Genitori divisi sul sacerdote: proteste a Casirate, solidarietà a Pumenengo. «Non voglio che salti la loro vacanza»
Sono le 17, don Luigi Mantia saluta i ragazzi del centro ricreativo estivo di Pumenengo. È l’ultimo giorno, poi oggi vanno tutti alle Vele, il parco divertimento con piscine. Ha deciso: «Non ci vado più. Non vorrei mai che la contestazione nei miei confronti finisse per causare un danno ai ragazzi e che alla fine non avessero la loro vacanza». Si riferisce al campo estivo di una settimana a Zambla, aggregati agli adolescenti di Casirate d’Adda. Lì i genitori hanno protestato, perché non vogliono che il sacerdote accompagni i loro figli per via della sua vicenda giudiziaria: 2 anni con pena sospesa patteggiati lo scorso 26 febbraio, per atti sessuali su due bambini di 8 e 12 anni, a Martignana Po, quando era parroco là.
Da maggio, pur senza incarico ufficiale, a Pumenengo sostituisce il parroco andato in pensione. Dice messa, confessa e affianca le volontarie che gestiscono l’oratorio. È grazie a lui se quest’anno c’è il centro ricreativo estivo. Così gli arriva la proposta del vicario di Casirate, don Pierluigi Fontana, di andare insieme a Zambla. A Casirate hanno già aderito in 20 ragazzi e da Pumenengo se ne fanno avanti 5. Ma scoppia la polemica: «Se va lui, non vanno i nostri figli». Ora il don si è fatto da parte: «Per me i ragazzi hanno sempre la precedenza – spiega -. Io non ho nulla da nascondere. Mi fa specie venir giudicato solo per sentito dire».
Una rinuncia, la sua, che accende una nuova polemica. Questa volta sono i genitori di Pumenengo a protestare. Non accettano la criminalizzazione del loro prete, né di passare per chi non si interessa dei propri figli. Scrivono una lettera gentile, ma ferma ai genitori di Casirate. Don Fontana ne dà lettura giovedì sera, durante l’incontro in cui comunica la rinuncia di don Mantia. «Non ci stiamo a essere criminalizzati – spiega Mara Zamboni, mamma di Pumenengo -. Cosa pensano, che siamo sprovveduti? Affideremmo i nostri ragazzi a un orco? La loro posizione mi offende».
«Abbiamo chiesto di incontrarli – aggiunge Domenico Bonetti, anche il suo ragazzo andrà in montagna -. Per noi la garanzia era don Luigi. Lo conosciamo e ci fidiamo. Quando ho scoperto di cosa era accusato sono rimasto perplesso. Gli ho chiesto di parlarne e lui ha accettato. Mi sono formato un mio giudizio, non credo che quelle accuse siano vere. Mi sarei aspettato che anche i genitori di Casirate facessero altrettanto».
In pochi mesi don Mantia ha conquistato la stima dei parrocchiani. «Ha dato una scossa all’oratorio – spiega Lorena Cantù, una dei volontari -. Quest’anno al Cre c’erano 65 bambini, 10 più dell’anno scorso». «Quando è arrivato – aggiunge la collega Eleonora Carlino – c’era un po’ di diffidenza, ma poi abbiamo visto che persona è veramente». «Quando ho saputo delle accuse è stato un colpo – racconta Lorin Lloty, animatore 18enne del Cre -. Poi però ho imparato ad apprezzarlo. Andavo in montagna perché c’era lui». Stessi discorsi in paese. «Tutti sbagliamo – dice il barista Roberto Zappalaglio -. Ha pagato per quel che è successo. Da noi sta facendo bene». Le famiglie di Casirate però non cambiano idea: «Un incontro con don Mantia? Con noi adulti sì, con i bambini no. In montagna con i nostri figli è un rischio che non si può correre: basta un attimo per rovinare un bambino».
Il papà del bambino di 8 anni che ha fatto partire il processo ha saputo dal suo avvocato che don Mantia è in mezzo ai ragazzi: «Non ci posso credere – ha detto -. Povere, quelle famiglie. Io qui non lo voglio più vedere».
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