Sette testimoni: “Ci toccava spesso le parti intime”. La Procura di Enna non esclude che possano esserci altre potenziali vittime e le invita a denunciare le violenze. Il Giudice per le indagini preliminari di Enna, Dott.ssa Luisa Maria Bruno sull’indagato: “Condivideva il letto con minori in pernottamenti antelucani”. A febbraio 2021, notificato l’avviso di garanzia [QUI]. “Padre Santo, mi rivolgo a lei come capo della Chiesa a cui credo e mi affido sempre. Mi rivolgo a lei come ultima possibilità”: una presunta vittima rappresenta a Papa Francesco in una lettera accorata le sue denunce rimaste inascoltate [QUI].
Il ragazzo, oggi 27enne: “Denunciare ti rimette in pace con te stesso”. “La mia dolorosa storia sia la testimonianza che anche dopo dodici anni dalle violenze si può denunciare”, afferma la presunta vittima, assistito dall’Avv. Eleanna Parasiliti [QUI]. Nel novembre del 2014 il giovane si confida con Mons. Pietro Spina: “Gli raccontai tutto ma dopo l’incontro, invece di allontanare Rugolo, decise di incontrarlo da solo. Poi, mi offrì un confronto a tre”. “Dissi a Monsignor Spina che non mi ero inventato nulla. Gli spiegai che sapevo di un prestito che lui aveva fatto a Rugolo, un prestito di 50mila euro. Speravo che capisse la confidenza che avevamo, tanto da sapere cose delicate”. A quanto pare Mons. Spina ha continuato a difendere Rugolo.
Nell’aprile 2015, il giovane incontra un altro prete della diocesi, Mons. Vincenzo Murgano: “Mi chiese come mai non ero più andato in parrocchia, a San Giovanni. All’epoca, non sapevo se entrare in seminario, mi propose di iniziare un percorso spirituale per capire se fossi pronto. Al secondo incontro, gli confidai quanto mi era accaduto, non riuscivo a tenere quel peso dentro”. “Il monsignore mi consigliò di non procedere e di tentare di dimenticare quanto accaduto. Mi disse pure di non informare neanche il nuovo vescovo Gisana” [QUI].
Mons. Rosario Gisana fu nominato da Papa Francesco Vescovo di Armeria il 27 febbraio 2014. Il 5 aprile 2014 ha ricevuto l’ordinazione episcopale nella cattedrale di Piazza Armerina da Mons. Antonio Staglianò, Vescovo di Noto, coconsacranti Mons. Michele Pennisi, Arcivescovo di Monreale, suo predecessore a Piazza Armerina, e il Vescovo Paolo De Nicolò, Reggente emerito della Prefettura della Casa Pontificia. Durante la stessa celebrazione ha preso possesso della diocesi. Nel 2017 ha riformato la Caritas diocesana, assumendone direttamente la direzione e dedicando esclusivamente ad essa i diaconi di ogni vicariato della diocesi.
24 marzo 2018. Al Duomo di Enna la Messa degli artisti. Don Giuseppe Rugolo intervistato da Rai Tgr: “Arte come ricerca del senso della vita”. Decine di cantanti, musicisti, attori e ballerine ai piedi del crocifisso ligneo della Chiesa Madre per animare in modo creativo una liturgia incentrata sulla Passione di Gesù [QUI].
Estratto della lettera inviata dal ragazzo 27enne a Papa Francesco: “Nel 2018 ho presentato una denuncia scritta a Monsignor Rosario Gisana, il quale era già stato informato dai miei genitori che si erano recati da lui”. L’incontro tra i genitori e il Vescovo di Piazza Armerina, Mons. Rosario Gisana è avvenuto nel 2017, ma dopo l’incontro, c’è stato un nulla di fatto [QUI]. Prosegue la lettera: “Mi sono ritrovato a percorrere un inutile calvario di udienze private, interrogatori, incontri che hanno portato all’avvio di una indagine previa che ha coinvolto il Tribunale ecclesiastico di Palermo”. Dell’indagine canonica “non se ne è più saputo nulla”. I genitori del ragazzo hanno dichiarato che la Diocesi di Armerina avrebbe offerto loro tramite la Caritas dei “soldi in cambio di una clausola di riservatezza e di silenzio”. Il 27enne prosegue nella lettera a Papa Francesco: “Il mio dolore si è ripresentato anche quando ho visto che Don Rugolo veniva intervistato da TV2000, la tv dei vescovi, in prossimità della Pasqua”.
