Giunge la richiesta di attendere febbraio, quando ci sarà il summit mondiale dei vescovi. Attacco dei siti cattolici americani, prossimo “incendio” in Italia
By Maria Antonietta Calabrò
Colpo di scena a Baltimora all’assemblea generale dei vescovi americani chiamata a votare le nuove misure anti-abusi dopo i recenti scandali sulla pedofilia, dopo il caso Viganò e dopo le sanzioni contro l’ex cardinale Theodore McCarrick. In apertura dei lavori il cardinale Daniel Di Nardo, presidente della Conferenza episcopale americana, ha annunciato che il Papa ha chiesto ai vescovi americani di non votare nuovo linee guida per contrastare gli abusi e di attendere, applicando il criterio della sinodalità, qualche mese cioè il prossimo febbraio, quando ci saranno le conclusioni della riunione sul problema di tutti gli episcopati del mondo convocati in Vaticano.
All’apertura dei lavori (che proseguiranno con meditazioni e preghiere), Di Nardo ha detto che “alla luce delle notizie di questa mattina, il mio intervento di indirizzo cambia”, pur restando fermo l’impegno a un “programma specifico di maggiore responsabilità episcopale che discuteremo in questi giorni”.
È cambiata insomma l’agenda dell’Assemblea dei vescovi americani, nonostante in 14 Stati siano state aperte inchieste penali sulle coperture ai preti pedofili e un ordine federale abbia vietato alle diocesi di distruggere gli archivi relativi ai casi di pedofilia. Questo sembra essere comprensibile in un solo modo. Francesco non vuole farsi dettare l’agenda dall’esterno, imporre il ritmo (lo spin) dal susseguirsi delle emergenze (come era avvenuto nei primi anni di pontificato), e intende tenere fermo il timore della barca imponendo una riflessione che è innanzitutto di purificazione spirituale. In ogni caso, Francesco prende su di sé la grande responsabilità di indicare la strada che serva a risolvere una volta per tutte questa piaga.
Aprendo l’Assemblea, il nunzio – l’ambasciatore del Papa – negli Stati Uniti, arcivescovo Cristophe Pierre, che venerdì scorso era stato ricevuto dal Papa in Vaticano, ha detto che non c’è altro modo di riformare la Chiesa se non “soffrire per essa” e pur ringraziando i media per aver portato alla luce lo scandalo degli abusi del clero, ha criticato l’impressione che la chiesa abbia fatto poco riguardo agli abusi. “Questo semplicemente non è vero”, ha detto, anche se c’è sempre da fare di più.
“È finita”. Si apre però con queste due parole – che non lasciano dubbi interpretativi – la lettera aperta sugli abusi sessuali del clero che il periodico progressista americano National Catholic Reporter ha indirizzato proprio oggi ai vescovi americani che dovevano riscrivere le linee guida antiabusi fissate a Dallas nel 2002. “È finita – continua il NCR – con la manipolazioni di questi ultimi 33 anni ed è finita con tutti i tentativi di equivocare o deviare da quello che ha condotto la Chiesa a questo momento. Non c’è più niente da nascondere”, è scritto sul durissimo editoriale che apre il magazine cattolico. Il report del Gran Giurì della Pennsylvania con la denuncia di abusi perpetrati su mille bambini, il caso McCarrick, l’apertura di un’indagine penale federale – con cui si è chiesto nei giorni scorsi a tutte le diocesi di non distruggere alcun documento legato agli abusi sessuali del clero – sono tutti dossier sul tavolo della Conferenza episcopale statunitense, mentre di “due possibili punti di svolta” scrive John Allen su Crux sottolineando che oltre all’assemblea dell’episcopato americano, si apre domani (dopo l’ufficio di presidenza di oggi) anche quella della Conferenza episcopale italiana, e che anche in questo caso dovranno essere riviste le linee guida per affrontare i casi di pedofilia, scritte nel 2014.
Pur assicurando ai vescovi americani di non essere soli e abbandonati, l’editoriale del NCR denuncia “una putrefazione al cuore della cultura affidata alla leadership della comunità cattolica. Un marcio così pervasivo che ha toccato ogni aspetto della vita della comunità, sconvolgendo tutte le certezze e le presunzioni su chi siamo e su chi siete voi che dovevate tenere insieme la comunità”. L’articolo chiama in causa esponenti ecclesiali e intellettuali cattolici di rilievo che non hanno voluto credere ad “una copertura degli abusi così sistematica” e che “hanno denigrato quelli che hanno sollevato le domande difficili e hanno perseguito la verità”. Nella lettera si chiede un’esame di coscienza personale e come corpo dei vescovi a partire da una domanda: “Come abbiamo potuto noi, e i nostri fratelli del passato, voltare le spalle a bambini che erano stati sessualmente torturati dai nostri sacerdoti per proteggere quei preti e la nostra cultura?”. Come risposta si cita la proposta del cardinale di Chicago, Blaise Cupich, di sradicare dalla vita della Chiesa “il privilegio, il potere e la protezione di una cultura clericale e cedere l’autorità su questo fronte”.
“Tra gli esperti sulla crisi degli abusi, è quasi scontato che uno dei prossimi posti in cui l’incendio sta per scoppiare sarà l’Italia”, sostiene Allen su Crux. Un esempio, citato da Allen è quello dell’arcivescovo Mario Delpini di Milano, che è stato accusato di aver coperto un caso di abuso quando era il vescovo ausiliare e vicario generale dell’arcidiocesi. Viene citata una sua testimonianza resa durante il processo civile su don Galli, che venne trasferito da lui ad altra parrocchia proprio come responsabile della pastorale giovanile nonostante le notizie di abuso. Alla domanda se fosse consapevole di questo, Delpini ha risposto: “Sì, certo che ero consapevole”. “Se non è un incendio che sta per scoppiare questo…”, ha concluso Allen.
https://www.huffingtonpost.it/2018/11/12/papa-francesco-frena-i-vescovi-usa-sulle-linee-guida-contro-la-pedofilia_a_23587414/
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