Fissate tra tre mesi le prossime udienze. Il 4 marzo un cinquantenne ha citato in giudizio il cardinale per aver subito da lui molestie negli anni Settanta in una piscina a Ballarat
Rimarrà almeno altri tre mesi in carcere, il cardinale australiano George Pell, in attesa che un tribunale di appello affronti il ricorso dell’alto prelato, ex “ministro dell’Economia” della Santa Sede, contro la sentenza di primo grado per abusi sessuali su minorenni.
Le prossime udienze sono state fissate per il 5 e 6 giugno, come ha reso noto un portavoce della stessa Corte di appello. Intanto il prossimo 13 marzo il giudice Peter Kidd del tribunale di Victoria emetterà la sentenza di condanna di dicembre, ma resa pubblica lo scorso 26 febbraio, che riconosce il porporato colpevole di cinque reati per i quali rischia fino a cinquant’anni di galera. Si tratta di atti osceni compiuti con o davanti a minorenni e abusi sessuali su due ragazzi di 12 e 13 anni (uno dei quali morto per overdose). I fatti sarebbero avvenuti nel 1996 nella sagrestia della chiesa di St. Patrick a Melbourne, dove Pell si era allora da poco insediato come arcivescovo, dopo una messa domenicale.
Circostanze ritenute poco credibili dal team di avvocati di Pell, del quale non fa più parte Robert Ritcher – travolto nei giorni scorsi dalle polemiche per la frase sul «vanilla sex» – che dice di lasciare dopo anni l’incarico prima dell’avvio dell’appello perché «in questa fase non ho sufficiente obiettività» per seguire il caso. «Sono molto arrabbiato per questa sentenza, che è malvagia. Penso che Pell sia innocente e invece è stato condannato. Non è un’esperienza comune», ha detto alla stampa australiana..
Dello stesso parere sono numerose persone in Australia che, contrastando la massiccia campagna mediatica contro il porporato, parlano di «processo viziato» reputando impossibile che l’allora arcivescovo, solitamente accompagnato dal suo cerimoniere, potesse violentare due ragazzi in una stanza con la porta aperta, durante il passaggio di altri coristi mentre la cattedrale era ricolma di fedeli.
Gli avvocati sostengono infatti che la giuria non ha potuto stabilire la colpevolezza dell’ex prefetto della Segreteria per l’Economia «al di sopra di ogni ragionevole dubbio», in quanto i magistrati si sono basati sulle parole di un solo accusatore e oltre venti testimoni hanno dato «indiscusse prove a discolpa».
Una delle due vittime, come detto, è morto di overdose nel 2014. Secondo i genitori, in particolare il padre che ha annunciato di voler intentare una causa di risarcimento sia contro il cardinale sia contro la Chiesa cattolica, il ragazzo era caduto nel tunnel delle dipendenze in seguito proprio al trauma adolescenziale.
Scopri di più da Rete L'ABUSO
Abbonati per ricevere gli ultimi articoli inviati alla tua e-mail.