Il 21 aprile 2020 Don Rugolo viene intervistato, in collegamento esterno, nella trasmissione di TV2000 “Bel tempo si spera”, condotta da Lucia Ascione. Rugolo dal novembre 2019 è ospite della Diocesi di Ferrara-Comacchio, residente a Vigarano Mainarda [QUI].
Il 21 gennaio 2021 il Vescovo di Piazza Armerina, Mons. Rosario Gisana è stato sentito – per ore – presso la Procura di Enna. Il presule ha dichiarato: “Nel primo incontro che avemmo, Rugolo negò, successivamente ammise qualcosa. Confessò fatti poco gravi, solo successivamente ho capito che i fatti erano gravi. Sentito il racconto della vittima, ho convocato Rugolo e con severità gli ho contestato tutto”.
La severità si tradusse solo nell’inviare gli atti della blanda inchiesta del Tribunale Ecclesiastico Interdiocesano Siculo (TEIS) alla Congregazione per la Dottrina delle Fede, che non poté far altro che archiviare, perché formalmente il solo abuso che i giudici ecclesiastici di Palermo erano riusciti ad accertare, riguardava il periodo in cui Rugolo era seminarista. Dunque, formalmente, fuori dalla giurisdizione del dicastero della Santa Sede [QUI].
A seguito della lettera della presunta vittima al Papa, che sarebbe stata recapitata in Vaticano, le istituzioni ecclesiastiche preposte avrebbero chiesto conto e ragione al Vescovo Gisana, il quale ha affermato che non può negare di avere avuto contatti con la Santa Sede e ha dichiarato: “Sono offeso con la Procura che avrebbe dovuto informarmi”. Riguardo ai presunti accordi economici extragiudiziali con la famiglia della vittima, Mons. Gisana risponde: “Noi non abbiamo offerto alcun risarcimento”. Ci vennero offerti dei soldi da un avvocato – hanno raccontato i genitori della presunta vittima – avremmo dovuto firmare una clausola di riservatezza”. Soldi mai accettati. A dicembre, Don Rugolo sperava di averla fatta franca – ha partecipato a un incontro di catechesi on line con il Vescovo Gisana – e di tornare presto in Sicilia, confidando ancora nel silenzio della Diocesi di Piazza Armerina [QUI e QUI].
Codice di diritto canonico. LE CHIESE PARTICOLARI E L’AUTORITÀ IN ESSE COSTITUITA. CAPITOLO II – I VESCOVI – Articolo 2 I Vescovi diocesani. Can. 391 – §1. Spetta al Vescovo diocesano governare la Chiesa particolare a lui affidata con potestà legislativa, esecutiva e giudiziaria, a norma del diritto [QUI].
Nel febbraio del 2019, durante il vertice sulla pedofilia tenutosi in Vaticano, Papa Francesco ha ringraziato i media per il lavoro di “smascherare questi lupi e dare voce alle vittime”, avvertendo i vescovi: “La Chiesa chiede di non tacere e di venire alla luce oggettivamente, perché lo scandalo più grande in questa vicenda è nascondere la verità” [QUI].
