Il database iCODIS è un sistema realizzato dal Team Development della Rete L’ABUSO.
È un sistema unico realizzato su misura per l’esigenza specifica dell’associazione, dotato di una interfaccia pubblica che attinge dallo stesso dato che utilizziamo internamente ma filtrando i dati sensibili. Mentre dall’interfaccia pubblica si legge “Prot. XXX”, da quella interna l’operatore legge un nome e un cognome, collegati a loro volta a presunte vittime e quanto altro sia inerente a quel caso.
Ma anche per gli operatori ci sono filtri.
Se pur l’operatore abbia accesso a molti dati, per esempio quante sono le presunte vittime, non ha accesso ai loro nomi, i loro fascicoli ecc. Stessa cosa per i presunti offender.
L’accesso completo infatti non solo deve essere autorizzato dall’ufficio, ma dalle stesse vittime, attraverso una liberatoria, diversamente neppure l’avvocato che seguirà il caso può accedere all’intero fascicolo, che risiede non nel database iCODIS ma in un Server Cloud dedicato, in modo da garantire un elevato livello di sicurezza dei dati, al tempo stesso, la possibilità di poter aprire dietro mandato i fascicoli solo ai tecnici e gli avvocati che dovranno utilizzarli.
Il sistema iCODIS viene realizzato nei primi mesi del 2024, inizialmente per poter gestire internamente quella che in quindici anni è diventata una montagna di dati. é stato modificato radicalmente ben 3 volte prima di arrivare al risultato odierno.
I dati inseriti non sono solo quelli raccolti negli anni dall’associazione, ma anche quelli dichiarati dalla chiesa e questo fu il maggiore problema in quanto, mentre i dati raccolti dall’associazione erano dettagliati e circostanziati, quelli dichiarati dalla chiesa mancavano persino dell’indicazione geografica, della diocesi e via dicendo.
Come fare per metterli insieme? Non si poteva trascurare il dato ufficiale della chiesa, al tempo stesso non essendo circostanziato era impossibile capire se nel dato raccolto dall’associazione, fossero presenti gli stessi dati dichiarati dalla chiesa.
Allepoca l’associazione contava poco più di 600 casi, la CEI invece ne dichiarava già ben 753, esclusi quelli dichiarati successivamente nei report e quelli relativi alla recente commissione fatta a Bolzano.
Questo fu un grande problema in quanto sommare i due dati avrebbe potuto duplicarne molti, non conteggiarli avrebbe invece sottodimensionato la reale situazione.
Decidemmo allora di defalcare dal dato dichiarato dalla chiesa nel 2020 (ovvero prima dei report) il nostro dato. Un compromesso accettabile ma il dubbio che resta è che forse il dato sia rimasto comunque sottostimato. Questo perchè mentre i nostri dati provengono da fonti giudiziarie, dirette o di cronaca, quelli della chiesa erano invece stati omessi alla giustizia (non solo in Italia, ma nel mondo, la cronaca non racconta nella storia di un solo caso passato dalla chiesa all’autorità civile), cosa che fa pensare quindi che forse la somma dei due dati fosse il dato più reale.
Ma i problemi non si esaurivano qui: Dove collocare il disavanzo* tra i due dati? Quello della chiesa era privo di qualunque dettaglio. Pensammo quindi di distribuire quel disavanzo* nelle varie regioni italiane. Per questo motivo nei pannelli regionali di iCODIS, spesso accade che il conteggio dei casi non coincida con i casi che conteggia il motore di ricerca del pannello, li abbiamo esclusi noi in quanto inutili se privi di dati, tuttavia così facendo rimangono in quanto reali comunque conteggiati.
Stesso problema con le vittime, la chiesa non dichiarava quante fossero e così decidemmo al massimo ribasso, di contarne una per ogni caso, il minimo per poter affermare che un soggetto sia un offender.
Dopo il 2020 invece l’inserimento avviene con entrambe le fonti in quanto la CEI ha dichiarato che i dati dei loro report si riferiscono esclusivamente al dato raccolto dagli sportelli diocesani ed esclude qualunque altra fonte compresa la magistratura e alle associazioni di vittime.
Questo particolare, se pur indice di poca trasparenza da parte della chiesa, ha risolto il problema dell’inserimento di dati dupplicati.
*N.B. Disavanzo CEI.
Il disavanzo è quella parte di dati indefiniti che la Conferenza Episcopale Italiana ha dichiarato pubblicamente dall’anno 2000 a oggi. Tuttavia, se pur reale, è carente delle vittime prodotte, dell’area geografica dalla quale proviene, dell’identità dell’accusato, di quali provvedimenti la chiesa abbia adottato nei suoi confronti, dove sia al momento e dove stato eventualmente reintegrato. La sua attuale collocazione in questa area geografica è quindi da ritenersi casuale, frutto di una ridistribuzione di quella parte di dati reali ma non circostanziati e fumosi che la Conferenza Episcopale italiana definisce impropriamente “TRASPARENZA”.