La vicenda di don Giuseppe Rugolo finisce in un parapiglia tra Vaticano, CDF e il vescovo di Piazza Armerina Rosario Gisana, che adesso scarica il barile sui superiori, che però fanno scena muta.
Un quadro davvero inquietante quello che emerge a due anni dall’entrata in vigore (1 giugno 2019) del Motu Proprio Vos estis lux mundi, che come abbiamo scritto qualche giorno fa, vede la sua disapplicazione un po’ ovunque. Una legge vaticana che invece doveva dare un secco STOP agli insabbiamenti da parte delle gerarchie ecclesiastiche, accusate in tutto il mondo di aver insabbiato sistematicamente i casi.
L’accusa parte proprio dal vescovo Rosario Gisana, che si sfoga sulle pagine del RESTO DEL CARLINO e accusa il quartier generale – Vaticano e Congregazione per la Dottrina della Fede – al quale imputa il fallimento.
Stando a quanto afferma mons. Gisana, avrebbe fatto tutto ciò che prevede il Motu proprio, anche se diventa opinabile – nel contesto Gisana – il fatto che don Rugolo fosse stato trasferito dopo la denuncia e messo a contatto con minori, come lui stesso dichiara annunciando un campeggio durante la messa del 15 agosto 2019. Su questo punto sarebbe importante capire anche la posizione del vescovo di Ferrara Gian Carlo Perego, che al momento diffida noi della Rete l’ABUSO ma non spiega (in virtù della proclamata trasparenza) se al di la che in quel momento “non esisteva alcun impedimento canonico”, sapeva o meno di cosa fosse accusato don Rugolo a Enna.
Sempre secondo mons. Gisana – intercettato al telefono dalla procura di Enna nel gennaio 2021 – sia la Segreteria di Stato, che la Congregazione per la Dottrina della Fede, il caso “non interessa perché il giovane è stato… quando era seminarista ha avuto questo abuso con un minore ma quando poi è diventato prete, se c’è stata una continuazione, era maggiorenne il minore…”. Risposta davvero anomala, in quanto il Vos estis lux mundi non copre solamente i minori, ma anche le persone c.d. fragili.
In tutto ciò, ad inquietare ulteriormente sono i silenzi del papa, di fatto il promotore del Motu proprio che a fronte del problema annuncia sulle pagine de L’OSSERVATORE ROMANO di aver finalmente capito che l’abuso su un minore ha l’effetto di un omicidio psicologico.
Peccato non abbia ancora capito che è proprio per questo che dovrebbe essere intransigente. Quattro belle parole su un foglio di carta, se poi non si applicano non servono a nulla e i silenzi cancellano anche qualunque buon proposito.
Francesco Zanardi