Il presente decalogo è tratto dall’articolo pubblicato su Vida Nueva Digital sul “Progetto Repara” dell’Arcivescovado di Madrid in Spagna.
Un decalogo contro le ‘fake news’
1. La denuncia aiuta: A quanti sostengono che la denuncia nuoce alla Chiesa, Repara ricorda loro che «la denuncia di possibili abusi, in realtà, aiuta a far fronte e a prevenire il verificarsi di questo tipo di situazioni. Ciò che lo danneggia davvero è il silenzio e la sfiducia delle vittime”.
2. Le vittime hanno bisogno di sanare le loro ferite: Repara, come risultato del lavoro quotidiano con le vittime, nega che cerchino di nuocere alla Chiesa e sottolinea che ciò di cui hanno bisogno è “guarire le loro ferite”, così profonde che molte volte “fanno anche resistenza a dare il nome della persona che li ha abusati” o non osano “nominare ciò che hanno subito” fino a “30 o 40 anni dopo”. “Il passare del tempo non sana le ferite. Il dolore non prescrive”.
3. È necessario denunciare possibili casi di abuso: Di fronte a chi sostiene che attualmente non ci sono casi di abuso nella Chiesa, riconosce che il fatto che “non ci siano denunce, non significa che non ci siano casi. Inoltre, i casi passati sono casi presenti. Soprattutto quando la ferita della vittima è ancora aperta e anche se l’aggressore è morto”.
4. Le vittime sono le più colpite: “La maggior parte delle denunce è fondata. Di solito non ci sono affermazioni false, ma difficili da provare. Chi si dichiara vittima di abusi e lo denuncia ha poco da guadagnare e molto da perdere”.
5. Un solo caso di abuso è già di troppo: Repara rifugge le giustificazioni che l’abuso si verifica in altri ambienti e che nella Chiesa «la percentuale è minima». È vero che «gli abusi avvengono per lo più all’interno della famiglia», ma «non esclusivamente» e «quando si verificano nella Chiesa è ancora più grave e scandaloso perché contrasta con la sua autorità morale e con la sua credibilità etica». “Un solo caso di abuso è già troppo. Se nella Chiesa si scopre un solo caso di abuso, esso rappresenta già di per sé una vera mostruosità”.
6. Non credere alle vittime comporta un doppio dolore: “Raramente i bambini inventano storie legate alla loro intimità. Non possono fantasticare su dettagli di attività sessuali la cui conoscenza è assolutamente inappropriata per la loro età”.
7. I ragazzi e le ragazze sono vittime: “I comportamenti seduttivi a fini sessuali non possono scaricarsi sul bambino né parlare di consenso”.
8. Non esiste un’età minima o massima per le vittime: “In una relazione asimmetrica basata sull’abuso di potere, e che si conclude con l’abuso sessuale, non c’è consenso”, dato che “la libertà della vittima è stata compromessa dal tipo di relazione che ha con la persona che abusa di lei”.
9. Chi abusa viola la vittima, la rende vulnerabile: “Nell’abuso si viola la dignità della vittima. La vulnerabilità non è qualcosa che ha la vittima, come se fosse un difetto, ma qualcosa che l’aggressore provoca. È la relazione abusiva che porta la persona in una situazione di vulnerabilità”.
10. Il dolore delle vittime non prescrive: “Il passare del tempo non sana le ferite. Ci sono vittime che osano nominare ciò che hanno subito 30 o 40 anni dopo”.
Infine, il video “False credenze sull’abuso e le sue conseguenze” in lingua spagnola.
10 fake news sugli abusi clericali ai danni di minori nella Chiesa.
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