obbligo, in presenza di reati così gravi, di intervenire drasticamente”. I legali citano, quindi, una nota diffusa dal Vaticano il 12 aprile che fa riferimento a norme varate già nel 2003, secondo cui “i vescovi, se vengono a conoscenza di reati commessi dai propri sacerdoti al di fuori del sigillo sacramentale della confessione, sono obbligati a denunciarli all’autorità giudiziaria”. “Va sempre dato seguito alle disposizioni della legge civile per quanto riguarda il deferimento di crimini alle autorità preposte”. Ciò significa che nella prassi proposta dalla Congregazione per la Dottrina della Fede occorre provvedere per tempo ad ottemperare alle disposizioni di legge vigenti nei diversi Paesi e non nel corso del procedimento canonico o successivamente ad esso.
Il 28 giugno 2009 Don Claudio Brichetto si è fatto intervistare di spalle da Studio Aperto. Fu questo giovane prete piemontese, ordinato all’inizio del nuovo millennio dopo aver frequentato il seminario San Carlo di Lugano, nella Svizzera italiana, che ha denunciato Don Ruggero Conti ai carabinieri. Fu lui ad avviare l’iter giudiziario che ha portato alla condanna definitiva. È stato il vice di Don Ruggero Conti dal 2005 fino al 2006, quando proprio il titolare della parrocchia di Selva Candida lo allontanò [QUI].
Il Vescovo Gino Reali il 20 maggio 2010 è stato chiamato a testimoniare nel processo in cui Don Ruggero Conti, sacerdote della sua diocesi, è accusato di abusi sessuali su alcuni giovani della sua parrocchia. Nei giorni precedenti la sua deposizione, è stata recapitata ai magistrati una lettera con un proiettile e la minaccia di “far saltare il tribunale in aria” se la deposizione avesse avuto luogo. Durante la deposizione, svoltasi poi regolarmente, il vescovo ha dichiarato di non aver ritenuto fondate le voci su Don Conti e di non aver pertanto ritenuto necessario segnalarne il caso alla magistratura. Gli avvocati delle presunte vittime hanno chiesto alla Procura di «procedere nei confronti di monsignor Gino Reali per favoreggiamento e concorso esterno nei reati di pedofilia compiuti tra il 2002 e il 2006 da don Ruggero Conti, per non aver impedito un reato e una condotta che era suo dovere interrompere al fine di arricchire economicamente la parrocchia in relazione all’ampliamento dell’oratorio» [QUI].
Difesa del condannato, 17 settembre 2010 – Don Ruggero Conti in aula si difende: «È un complotto. Solo un complotto. Io non sono pedofilo. Ha architettato tutto il mio vice parroco, don Claudio Peno Brichetto. Era pieno d’astio, rancoroso, mi vedeva come “obiezione” alla sua carriera: mi avevano chiesto di tenerlo d’occhio per il suo carattere debole e per la sua omosessualità. Si è inventato tutto, insieme ad alcuni parrocchiani» [QUI].
Si è concluso in Cassazione, con la dichiarazione di inammissibilità del ricorso presentato dalla difesa, il processo a carico di Don Ruggero Conti. Confermata quindi la condanna definitiva a 14 anni di carcere per pedofilia e induzione alla prostituzione [QUI].
Legnano (Milano). Prete pedofilo, le vittime chiedono 10 milioni di euro di risarcimento, 22 febbraio 2016 – Don Ruggero Conti negli anni Ottanta insegnava e faceva l’educatore in oratorio a Legnano e, anche quando era parroco vicino a Roma, tornava spesso in città per celebrare matrimoni o impartire altri sacramenti. Chiuso il processo penale, dunque, per l’ex sacerdote si apre un nuovo capitolo: quello del processo civile, dove un altro giudice dovrà quantificare i danni subiti dalle vittime degli abusi avvenuti tra il 1998 e il 2008 a Roma, quando il legnanese era parroco alla Natività di Maria Santissima di Selva Candida. Occorre specificare che, proprio in sede civile, il processo era già stato avviato nel 2011 ma era stato poi congelato in attesa della sentenza penale definitiva di terzo grado. Ora gli avvocati delle vittime hanno chiesto al Tribunale civile di far ripartire il procedimento avviato 5 anni fa. Le richieste sono pesanti. “Il risarcimento totale chiesto a don Ruggero Conti – spiega l’Avvocato Fabrizio Gallo del foro di Roma, difensore di una delle vittime – supera i 10 milioni di euro. Qualcuno ha chiesto un milione, altri un milione e mezzo. Tra le vittime c’è un ragazzo che è ancora minorenne e con una sentenza penale di condanna così netta non credo si avrà difficoltà a ottenere giustizia”. Da parte della Chiesa Cattolica Romana, finora, nessuno si è ancora fatto vivo. “In tutti questi anni – ha continuato l’avvocato Gallo – non c’è mai stato un contatto e le nostre richieste sono state ignorate. Attendiamo la data dell’udienza, se ne riparlerà al processo” [QUI].
