La fondatrice della Snap fu molestata da un prete negli Stati Uniti a dodici anni
di ARTURO ZAMPAGLIONE
NEW YORK – “Dal Vaticano arrivano solo parole e promesse, invece di azioni concrete per rimediare alla vergogna”. Barbara Blaine, fondatrice e presidente della Snap (Survivors network of those abused by priest), la più grande associazione americana (e mondiale) delle vittime degli abusi sessuali nella chiesa, non esulta affatto per l’ultimo “motu proprio” di Papa Francesco.
“Sono triste, scettica, delusa”, dice la Blaine, che fu molestata da un sacerdote quando aveva appena 12 anni.
La mobilitazione contro i preti pedofili è partita proprio negli Stati Uniti, dove, secondo gli ultimi dati di
bishopsaccountability. com, 6.528 religiosi sono stati accusati di molestie (il 5,6 per cento del numero totale di sacerdoti) e le vittime superano quota 100mila. Ci sono state migliaia di cause giudiziarie, manifestazioni di protesta, indagini giornalistiche, mentre molte diocesi sono state costrette ad avviare le procedure fallimentari dopo aver pagato miliardi di dollari di risarcimento. Le associazioni delle vittime, a cominciare dalla Snap, sono sempre state una spina nel fianco per il Vaticano.
Barbara Blaine, perché tanto scetticismo? Non è forse un tentativo, quello di Papa Bergoglio, di rendere più spedite le azioni contro i vescovi che hanno nascosto e protetto i preti pedofili?
“Non è una questione di procedure giudiziarie, ma di volontà. Nel settembre scorso, sull’onda dell’indignazione e delle cause giudiziarie, il Papa decise l’istituzione di un tribunale ad hoc per processare i vescovi. A parte il fatto che dovrebbero essere la polizia e i magistrati, non il Vaticano, a compiere le indagini e a punire i colpevoli, che cosa è successo in questi nove mesi? Nulla. Tutto è rimasto fermo, come prima. Nessuno è stato punito”.
Ma che cosa avrebbe potuto fare il Vaticano?
“Come Sommo Pontefice, il Papa è come un monarca assoluto: ha il diritto di agire da solo, senza aspettare pareri o tribunali, come succede in tante altre occasioni quando qualche vescovo si discosta della linea della Chiesa. Basterebbe quindi che Francesco punisse subito, senza indugi, i vescovi complici dei pedofili e stabilisse il principio che, così come le donne e gli uomini sposati non possono diventare sacerdoti, anche i molestatori devono lasciare l’abito talare. Solo un’azione del genere potrebbe sconfiggere il nostro scetticismo e proteggere davvero i bambini nell’ambito della chiesa”,
Non negherà, tuttavia, che negli ultimi anni sono stati fatti molti passi avanti, almeno negli Stati Uniti.
“Sì, la Chiesa è più sicura, grazie a tante vittime che hanno avuto il coraggio di superare la vergogna e denunciare i carnefici. Ma non basta. Dobbiamo fare di più per far rimarginare le ferite, soprattutto psicologiche. E occorre segnalare le ricorrenti ipocrisie del Vaticano”.
Ipocrisie? Può farci degli esempi?
“Purtroppo non mancano: cominciamo dal vescovo Robert Finn di Kansas City? Nel 2012 Finn fu condannato da un tribunale americano per non aver denunciato subito alla polizia, pur essendone a conoscenza, un sacerdote della diocesi che aveva scattato foto porno ad alcuni ragazzini. A dispetto della condanna, il vescovo è rimasto in carica per altri due anni: poi si è semplicemente “dimesso” dall’incarico, non è stato certo punito. E continua a conservare i privilegi”.
Un altro esempio?
“Lo avete adesso a Roma ed è persino più eclatante: quando era arcivescovo di Boston, il cardinale Bernard Law aveva nascosto alle autorità le malefatte di dozzine di sacerdoti. Alla fine è stato costretto
ad andarsene da Boston, ma non ha dovuto rinunciare alla toga cardinalizia e gli è stata persino affidata la Basilica di Santa Maria Maggiore. E adesso, sotto Papa Francesco, il cardinale vive ancora nel Palazzo della Cancelleria all’ombra del Vaticano “.
http://www.repubblica.it/cronaca/2016/06/05/news/barbara_blaine_oggi_la_chiesa_e_piu_sicura_ma_servono_le_condanne_-141346836/
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