Cominciata alle 11.20 – Terminata alla 13.30
Interrogatorio a don Gabriele Martinelli
In estreme sostanza: ha negato ogni accusa affermando «parlando di abusi hanno colpito me ma volevano colpire soprattutto il Preseminario». Le accuse sono «frutto di divisioni della equipe educativa che poi si riflettevano anche sugli allievi». «Stavo sulle balle a molti per il mio carattere» e «perché cerco di fare ogni cosa il meglio che posso». Le divisioni riguardavano il rito della Messa (preconciliare e postconciliare) e l’idea, poi non andata in porto, di aprire il Preseminario anche agli universitari. I ragazzi si erano divisi in base alla vicinanza con i sacerdoti che sostenevano l’una o l’latra cosa. Martinelli sostiene di non aver sporto denuncia, contro chi lo accusava secondo lui ingiustamente, «perché dai superiori mi è stato chiesto di aspettare». Riferisce anche che gli è stato chiesto, sotto il vincolo di obbedienza, di vivere isolato e di «non rispondere ai giornalisti. Posso parlare solo con i miei genitori e con i miei superiori», cioè il vescovo e il suo vicario.
Durante l’udienza, sono state citate le lettere inviate dalla presunta vittima L.G. con le accuse contro Martinelli, tra queste una lettera a Papa Francesco datata
Prossime udienze dedicate ai teste
24 FEB ore 9.30: verranno ascoltati (se confermeranno la disponibilità) Spinato, Borghetto, Flaminio Ottaviano, padre Pierpaul, Christian Gilles Donghi, Andrea Garzola.
25 FEB ore 10 mons. Diego Coletti e mons. Oscar Cantone (diocesi di Como)
Nelle successive udienze (17 marzo mattina e 18 marzo mattina) verrà sentita la parte lesa L. G.
Il 18 marzo mattina previsto un sopralluogo nei locali del Preseminario.
Presenti
Gabriele Martinelli, imputato
la sua legale Rita Claudia Baffoni
l’avvocato dell’ex rettore Enrico Radice, Agnese Camilli Carissimi
l’avvocato dell’Opera Don Folci, Emanuela Bellardini
l’avvocato della presunta vittima, L.G., Dario Imparato
Assente L.G., in questi giorni all’estero, e assente monsignor Radice
A Martinelli, durante l’udienza presieduta dal presidente del Tribunale vaticano Giuseppe Pignatone, sono stati riletti i due interrogatori resi al Promotore di Giustizia vaticano il 23 ottobre 2018 e al delegato per l’investigatio previa della diocesi di Como il 24 febbraio 2018. In entrambi, l’imputato ha negato qualsiasi accusa che gli è stata rivolta in questi anni dalla presunta vittima L.G. che ha inviato lettere, anonime e firmate, all’ex rettore Radice, al cardinale Angelo Comastri, al vescovo di Como Diego Coletti e anche a Papa Francesco il 9 giugno 2017.
Martinelli negava anche le accuse ricevute da altri ragazzi ospiti del Preseminario. Anche oggi, nelle circa due ore di interrogatorio, ha rigettato gli addebito nei suoi confronti («Sono accuse infondate») e ha argomentato la sua difesa. Ha affermato che ogni accusa è frutto di gelosie nei suoi confronti, quindi un tentativo di bloccare la sua ordinazione sacerdotale; soprattutto, l’intera vicenda è il risultato di profonde divisioni interne tra superiori (da una parte, il rettore Radice e, dall’altra, il vice don Ambrogio Marinoni e l’assistente spirituale don Marco Granoli, morto l’anno scorso) che si riflettevano tra gli allievi che, nonostante la giovane età, erano arrivati a spaccarsi in due per questioni liturgiche, come la preferenza per la messa in rito tridentino e quella post conciliare.
Più nel dettaglio, Martinelli ha raccontato la vita del seminario scandita da studio, servizio nella Basilica di San Pietro, momenti di gioco e di preghiera con la comunità del San Pio X, senza nessuna possibilità di uscire. Ha ricordato che la sera, intorno alle 22.30/ 23 i ragazzi dovevano trovarsi nelle loro stanze: un’ex camerata suddivisa in 7-8 stanze più piccole, collocate tutte su un unico corridoio e chiuse con porte in legno e la parte superiore in vetro. «Così don Enrico (Radice) vedeva ad esempio se c’era qualcuno che ancora stava al cellulare e diceva di andare a dormire». Le porte non venivano mai chiuse, non esistevano chiavi e il rettore entrava in ogni stanza a spegnere la luce.
