Già individuata la giovane molestata 17 anni fa da don Maks, il parroco suicidatosi lo scorso 28 ottobre: la ragazza, oggi 30enne, ha trovato sull’auto un foglio in sloveno con insulti
di Gianpaolo Sarti
Un foglietto piegato, infilato nel tergicristallo dell’automobile parcheggiata sotto casa. Poche parole, scritte in sloveno. La traduzione edulcorata sarebbe «serva del clero fascista». Mal’offesa è più pesante. A qualcuno, probabilmente una minoranza nella minoranza, non sta affatto bene che la donna, vittima diciassette anni fa delle attenzioni di don Maks Suard, il prete suicida, abbia denunciato tutto al vescovo Giampaolo Crepaldi. Il biglietto è stato trovato qualche giorno fa ed è stato segnalato in Procura dai carabinieri del Nucleo investigativo di Trieste. E’ stata subito aperta un’inchiesta. Stando agli inquirenti, il messaggio è rivolto non solo alla ragazza, ma all’intera famiglia. Si tratterebbe comunque di un fatto isolato di cui è stata informata subito anche la Curia.
Il caso ora prende un’altra piega, a cominciare da un aspetto, non trascurabile: l’identità della giovane, rimasta in tutti questi giorni pubblicamente segreta per ovvi motivi di tutela personale e riservatezza, è invece nota all’interno della comunità slovena. Ad alcuni, almeno, che hanno pensato di agire con quel messaggio dai toni offensivi, più che minatori. Il contenuto appesantisce ulteriormente l’aria che si è creata attorno alla morte del sacerdote accusato di pedofilia. Uno strascico con evidenti venature nazionaliste che forse nessuno poteva immaginare, ma di cui non sono mancate le tracce fin dall’inizio.
A cominciare da quel sabato 1 novembre, festa di Ognissanti, quando Crepaldi, in segno di vicinanza alla comunità di Santa Croce, ha pensato di andare a celebrare la messa nel borgo carsico. E si è trovato praticamente solo davanti all’altare, con la maggior parte dei fedeli di lingua slovena usciti dalla chiesa non appena si sono accorti della presenza dell’arcivescovo. Un fatto certamente eclatante sul quale, curiosamente, nei giorni a seguire non si sono registrate particolari prese di distanza dalla minoranza. Non ufficiali, almeno. Il biglietto lasciato sull’automobile della ragazza, o forse del padre, è probabilmente noto a pochi all’interno della comunità. Forse nemmeno a don Anton Bedencic, attuale Vicario episcopale per i fedeli di lingua slovena: «Non so niente… non rispondo a niente», mormora al telefono, per poi riattaccare immediatamente.
Con il suo atteggiamento il sacerdote, che in quel sabato di Ognissanti era assieme al vescovo a Santa Croce per concelebrare la messa, non aiuta a chiarire. Ma nemmeno prende posizione, come rappresentante del clero sloveno designato dalla diocesi di Trieste, dunque da Crepaldi in persona, sull’intera questione. Bedencic non lo aveva fatto il giorno prima, quando sapeva che la presenza del presule al funerale di don Maks era “sgradita” da chi aveva organizzato le esequie e dal padre, Giorgio Suard. Al vescovo si è preferito un sacerdote della minoranza, don Dusan Jakomin. La volontà di rimarcare la propria identità, per il sacerdote suicida, è stata fin troppo evidente anche nel drammatico gesto di uccidersi, sapendo che a trovare la salma sarebbe stato proprio Crepaldi. Don Maks, le cui origini in realtà risultano più italiane che della minoranza, si è tolto la vita indossando una giacca verde, tipica dei costumi tradizionali del posto. In canonica, lungo le scale che portano alla soffitta in cui il parroco si è suicidato, erano state appese due grandi bandiere, una slovena e una della Trieste asburgica.
http://ilpiccolo.gelocal.it/trieste/cronaca/2014/11/12/news/minacce-alla-giovane-molestata-1.10295018
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