Roberto Mirabile, Presidente dell’associazione Caramella Buona Onlus, commenta: “Con il dovuto rispetto per un defunto, dobbiamo comunque ricordare che Ruggero Conti ha rovinato la vita di tanti adolescenti che, ancora oggi, da adulti, sono costretti a convivere con il gravissimo lutto dovuto alle violenze sessuali subite. Inoltre, Ruggero Conti è sempre sfuggito al carcere, malgrado una pesante condanna definitiva; e nessuna delle sue vittime ha mai ricevuto scuse e nemmeno uno straccio di risarcimento: sono persone sopravvissute, ignorate anche dalla Curia competente di Roma” [QUI].
L’iter giudiziario è stato lungo e complesso. A Legnano Don Ruggero Conti se lo ricordano tutti. Negli anni Ottanta don Conti insegnava educazione sessuale alle scuole medie Bonvesin de La Riva ed era educatore all’oratorio San Magno. Ci sapeva fare con i ragazzi. Per loro era un punto di riferimento. Don Ruggero Conti viene arrestato dai Carabinieri nel giugno 2008, mentre in canonica si preparava a partire per la Giornata Mondiale della Gioventù in Australia. Don Ruggero era stimato, potente e per un periodo è stato anche consulente per le Politiche della famiglia dell’allora Sindaco di Roma, Gianni Alemanno. All’arresto la magistratura di Roma arriva grazie all’attiva collaborazione della Caramella Buona Onlus, associazione leader in Italia nella prevenzione e repressione dei reati di pedofilia: il personale qualificato dell’associazione aveva raccolto informazioni dalle vittime di Don Ruggero Conti, lavorando al caso per oltre un anno prima dell’arrivo in tribunale. Il processo di primo grado si svolge in un clima di intimidazioni e minacce, rivolte sia al Pubblico ministero Francesco Lombardo Scavo sia a Roberto Mirabile, Presidente della Caramella Buona (che è stata parte civile ai processi, rappresentata dall’Avvocato Nino Marazzita). Alla fine arriva la condanna di primo grado: Don Ruggero Conti viene condannato a 15 anni e 4 mesi di reclusione per aver abusato di sette ragazzini della sua parrocchia romana tra il 1998 e il 2008. A raccontare quello che accadeva con Don Ruggero Conti sono anche dei legnanesi, ora adulti, che a suo tempo avrebbero subito abusi da parte del prete. Conti viene condannato anche in appello, nel maggio 2013, con una condanna di 14 anni e 2 mesi. La riduzione della pena è dovuta al fatto che tre episodi sono caduti in prescrizione. Don Conti viene condannato nel 2015 in via definita a oltre 14 anni per abuso su minori e induzione alla prostituzione.
Comunicato del Vicario Generale della Diocesi di Porto-Santa Rufina [QUI]
Oggi, 12 marzo 2015, la Corte di Cassazione ha confermato definitivamente la condanna di don Ruggero Conti, del clero di questa diocesi, accusato di violenza su minori.
Il vescovo e la diocesi di Porto-Santa Rufina nel prendere atto della decisione, con doveroso rispetto per l’accertamento giudiziale e profonda tristezza per la condotta del sacerdote, rinnovano la più sentita vicinanza a tutte le vittime di questa grave e penosa vicenda.
L’intera Chiesa diocesana è ora chiamata ad un percorso di preghiera, di solidarietà fraterna e di rinnovamento per continuare ad operare per la crescita dei bambini e dei ragazzi perché nessuno di loro abbia a soffrire violenza da parte di chi è chiamato ad essere per tutti punto di riferimento e padre.
Nei confronti di don Conti, già soggetto a divieto dell’esercizio pubblico del ministero nel 2008 e sospeso a divinis nel 2011, conclusa la prima fase del processo canonico la Congregazione per la Dottrina della Fede stabilirà i passi successivi per la definizione.
Roma, 12 marzo 2015
MONS. ALBERTO MAZZOLA
Vicario Generale
Don Ruggero da Roma, l’orco che divenne prete, 8 maggio 2015 [QUI].
L’epilogo – Conti in carcere trascorre poco tempo. La maggior parte degli anni li trascorre in una casa di cura lombarda. Le parti civili avevano chiesto un risarcimento complessivo pari a circa 10 milioni di euro, risarcimento ancora non riconosciuto. Nel 2020 Conti muore, chiudendo definitivamente la vicenda [QUI].