Per Martinelli – che ha condiviso per un anno la stanza con il suo accusatore L.G. e con un altro ragazzo oggi sacerdote – questo sistema impediva che si compissero abusi senza che nessuno se ne accorgesse. Come pure, ha assicurato che era impossibile avere rapporti sessuali (come affermato da L.G. in diverse lettere) nel piccolo bagno sotto l’Altare della Cattedra nella Basilica di San Pietro. Oltre che per le dimensioni del bagno anche e soprattutto per il fatto che alle messe feriali, secondo un sistema di turnazione basato anche sull’età dei seminaristi, serviva un solo chierichetto. Nelle celebrazioni della domenica, invece, erano circa nove o dieci in base alle esigenze: «Tutti si sarebbero accorti se fosse successo qualcosa».
Martinelli ha negato di essere il pupillo di Radice e ha detto pure di non aver avuto alcun ruolo di potere all’interno del San Pio X, seppur lo stesso Radice abbia dichiarato che il ragazzo svolgeva mansioni di tutoraggio con i più giovani. Il sacerdote ha affermato che lui ha solo seguito indicazioni dei suoi superiori, che collaborava con il rettore e con i cerimonieri pontifici per la scelta dei chierichetti che servivano alle messe e che ha sempre fatto «molto bene» tutto quello che gli veniva richiesto. Nessuna sopraffazione o abuso di potere, a suo dire: «Stavo sulle balle a molti, probabilmente anche per il mio carattere. Ognuno ha il suo».
Nel corso dell’udienza sono stati letti diversi messaggi inviati su Messenger o WhatsApp tra L.G. e Martinelli, risalenti al periodo in cui entrambi avevano già lasciato il Preseminario. La presunta vittima accusava il sacerdote di avere una «perversione sessuale», di «essere interessato solo al pene delle persone», di avergli fatto sempre del male e di averlo messo in cattiva luce con gente, inclusi superiori, ai quali non aveva fatto niente.
L.G. chiedeva di essere lasciato in pace e di non essere tempestato di telefonate. Martinelli si è difeso dicendo che il linguaggio, seppur volgare, era quello corrente tra ragazzi; poi ha spiegato che mai L.G. gli ha rivolto per iscritto o verbalmente le accuse contenute nelle lettere anonime inviate al cardinale Comastri, al rettore Radice e anche al Papa nel 2017. Anzi, a dimostrazione dei buoni rapporti, ha citato una serie di messaggi del 2012 con cui L.G. chiedeva aiuto a Martinelli per trovare una casa in affitto visto che si sarebbe iscritto all’Università La Sapienza.
L’avvocato di L.G. ha parlato di tre sanzioni disciplinari notificate tra il 2017 e il 2018 dalla Diocesi di Como a Martinelli dopo l’esplosione dello scandalo, a seguito anche della trasmissione “Le Iene”. Queste notificazioni prevedevano che Martinelli vivesse in isolamento, senza rispondere al telefono se non ai genitori e al vescovo. Il sacerdote ha raccontato di essere stato mandato in un paesino della Val d’Aosta, in un monastero con tre monaci, a meno 17 gradi sotto zero. Il padre ha protestato e, dopo varie insistenze, ha incontrato il vescovo Cantoni che gli ha permesso di risiedere in una struttura con delle monache benedettine. Martinelli ha detto pure di aver voluto inizialmente intraprendere azioni legali, soprattutto contro la troupe delle “Iene” dalla quale si è sentito aggredito. Il vescovo gli avrebbe però suggerito che era meglio «non contattare nessuno», «aspettare» e «non avere colloqui coi giornalisti». Martinelli ha spiegato che quello del vescovo è stato solo un suggerimento: «Non mi ha impedito di denunciare, a me è stata insegnata l’obbedienza al vescovo che vedo come padre e punto di riferimento e ho obbedito. In quei momenti mi sentivo molto confuso».
Martinelli ha insistito sul fatto che tutte le accuse sono un modo per screditare il Preseminario, nate in un passaggio cruciale che era il marzo 2013 quando è naufragato definitivamente il progetto, sostenuto da Marinoni e Granoli, di ampliare il Preseminario anche agli universitari. «Alla fine ci sono andato di mezzo io». «Una congiura nei suoi confronti?», gli ha chiesto il promotore di Giustizia Giampietro Milano, chiedendo il nesso tra queste divisioni interne e le accuse di abusi.
Tutti i presenti erano in mascherina, sono stati rispettati i dispositivi di sicurezza.
Manuela Tulli e Salvatore Cernuzio
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