Vescovo, procura per l’archiviazione. «Però documentati casi di pedofilia»
Abusi all’Istituto Provolo, un anno di indagini coordinate dalla procura di Verona ed ecco le prime conclusioni: «Per quanto attiene alla posizione del vescovo Giuseppe, nessun addebito di responsabilità penale appare imputabile».
Inizia così, infatti, la richiesta di archiviazione firmata il 22 gennaio 2018 dal pm Valeria Ardito, chiamata ad accertare eventuali «responsabilità omissive» da parte del capo della Diocesi scaligera riguardo ai casi di pedofilia di cui si sono macchiati alcuni sacerdoti su bimbi e ragazzi sordomuti: «È difatti emerso dall’istruttoria che l’Istituto Provolo è ente morale di diritto privato e dipende, come all’epoca, dalla Congregazione Compagnia di Maria, ente ecclesiastico. Questa dipende dall’Ufficio Congregazione Vita Consacrata del Vaticano. Deve quindi escludersi una qualsiasi dipendenza del Provolo dalla Curia di Verona».
Lo scandalo abusi era tornato prepotentemente d’attualità a fine 2016, in coincidenza della carcerazione (alleggerita poi in domiciliari) a Mendoza, in Argentina, di don Nicola Corradi, veronese.
Quest’ultimo, scrive il pm Ardito, «è stato arrestato il 28 novembre 2016 per abusi sessuali su minori, si trasferì (o fu fatto trasferire?) in quel paese a gennaio 1970. In quella data pertanto, quando Zenti non ricopriva ancora la carica di vescovo a Verona, avrebbe dovuto effettuarsi un oculato controllo sulla sede presso cui il sacerdote sarebbe stato destinato, alla luce delle sue tendenze pedofile, all’epoca già note all’interno della congregazione».
Non è finita, perché «la successiva mancata vigilanza sulla condotta del sacerdote in Argentina – prosegue il pm – è condotta che esula dalla responsabilità giuridica del vescovo Zenti e potrebbe eventualmente riguardare solo una responsabilità morale».
A indurre la procura scaligera a riaprire le indagini (le precedenti erano finite in archivio) sui fatti del Provolo, era stato un esposto dell’associazione Rete L’Abuso presieduta da Francesco Zanardi, mentre Zenti aveva denunciato a sua volta per calunnia «alcuni soggetti del “gruppo” Dalla Bernardina. Sul punto osserva il pm – va rilevata l’assoluta assenza di malafede da parte dei “detrattori” della Curia in quanto gli stessi, a fronte di certi e documentati atti di raccapricciante pedofilia commessi da sacerdoti dell’istituto sui bambini sordomuti affidati alle loro cure, hanno ritenuto in buona fede di ravvisare una responsabilità penale nei confronti del vescovo di Verona». Parola, adesso, al giudice per le indagini preliminari.
La procura A Zenti nessun addebito penale
Corriere di Verona del 11-2-18
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