VALLO DELLA LUCANIA. Forse qualcosa di increscioso è davvero accaduto nell’asilo “Paolo VI” che nel 2006 fu travolto da un’inchiesta per pedofilia. Lo ipotizzano gli stessi giudici della Corte d’appello che per quell’accusa hanno assolto con formula piena tutti gli imputati e che però, nelle motivazioni della sentenza depositate ieri, avanzano il sospetto di maltrattamenti. Sposano così la tesi del sostituto procuratore generale Maddalena Russo, che nel chiedere per tutti l’assoluzione “perché il fatto non sussiste”, accusava gli inquirenti di aver tralasciato altre piste per seguire quella «a senso unico» degli abusi sessuali. Una censura che la Corte d’appello (presidente Claudio Tringali, a latere Silvana Clemente e Massimiliano De Simone) non fa mistero di condividere scrivendo che «le attività investigative, condotte in seguito alle denunce presentate (senza tenere conto della particolare condizione in cui versavano i minori, particolarmente vulnerabili ed altamente suggestionabili per la tenera età) hanno compromesso la possibilità di accertare in modo obiettivo e sereno i fatti verificatisi, che al più si concretano in ipotesi di maltrattamenti (reato che sarebbe oramai prescritto in ragione della data dei fatti e del tempo trascorso)». Insomma indietro non si torna, e ai genitori dei bambini che ancora credono alle violenze sessuali non resta che il ricorso in Cassazione su questa ipotesi, senza che sia più possibile un’imputazione alternativa.
Tutto è iniziato dieci anni fa, quando trenta genitori si rivolsero alla Procura di Vallo della Lucania per denunciare gli abusi sessuali di cui sarebbero stati vittima i figli, bambini tra i 3 e i 5 anni che frequentavano l’asilo gestito dalle suore. Le indagini furono seguite dal procuratore Alfredo Greco, si disposero perizie, sopralluoghi, arrivarono i Ris di Parma e criminologi di fama nazionale. Da principio fu coinvolta soltanto suor Soledad, alias la novizia peruviana Carmen Soledad Bazan Verde, poi due suore accusata di averla coperta e infine, in una seconda fase, il muratore Aniello La Bruna (presunto fidanzato di Soledad) e il fotografo Antonio Rinaldi, che si accusava di foto pedopornografiche. Gli ultimi due sono stati assolti già in primo grado dal Tribunale di Vallo della Lucania, che ha invece condannato a 8 anni suor Soledad per pedofilia e a 16 mesi le consorelle Agnese Cafasso e Giuseppina De Paola, accusate di favoreggiamento perché avrebbero saputo ed erano rimaste in silenzio.
A marzo la sentenza d’appello ha invece assolto tutti per insussistenza del fatto («Si rende giustizia a persone che erano state dipinte come mostri» dichiarò l’avvocato Franco Maldonato che difende La Bruna) e ieri le motivazioni hanno riproposto le “bacchettate” agli inquirenti sia nella prima fase dell’indagine che in quella seguente, quando alcuni bimbi iniziarono a parlare del muratore e del fotografo arricchendo i racconti di particolari fantastici come la presenza di indiani e la casa che scompariva. «La presenza di un quadro dichiarativo di tale complessità – scrivono i giudici – avrebbe reso necessario l’esperimento di un nuovo incidente probatorio, e ciò allo scopo di operare, con l’ausilio di esperti, l’opportuna depurazione delle dichiarazioni dei minori e di far affiorare la realtà, se esistente, dei fatti da essi narrati». E, visto che visioni sessuali emergevano, «sarebbe stato opportuno tentare di investigarne l’origine in altri ambienti extrafamiliari frequentati dai minori».
http://lacittadisalerno.gelocal.it/salerno/cronaca/2016/06/11/news/suor-soledad-l-accusa-dei-giudici-le-indagini-furono-sbagliate-1.13644280
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