Travolto dagli scandali delle accuse di molestie sessuali ha chiesto e ottenuto di spogliarsi degli abiti religiosi
Lucio Gatti, ha perso il ‘don’. Non è più sacerdote. Travolto dagli scandali delle accuse di molestie sessuali su alcuni ragazzi che accoglieva nella sua comunità, si è da tempo ritirato dall’attività religiosa, ha affrontato il processo chiedendo il rito abbreviato, si è allontanato dall’Italia per poi rientrare in una comunità del Nord, ha patteggiato una pena di due anni e ora ha chiesto e ottenuto di spogliarsi completamente dagli abiti religiosi, ovvero di ritornare alla vita laicale. L’epilogo della vicenda penale di don Lucio Gatti risale al 2014 quando la sentenza gli imputa due anni di reclusione con pesa sospesa per ‘molestie sessuali e abuso di mezzi di correzione’.
TUTTA LA VICENDA DI DON LUCIO GATTI
VIDEO. INSIEME ‘LE IENE’ E LE VITTIME, IN CURIA
La nota della Curia «La Curia arcivescovile di Perugia-Città della Pieve riceve e rende nota la comunicazione circa la rinuncia allo stato clericale (dimissione ex rescripto), prevista dal Codice di diritto canonico (can. 290, n. 3), del sacerdote diocesano don Lucio Gatti, che ha chiesto e ottenuto dal Santo Padre Francesco di tornare alla vita laicale, con dispensa dagli obblighi provenienti dalla sacra ordinazione, ricevuta il 1 giugno 1996. La Chiesa Perusino-Pievese, che ha generato don Lucio al sacerdozio, accoglie con sincero rispetto il suo gesto e assicura la sua preghiera». E’ quanto si legge dalla nota della Curia perugina.
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La ricostruzione Don Lucio Gatti nel mentre che le indagini della procura perugina continuavano sul suo conto e si celebrava il suo processo penale, è stato raggiunto anche dal provvedimento del rito canonico, con il quale, l’allora vescovo e ora cardinale Gualtiero Bassetti, l’aveva sospeso per cinque anni dall’attività di sacerdote. E’ stato numero uno della Caritas Perugina e responsabile della comunità di San Fatucchio dove si sono consumati gli episodi di molestie e di abuso di mezzi di correzione per cui è stato condannato. Sono cinque gli episodi di molestie che il tribunale penale gli ha contestato e due quelli relativi all’abuso di mezzi di correzione. Il suo avvocato Nicola Di Mario, ha spiegato che «la scelta processuale operata dal mio cliente non manifesta alcun significato conclusivo in senso colpevolista ma riflette la precisa volontà di definire, in tempi rapidi, le contestazioni di addebito, evitando maggiori tensioni emotive e prolungate strumentalizzazioni che coinvolgono soggetti estranei alla vicenda. L’indagato ha ritenuto di privilegiare un rito alternativo senza che ciò possa considerarsi, dal punto di vista giuridico, ammissione di responsabilità o confessione per comportamenti concludenti».
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