Il Vescovo di Piazza Armerina, Mons. Rosario Gisana viene informato dei fatti da Don Giuseppe Fausciana nel 2016. L’incontro tra il Vescovo e i genitori della vittima è avvenuto nel 2017. Mons. Gisana solo nell’agosto 2018, come indicato dal Gip Luisa Maria Bruno, incontra la presunta vittima, “il quale lo invitava — scrive il Gip — a presentare una denuncia agli organi ecclesiastici e di lì a poco avviava un’indagine previa, affidandola a due preti del tribunale ecclesiastico di Palermo”. Un’indagine piuttosto blanda. “L’istruttoria ecclesiastica — ricostruisce il Gip — non avrebbe dato alcun esito, anche in ragione del fatto che alcuni testimoni non avevano risposto alla convocazione, così come aveva fatto lo stesso Rugolo”. Al principale indagato bastò non presentarsi, per fare cadere nel nulla la denuncia ecclesiastica [QUI].
Da quanto finora emerso, Mons. Gisana non ha mai segnalato il “caso Rugolo” alla magistratura. “Abbiamo appreso di questo caso solo quando la vittima ha presentato una denuncia alla polizia, nel dicembre 2020 – conferma a Repubblica il Procuratore di Enna Dott. Massimo Palmeri -. E ci siamo subito attivati” [QUI].
Il Vescovo di Piazza Armerina – pur “sapendo ogni cosa” decise di traccheggiare e trasferire per due anni il prete al Nord, nell’Arcidiocesi di Ferrara-Comacchia, con la motivazione ufficiale che doveva terminare gli studi teologici [QUI].
“Ho appreso dalla nota stampa congiunta della Questura e Procura della Repubblica di Enna, la notizia della restrizione agli arresti domiciliari del sacerdote Giuseppe Rugolo appartenente a questa Diocesi di Piazza Armerina. Le accuse contestategli, se accertate, sono certamente un fatto grave, sia sotto l’aspetto penale che morale. Esprimo la mia vicinanza alla comunità ecclesiale di Enna, tenendo conto che vicende come questa creano comprensibile turbamento nella comunità dei credenti. Per questa ragione fin da subito ho prestato la mia totale disponibilità agli organi inquirenti ed ho avviato gli accertamenti in mio potere a garanzia della massima trasparenza possibile. Alle presunte vittime assicuro la mia preghiera confidando che l’opera della Magistratura saprà fare luce al più presto sulla verità dei fatti” (Vescovo di Piazza Armerina, Mons. Rosario Gisana – Comunicato Stampa della Diocesi di Piazza Armerina, 27 aprile 2021 [QUI].
Don Giuseppe Rugolo è nato il 23 luglio 1981 ad Enna, ordinato sacerdote il 13 aprile 2013, tuttora annoverato nel clero della Diocesi di Piazza Armerina [QUI]. Ha gestito diversi gruppi giovanili ed è l’ideatore del “Progetto 360”, associazione giovanile che nasce il 31 gennaio 2015 [QUI]. Attualmente è ospite della Diocesi di Ferrara-Comacchio, residente a Vigarano Mainarda. Avrebbe compiuto atti di pedofilia da quando era seminarista. Nei confronti di Don Rugolo non risulta che siano stati adottati provvedimenti disciplinari da parte dell’autorità ecclesiastiche competenti [QUI e QUI]. La Rete L’Abuso ha scritto il 24 febbraio 2021 [QUI], che il Vescovo di Ferrara-Comacchio, “come si evince chiaramente dal materiale acquisito, permetteva di organizzare addirittura incontri per ragazzi dai 14 ai 17 anni, come quello organizzato dal Gruppo Giovani Vigarano della parrocchia Natività della Beata Vergine Maria. Certamente ora va verificato se Mons. Gian Carlo Perego fosse stato informato da Mons. Rosario Gisana dei reali motivi del trasferimento, che in caso emergesse fosse informato lo vedrebbero implicato nel favoreggiamento di Don Rugolo”.
