Si sono sentiti soli e traditi. Il pi delle volte derisi e additati come se fossero loro i colpevoli e c’è voluto tantissimo tempo per trovare la forza di combattere e provare a recuperare i brandelli dellinfanzia e delladolescenza dei loro figli, violati da sacerdoti che sedevano alla loro stessa tavola.
Sono le mamme e i papà di bambini e ragazzi, vittime di abusi sessuali in parrocchia, in seminario, durante le ore di catechismo o dei giochi alloratorio che, adesso, hanno deciso di fare rete.
Il primo coordinamento nazionale delle “Famiglie dei sopravvissuti”, come si definiscono, costola della rete “Labuso”, raccoglie gi una trentina di genitori in tutta Italia, una decina di voci arrivano dalla Sicilia. Dai dati più recenti emerge che in 15 anni sono state 90 le vitti me di abusi sessuali sullIsola: 27 da parte di sacerdoti e 6 da laici che gravitavano nellambito della chiesa.
Michele Messina, pap di Antonio che a Enna fra gli animatori del comitato “Non accetto prediche da chi copre un abuso” dopo avere denunciato gli abusi subiti quando era minorenne da don Giuseppe Rugolo, condannato a quattro anni per violenza sessuale aggravata su minori, sa che la sua battaglia andrà avanti fino allultimo dei suoi giorni.
«Abbiamo perso linfanzia e ladolescenza di nostro figlio persempre — dice Messina — Nessuno dovrebbe mai subire quello che ha dovuto subire lui. Lo appoggerò fino alla fine dei miei giorni. Non è una ferita che si
può rimarginare. Allinizio ho potuto affidarmi soltanto a me stesso. Mio figlio minorenne non era pronto, si senti
va in colpa e mi sono sentito tradito da chi, invece, avrebbe dovuto stare al nostro fianco. Quando si decide di denunciare si resta soli e si sta male due volte».
Per il vescovo di Piazza Armerina, Rosario Gisana, accusato di aver taciuto o negato in aula, sotto giuramento, quanto sapeva sullo scandalo sessuale che ha investito la sua diocesi culminato con la condanna in primo grado Rugolo, il 26 maggio comincerà il processo per falsa testimonianza.
Una mamma e un pap di Randazzo, nel Catanese, ancora non riescono a perdonarsi il fatto di non avere subito denunciato gli abusi di cui il figlio minorenne stato vittima per colpa di un sacerdote, considerato parte della famiglia. Il ragazzo, a 18 anni, ha deciso di fare da sè .
«Sedeva alla nostra tavola — raccontano i genitori — Pensavano fosse una persona fragile da accogliere, invece,
aveva delle mire su nostro figlio.
Non siamo stati subito pronti a aiutarlo, quando abbiamo cominciato a parlare siamo stati presi in giro: “Forse vostro figlio si innamorato di lui”, diceva qualcuno. Pensavamo di risolvere tutto nellambito della chiesa, ma ci chiudevano le porte in faccia. Quando abbiamo denunciato siamo diventati la pecora nera del paese, ci hanno abbandonato tutti».
Il neonato coordinamento della rete “Labuso” nasce per rompere il muro di solitudine e abbandonano con sui spesso si scontrano i genitori delle vittime. Basta mandare una mail allindirizzo [email protected] per farne parte.
«A parte rarissime eccezioni, quasi tutti siamo passati da considerare la parrocchia come la seconda casa allessere allontanati come persone sgradite, soprattutto dopo aver denunciato — dice Cristina Balestrini, coordinatrice del gruppo genitori — Qualcuno è stato anche minacciato: vittime due volte quindi. Molti di noi hanno perso amici, siamo stati giudicati proprio da chi consideravamo una famiglia».
Il dramma di un abuso sessuale crea una vittima, ma anche tante altre vittime nelle persone che stanno attorno. Il gruppo serve a parlare la stessa lingua, a sostenersi, ma anche del ripetersi delle storie con le stesse tragiche dinamiche. «Il dolore dei familiari incompreso — dice Balestrini — Essere accanto a un familiare che soffre un dolore doppio.
Anche noi famigliari siamo dei sopravvissuti».
REPUBBLICA Palermo
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