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Home Esteri

Abusi, la vergogna e la lotta dei vescovi argentini

Redazione Web by Redazione Web
19 Maggio 2017
in Esteri
Reading Time: 5 mins read
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Intervista con Sergio Buenanueva, vescovo di San Francisco e presidente della Commissione dei Ministeri della Conferenza episcopale argentina, sulla risposta della Chiesa contro le violenze sessuali su minori

Vergogna, rimorso e tristezza. Dolore. Sono le parole di monsignor Sergio Buenanueva, responsabile della prevenzione degli abusi sessuali contro i minori nell’episcopato argentino. La Chiesa nel Paese natale del Papa sta attraversando una grave crisi a seguito dello scandalo nell’istituto per bambini sordomuti “Próvolo”, a Mendoza. Di questo e di altro Vatican Insider ne parla con il vescovo  di San Francisco.

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La Conferenza episcopale argentina ha appena approvato una Commissione per affrontare i casi di abusi sessuali su minori, come agirà? 

«Si tratta per l’esattezza di un “Consiglio pastorale per la protezione di minori e adulti vulnerabili”, la cui funzione è aiutare i vescovi, le diocesi e tutta la Chiesa nella prevenzione degli abusi. Essa preparerà un programma integrale di prevenzione, coinvolgendo il maggior numero di agenti pastorali su questa tematica, a cominciare dai vescovi. La missione della Commissione non è di trattare i casi di abusi né di ricevere le denunce, che rimane responsabilità di ciascuna diocesi o congregazione religiosa. Vogliamo attivarlo al più presto possibile, nel mese di novembre si rinnovano le autorità della Conferenza episcopale e poi si configurerà anche il Consiglio, guidato da un vescovo e composto da laici, chierici e consacrati».

È l’unica iniziativa che la Chiesa argentina ha posto in atto per affrontare il problema degli abusi? 

«Stiamo facendo un cammino progressivo, è un tema difficile, delicato e complesso, un dramma umano molto profondo, c’è tanto dolore e tante vite ferite. Per i vescovi è dura, tuttavia c’è una forte volontà di far fronte al problema. Tra il 2011 e il 2015 abbiamo elaborato le “Linee guida” richieste da Benedetto XVI per rispondere con velocità e giustizia alle denunce. Sono state approvate nell’aprile 2013 e sono tuttora in vigore, e hanno colmato un vuoto in questo ambito. Inoltre, i seminari argentini stanno prestando una sempre maggiore attenzione alle sfide della educazione affettivo-sessuale. La “Commissione Ministeri” ha creato anche un gruppo di consulenza per la salute generale dei ministri ordinati e dei candidati agli Ordini Sacri, chiamata “Équipe Geremia” e composta da psichiatri professionisti che aiutano nei seminari».

Qual è la situazione generale degli abusi sessuali in Argentina?  

«Come negli altri Paesi si sono verificati casi in gran parte delle diocesi del Paese. Sicuramente non abbiamo una statistica esatta degli abusi né nella Chiesa né nella società. È uno dei compiti che dobbiamo assolvere. È un punto difficile, anche perché il silenzio fa parte della dinamica degli abusi. È molto importante rompere questo silenzio e allarmare i “terzi” coinvolti. Ad esempio l’ultimo caso dell’istituto di sordomuti può produrre un effetto cascata di denunce. Noi dobbiamo essere comunque preparati».

In questi giorni la stampa nazionale ha pubblicato una lista di nomi di sacerdoti accusati di tali delitti. Che cosa ha significato per la Chiesa?  

«In generale una inchiesta giornalistica seria e ben fondata di questi casi non solo è legittima, anche se critica, ma necessaria. Nella crisi degli abusi, i media hanno ricoperto un ruolo fondamentale. Tuttavia questa inchiesta presenta alcuni punti deboli: si basa su notizie giornalistiche e su informazioni a volte anche false. Mischia casi di abusi con altre problematiche. Parliamo di una cosa molto grave, non possiamo informare superficialmente, perché procuriamo danno ad alcune persone in base alle segnalazioni del report. Bisogna che i giornalisti verifichino i dati in maniera più accurata».