Parlano i ragazzi di “Progetto 360”
Solo di recente, i ragazzi di Don Rugolo hanno trovato la forza di parlare. Sette ragazzi del suo gruppo accusano il prete arrestato: “Ci toccava spesso nelle parti intime”. Il Procuratore di Enna Massimo Palmeri ritiene che tanti altri sappiano di Don Rugolo. Lo ritiene anche il Gip Luisa Maria Bruno: “Soltanto pochi giovani hanno dimostrato una maturità sufficiente per sottrarsi alla manipolazione di cui purtroppo molti altri sono rimasti vittima” [QUI]. Sono tre le presunte vittime, minorenni al tempo dei fatti, alle quali il sacerdote ennese avrebbe indirizzato attenzioni sessuali illecite. Don Rugolo è posto agli arresti domiciliari su disposizione del Gip Luisa Maria Bruno. L’ordinanza cautelare è stata eseguita dalla polizia di Ferrara dove il prete era stato trasferito nel novembre del 2019 e le indagini erano state avviate a seguito della denuncia della presunta vittima 27enne, nel dicembre del 2020.
Il Gip Bruno, nell’ordinanza di 44 pagine, traccia il profilo di Don Rugolo, il quale naviga notte e giorno sui siti porno a cercare “teen”, presenta “l’agire tipico della devianza sessuale caratteristica del pedofilo” [QUI]. Gli atti di violenze e libidine sono avvenuti nella parrocchia, a scuola, in sagrestia, durante il Grest estivo, approfittando dei dubbi della vittima circa l’incertezza di avere una vocazione religiosa attraverso una “subdola condotta di persuasione”, afferma il magistrato. Dal fatto sarebbe derivato alla persona offesa “un grave pregiudizio morale e psicologico” che dura fino al presente. Don Rugolo all’epoca era collaboratore canonico ed educatore del gruppo Azione Cattolica e responsabile del gruppo giovanile “360” e poi sacerdote. “Abusando di tali ruoli” molestò altri due minori dal 2015 al novembre 2019.
Quella che emerge è l’immagine di “un soggetto dal forte carisma, una ‘prima donna’ – annota il Gip Bruno -, consapevole dell’ascendente che esercitava sui giovani”. Con loro “assumeva il ruolo di amico e consigliere riuscendo così, anche grazie al senso di soggezione indotto dall’abito talare, a manipolare il pensiero e la volontà per fini anche turpi”. Grazie alla posizione di seminarista prima, e poi quella di parroco – Don Rugolo è anche docente di scuola secondaria – aveva creato il ‘progetto 360’, concepito come centro di aggregazione e orientamento per i giovani con problemi legati all’età, “divenuto di fatto platea per la selezione di soggetti particolarmente fragili con cui instaurare particolari legami”. Testimoni riferiscono dell’abitudine del Don di “organizzare incontri con pernottamento dei partecipanti in compagnia dell’indagato”. Per quelle ore antelucane, il prete si era riservato uno stanzino separato, provvisto di letto, che condivideva con una vittima. Fuori dalla porta, a mo’ di dormitorio, tutti gli altri. Il sacerdote era “riuscito a manipolare a tal punto le menti dei giovani”, che la cosa “non aveva suscitato meraviglia o disapprovazione”. Si era insomma guadagnato la loro “complicità e il silenzio”.
Un modus operandi, quello descritto dai giovani testimoni che “ricalca l’agire tipico della devianza sessuale caratteristico del pedofilo: una volta carpita la fiducia del minore, questi veniva costretto a instaurare un rapporto sentimentale esclusivo, venendo minacciato o subendo, per ritorsione, il distacco, la denigrazione o l’isolamento dal gruppo nel caso intendesse interrompere la relazione o stringere relazioni sentimentali con altre persone”. A provare le perversioni sessuali ci sono anche supporti informatici. Dall’analisi del computer di Don Rugolo è emerso che era solito navigare “in modo sistematico e maniacale, a qualsiasi ora del giorno e della notte” (mediamente 60 volte al giorno negli ultimi dieci mesi) su siti pornografici. La parola che più cercava era “teen” (adolescente in inglese). Dall’esame del materiale sequestrato sul cellulare ne deriva poi “un profilo psicologico connotato da una forte dipendenza dal sesso, a sua volta contraddistinta, oltre che da note di blasfemia, da un’evidente predilezione per i giovani adolescenti”.