Legnano, folla ai funerali di Don Ruggero Conti, 28 febbraio 2020 [QUI].
Il Messaggero, 5 maggio 2021 – Proprio oggi, a proposito di vescovi insabbiatori, è arrivata la notizia che Papa Francesco ha accettato la rinuncia al governo pastorale della Diocesi di Porto-Santa Rufina di monsignor Gino Reali. Il vescovo – che ha 73 anni, due anni in meno rispetto all’età canonica di pensionamento – in una lettera ai fedeli della sua diocesi parla di “condizioni di salute” che non permettono di continuare, “il servizio attivo”. Tuttavia va ricordato che la diocesi da lui guidata fu coinvolta in un noto caso di pedofilia, quello di don Ruggero Conti, e monsignor Reali fu accusato dalle vittime proprio di favoreggiamento [QUI].
[*] Congregazione per la Dottrina della Fede – Lettera del Cardinale William Levada per la presentazione della circolare alle Conferenze Episcopali sulle linee guida per i casi di abuso sessuale nei confronti di minori da parte di chierici, 3 maggio 2011 [QUI]
Eminenza, Eccellenza,
Come è noto, il 21 maggio 2010, il Santo Padre Benedetto XVI promulgò una nuova versione del Motu proprio Sacramentorum sanctitatis tutela che riporta le norme circa i delicta graviora, incluso il delitto di abuso sessuale di minori da parte di chierici.
Al fine di facilitare la retta applicazione di dette norme e di altri aspetti relativi all’abuso di minori, sarebbe opportuno che ciascuna Conferenza Episcopale prepari delle Linee guida con l’intento di assistere i Vescovi membri della medesima Conferenza nel seguire procedure chiare e coordinate quando si devono trattare i casi di abuso sessuale di minori. Tali Linee guida dovrebbero prendere in considerazione le situazioni concrete delle giurisdizioni appartenenti alla Conferenza Episcopale.
Come aiuto per le Conferenze Episcopali nella preparazione di dette Linee guida, o come appoggio nella revisione di quelle già esistenti, la Congregazione per la Dottrina della Fede ha preparato una Lettera Circolare, trasmessa in allegato, che presenta alcuni temi generali per la considerazione di codesta Conferenza Episcopale. Detta Lettera Circolare rimarrà sotto embargo fino a mezzogiorno del 16 maggio 2011, quando sarà resa nota dalla Sala Stampa della Santa Sede.
Sarebbe inoltre molto utile coinvolgere, nel processo di redazione o revisione di dette Linee guida, anche i Superiori Maggiori degli Istituti religiosi clericali, presenti nel territorio della Conferenza.
Le sarei grato, in fine, se potesse inviare a questa Congregazione copia delle suddette Linee guida, entro la fine del mese di maggio 2012. Questo Dicastero rimane a disposizione di codesta Conferenza Episcopale qualora emergesse la necessità di offrire chiarimenti o aiuto nella preparazione delle suddette Linee guida. Nel caso in cui la Conferenza decidesse di stabilire norme vincolanti sarebbe necessario richiedere la recognitio dai Dicasteri competenti della Curia Romana.
Assicurando il mio cordiale ricordo nella preghiera, mi professo
sinceramente Suo in Cristo
William Card Levada
Prefetto
È severamente VIETATO agli operatori pastorali:
1. Infliggere punizioni corporali di qualsiasi genere. Nessun contatto fisico può essere giustificato in nessuna circostanza.
2. Stabilire un rapporto preferenziale con un minore. Ogni relazione sentimentale, tra un adulto e un minore è motivo di cessazione immediata dell’attività pastorale.
3. Lasciare un bambino in una situazione potenzialmente pericolosa considerata la sua situazione fisica e mentale.
4. Offendere un minore o assumere condotta sessualmente allusiva. Assolutamente vietati giochi, scherzi o punizioni dalla connotazione sessuale, è vietato spogliarsi, baciarsi.
5. Discriminare un minore o un gruppo di bambini.
6. Chiedere a un bambino di mantenere un segreto o fare regali discriminando il resto del gruppo.
7. Fotografare e registrare un minore senza il consenso scritto dei suoi genitori o tutori.
8. Pubblicare e diffondere immagini che identificano un bambino senza il consenso dei genitori o dei tutori.
9. Vietato entrare negli spogliatoi, bagni, docce, tende da campeggio, mentre i minori sono all’interno.
10. Stare da soli con un minore. Quando si parla con un minore in una stanza, la porta deve essere lasciata aperta. Attuare la politica “porte mai chiuse” [QUI].
“Eccellenza questi sono fatti gravi”. Abusi sui minori, la CEI faccia chiarezza sui dati italiani
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