Sta dicendo che la lista contiene nomi sbagliati? 

«Si. Un vescovo ha dovuto chiarire che le accuse ricevute in passato non riguardavano abusi su minori, e che, comunque è stato assolto da tutti i capi d’accusa. Mi è dispiaciuto anche di un sacerdote finito al centro delle indagini e poi dichiarato innocente sia dalla giustizia civile sia da quella ecclesiastica».

La Chiesa copre i criminali, come a volte la si accusa? 

«La Chiesa è intransigente su questo punto, considera la pedofilia come uno dei delitti più gravi in assoluto, per cui riserva le sanzioni canoniche più severe. Non c’è posto per gli abusatori nel sacerdozio e nella vita consacrata, disse Giovanni Paolo II. Una linea dura ratificata da Benedetto XVII e da Francesco. La Chiesa è ugualmente severa con i vescovi negligenti nelle risposte alle denunce. Dobbiamo riconoscere, con grande dolore e umiltà, che spesso non si è risposto come si doveva. Abbiamo talvolta perso la lucidità e la sensibilità per capire che il male maggiore non era avere un sacerdote in meno o screditare il buon nome della Chiesa, bensì il danno causato a minori vulnerabili. Questo è un motivo di penitenza per tutta la Chiesa, in primo luogo per i pastori».

Come si deve comportare un fedele quando viene a conoscenza di casi di abusi? 

Credere anzitutto al racconto della vittima e cercare di dargli conforto. Quindi comunicare il caso a chi di competenza: alla giustizia civile come a quella ecclesiale. Quindi avere fiducia nei vescovi e nei sacerdoti. Molte vittime e le loro famiglie la perdono a causa della brutta esperienza vissuta. Il nuovo Consiglio dovrà preparare alcuni suggerimenti per i vescovi su queste situazioni».

Cioè? I vescovi come devono agire per i crimini di pedofilia? 

«L’abuso non è solo un peccato o una debolezza di un sacerdote, è un delitto che colpisce gravemente l’ordine sociale. Le “Linee Guida” tracciano un cammino da seguire sin dal momento in cui un vescovo riceve una denuncia o la notizia di un possibile abuso. Esse stabiliscono anche l’obbligo di aprire un processo ecclesiastico con il Vaticano e la cooperazione con la giustizia civile, la cui azione è essenziale. Molte volte le famiglie o le vittime non vogliono rivolgersi alla giustizia. In Argentina, tali crimini contro l’integrità sessuale delle persone, specialmente se sono minori, possono essere solo denunciati dalle vittime, dai loro genitori o da legittimi rappresentanti. Normalmente sono invitati a fare questo passo e vengono accompagnati anche ad esporre denuncia. Come detto, è una questione delicata. Lo scopo principale è chiarire la verità e fare giustizia».

Qual è il messaggio della Chiesa alle vittime e alla società argentina?  

«Per quello che so, le vittime e le loro famiglie sono molto arrabbiate con noi. E, in un certo senso, è giusto così. È difficile rivolgere loro una parola che non sia vista come una profonda ferita che si riapre. Posso capire anche il sospetto della nostra sincerità. Come vescovo vorrei condividere il dolore, per quanto sia possibile, provo un senso di vergogna, di rimorso e di tristezza… Queste persone non dovrebbero mai aver subito un tale male. Il nostro impegno è quello di lavorare duramente perché nessun altro, in particolare i bambini e gli adulti vulnerabili, debbano attraversare un simile calvario. Alla società vogliamo dare un messaggio chiaro e cioè che la Chiesa in Argentina è determinata a realizzare ogni tipo di iniziativa che esista per prevenire gli abusi. Chiedo a Dio la libertà interiore di non essere distratti dalla perdita di credibilità e di prestigio della Chiesa, ma di rimanere concentrati nella volontà di fare giustizia e proteggere tutte le persone deboli con i quali Cristo si identifica. Anche loro sono vicari di Cristo sulla terra».

http://www.lastampa.it/2017/05/18/vaticaninsider/ita/nel-mondo/abusi-la-vergogna-e-la-lotta-dei-vescovi-argentini-0xALiEPfW0Y5GQHCNWH9iI/pagina.html

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