In una delle intercettazioni telefoniche, l’indagato parla con un prete “amico”. Gli confida la speranza che “una volta trascorsi dieci anni dal giorno in cui la persona offesa aveva compiuto 18 anni lui non sarebbe stato più perseguibile”. Nel dicembre 2020 i piani di Don Rugolo vanno in frantumi quando un ragazzo, oggi 27enne, lo denuncia. A gennaio 2021 i social network e i giornali locali diffondono la notizia di un prete allontanato da Enna per aver abusato sessualmente di alcuni giovani del luogo. Emerge il timore del Don 39enne di veder naufragare il suo progetto di rientrare a Enna. Infine il Gip cita “la dolorosa presa d’atto” dell’avvio dell’indagine penale nei suoi confronti, “senza traccia di pentimento alcuno”.
All’esito delle indagini condotte, il Gip ennese dispone l’arresto dell’indagato, accogliendo la richiesta del Procuratore Massimo Palmeri e dei Sostituti Stefania Leonte e Orazio Longo. La misura cautelare è motivata dal pericolo di reiterazione del reato, considerata “l’inclinazione dell’indagato a cedere alle pulsioni sessuali in maniera incondizionata. Condotte che pur avevano trovato una certa stigmatizzazione nell’indagine canonica aperta a suo carico e nel trasferimento ad altra diocesi.
Arcidiocesi di Ferrara-Comacchio
Comunicato del 10 febbraio 2021
In merito al sacerdote della Diocesi di Piazza Armerina ospite a Ferrara
In relazione al sacerdote della Diocesi di Piazza Armerina attualmente ospitato a Ferrara, si precisa che tale presenza è stata attentamente concordata con il suo Vescovo, e che al momento della sua venuta nel 2019 non esisteva alcun impedimento canonico, affinché potesse completare alla Facoltà teologica di Padova il curriculum universitario. Durante il periodo trascorso in Arcidiocesi non è accaduto nulla che facesse dubitare della sua condotta sacerdotale, anzi se ne è riscontrata la grande disponibilità e il diffuso apprezzamento tra coloro che lo hanno conosciuto. Per tali ragioni l’attuale indagine ha destato sorpresa e sgomento. Nonostante ciò, l’Arcidiocesi di Ferrara-Comacchio ha subito provveduto a porre in atto le misure richieste in tale situazione, e si è prontamente messa a disposizione della giustizia italiana e di quella ecclesiastica, fiduciosa che l’indagine possa fare piena luce sulla vicenda, attraverso l’accertamento della verità, frutto di un cammino di ricerca autentica e della valutazione imparziale dei fatti [QUI].
I difensori denunciano una gogna mediatica. La presunzione di innocenza disattesa. Violazione del segreto istruttorio
“Nei confronti di don Giuseppe Rugolo si è determinata una gogna mediatica – dicono il 27 aprile 2021 gli avvocati Antonio Lizio di Catania e Denis Lovison di Ferrara, difensori del sacerdote -, con contenuti anche calunniosi e diffamatori, che non possono ulteriormente essere tollerati e in relazione ai quali ci riserviamo di agire a tutela del nostro assistito, che allo stato ha il diritto di essere considerato innocente, ex articolo 27 comma 2 della Costituzione” [1]. I difensori respingono le accuse rivolte al prete e si dicono anche certi “di poter fare chiarezza il prima possibile nelle sedi opportune, a tutela dell’onorabilità, della dignità e del decoro del nostro assistito”.
“Abbiamo appreso dagli organi di informazione – spiegano il legali – che il nostro assistito Don Giuseppe è stato destinatario di una misura cautelare emessa dal Gip di Enna”. Il prete, ricostruiscono, è stato convocato in Questura a Ferrara per la notifica dell’ordinanza di domiciliari, uscendo dagli uffici verso le 12.30, “ma alle ore 8.40 il contenuto dell’ordinanza era già stato diffuso pubblicamente”. I difensori si dicono “perplessi dalle tempistiche e dalle modalità di diffusione di informazioni relative a un procedimento penale, ancora in fase di indagini, con grave vulnus per tutte le persone coinvolte, a vario titolo. Tale diffusione è avvenuta prima ancora che questi difensori potessero avere contezza delle contestazioni formulate al proprio assistito, in violazione del segreto istruttorio. Si tratta di aspetti in relazione ai quali il nostro assistito non è stato ancora in grado di interloquire e di fornire la propria versione” [2] [QUI].
Memoriale Rugolo
“Sono entrato in seminario nel settembre del 2006 i primi ricordi che ho di xxx. risalgono al 2008, lui era uno dei tanti ragazzi che frequentavano la parrocchia”. “Purtroppo lentamente le nostre conversazioni divennero sempre più confidenziali e infantili”. “Il nostro rapporto divenne di complicità”, scrive il Don, enumerando alcuni incontri che ebbe con il giovane, non attinenti alla vocazione, avvenuti sia prima che dopo la maggiore età della vittima. “La nostra amicizia era molto infantile, io ero molto affettuoso con lui e lui era molto affettuoso con me. Quando stavamo insieme, molto raramente, si scherzava, io gli volevo veramente bene”. Dopo il 18mo compleanno della vittima, si verificano altri episodi. Nell’ottobre 2012, “improvvisamente, per ragioni pastorali fui inviato in duomo e le nostre relazioni si allentarono”. Poi Don Rugolo apprende che xxx, ha parlato anche con altri sacerdoti.
“Nell’ottobre 2014 fui contattato urgentemente dal mio parroco per un incontro. I genitori di xxx. erano andati ad accusarmi”. Secondo il parroco “xxx mi aveva accusato durante una lite familiare”; “io ero sconvolto, il parroco mi propose un incontro con xxx”. Durante l’incontro a tre “Io prendevo appunti – riporta il Don -, lui disse che avevamo avuto dei rapporti sessuali completi, che lo avevo traviato. Io smentii, purtroppo mi chiusi a riccio… prima che andasse via gli chiesi perché aveva fatto questo e lui non rispose”. “Dopo la mia nomina a parroco nel settembre 2018 – conclude il memoriale – nel mese di ottobre 2018 xxx ha chiesto un’udienza al vescovo, ha dato la sua versione dei fatti ma al vescovo sottolineò che non avevamo avuto rapporti completi” [QUI].
«Comitato per don Rugolo», di cui fanno parte diverse mamme, a sostegno del sacerdote Giuseppe Rugolo, prete di Enna e che è indagato per violenza sessuale su minori [QUI].
[1] Difesa dell’indagato e affermazione del principio della presunzione di innocenza, secondo il quale un indagato o imputato in un procedimento penale, non è considerato colpevole, sino a che non sia provato il contrario nelle sedi opportune, sino al terzo grado di giudizio, con sentenza definitiva passata in giudicato.
La presunzione di innocenza è un principio del diritto penale secondo il quale un imputato è considerato non colpevole sino a condanna definitiva, vale a dire, sino all’esito del terzo grado di giudizio emesso dalla Corte Suprema di Cassazione.
Nel titolo della direttiva (UE) 2016/343 del Parlamento europeo e del Consiglio del 9 marzo 2016 (sul rafforzamento di alcuni aspetti della presunzione di innocenza e del diritto di presenziare al processo nei procedimenti penali), la presunzione di innocenza viene definito come un principio giuridico secondo il quale un imputato non è considerato colpevole sino a che non sia provato il contrario. L’articolo 4 prescrive che “fino a quando la colpevolezza di un indagato o imputato non sia stata legalmente provata, le dichiarazioni pubbliche rilasciate da autorità pubbliche e le decisioni giudiziarie diverse da quelle sulla colpevolezza non presentino la persona come colpevole”. Di presunzione di innocenza parlano anche, tra i testi internazionali o sovranazionali, gli articoli 47 e 48 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea («Carta di Nizza»), l’articolo 6 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali («CEDU»), l’articolo 14 del Patto internazionale sui diritti civili e politici («ICCPR») e l’articolo 11 della Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo.
Nella dottrina giuridica italiana il principio è declinato più propriamente come presunzione di non colpevolezza, perché il processo è il mezzo mediante il quale alla presunzione di innocenza si sostituisce quella di colpevolezza. In linea di principio non spetta all’imputato dimostrare la sua innocenza, ma è compito degli accusatori dimostrarne la colpa.
La presunzione di innocenza non è sancita nella Costituzione Italiana, nonostante alcuni autori la rinvengano nell’articolo 27, comma 2, che recita che “l’imputato non è considerato colpevole sino alla condanna definitiva”. In realtà questa norma non inquadra una presunzione di innocenza o di non colpevolezza, ma un divieto di presunzione di colpevolezza. L’imputato non è assimilato al colpevole sino al momento della condanna definitiva. Secondo la Corte costituzionale, questa disposizione va interpretata nel senso che l’imputato non deve essere considerato né innocente, né colpevole, ma esclusivamente “imputato”. Questa regola è meglio precisata nell’art. 6, comma 2, della Convenzione europea dei diritti dell’uomo, in base alla quale “ogni persona accusata di un reato è presunta innocente sino a quando la sua colpevolezza non sia stata legalmente accertata”.
L’indagato è la persona sottoposta alle indagini preliminari. L’imputato è la persona sottoposto a giudizio. Accertata la fondatezza della notizia di reato, il Pubblico ministero esercita l’azione penale chiedendo l’accertamento giurisdizionale attraverso formale imputazione. In seguito all’esercizio dell’azione penale, l’indagato assume la qualifica di imputato.
[2] Codice di Procedura Penale, Art. 329 – Obbligo del segreto d’indagine (o investigativo). Gli atti di indagine compiuti dal pubblico ministero e dalla polizia giudiziaria, le richieste del pubblico ministero di autorizzazione al compimento di atti di indagine e gli atti del giudice che provvedono su tali richieste sono coperti dal segreto fino a quando l’imputato non ne possa avere conoscenza e, comunque, non oltre la chiusura delle indagini preliminari [QUI].
È severamente VIETATO agli operatori pastorali:
1. Infliggere punizioni corporali di qualsiasi genere. Nessun contatto fisico può essere giustificato in nessuna circostanza.
2. Stabilire un rapporto preferenziale con un minore. Ogni relazione sentimentale, tra un adulto e un minore è motivo di cessazione immediata dell’attività pastorale.
3. Lasciare un bambino in una situazione potenzialmente pericolosa considerata la sua situazione fisica e mentale.
4. Offendere un minore o assumere condotta sessualmente allusiva. Assolutamente vietati giochi, scherzi o punizioni dalla connotazione sessuale, è vietato spogliarsi, baciarsi.
5. Discriminare un minore o un gruppo di bambini.
6. Chiedere a un bambino di mantenere un segreto o fare regali discriminando il resto del gruppo
7. Fotografare e registrare un minore senza il consenso scritto dei suoi genitori o tutori.
8. Pubblicare e diffondere immagini che identificano un bambino senza il consenso dei genitori o dei tutori9. Vietato entrare negli spogliatoi, bagni, docce, tende da campeggio, mentre i minori sono all’interno.
10. Stare da soli con un minore. Quando si parla con un minore in una stanza, la porta deve essere lasciata aperta. Attuare la politica “porte mai chiuse”.
Progetto “Repara” della Conferenza Episcopale Spagnola [QUI].
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