Marco Tosatti
Il Viganògate, anche se è quasi scomparso dai media mainstream italiani, timorosi di dare fastidio al Pontefice e al Vaticano, fa registrare nuovi sviluppi. Una lettera dell’ottobre 2006, scannerizzata e fornita al Catholic News Service, conferma quanto denunciato dall’arcivescovo Viganò nella sua testimonianza di undici pagine sulle coperture – a Roma e negli Usa – e sulle complicità di cui ha goduto Theodore McCarrick, omosessuale predatore di seminaristi e giovani preti. E diventato ai tempi di Francesco il master mind delle nomine episcopali e cardinalizie negli Stati Uniti.
La lettera è stata scritta dall’allora Sostituto alla Segreteria di Stato Leonardo Sandri, ora cardinale e Prefetto delle Chiese Orientali. Fa riferimento a una lettera scritta nel novembre 2000 da padre Bonifacio Ramsey al Nunzio Gabriel Montalvo, in cui si gettava l’allarme per gli abusi sessuali commessi da Mc Carrick. Ramsey ha dichiarato al CNS: “Mi lamentavo per le relazioni di McCarrick con i seminaristi e per tutto l’affare di dormire con i seminaristi e così via; tutta la questione che ormai tutti sappiamo”. Ramsey ha insegnato dal 1986 al 1996 nel seminario dell’Immacolata Concezione. Sandri nel 2006 scriveva a Ramsey chiedendogli informazioni su un sacerdote che era stato proposto per un incarico in Vaticano. “Chiedo con particolare riferimento alle serie questioni che riguardavano alcuni studenti del Seminario dell’Immacolata Concezione, che Lei è stato così gentile da portare confidenzialmente all’attenzione dell’allora Nunzio Apostolico nella Stati Uniti, l’arcivescovo Gabriel Montalvo”.
Stranamente, nel messaggio di Sandri non si parla di McCarrick. Questo, secondo Ramsey, perché le accuse verso il cardinale “erano troppo sensibili. La mia lettera del 22 novembre 2000era su McCarrick, e non accusava i seminaristi di nulla; accusava McCarrick”.
Scrive il Catholic News Service: “La lettera del 2006 (di Sandri, n.d.r.) non solo conferma affermazioni fatte in passato da padre Ramesy, ma anche elementi del documento scritto dall’arcivescovo Carlo Maria Viganò, che è stato nunzio negli Stati Uniti dal 2001 al 2016”.
Quindi, almeno su questo punto, anche i detrattori dell’ex Nunzio sono costretti ad ammettere che non si è inventato nulla. E infatti la linea di condotta dei difensori arroccati nel silenzio straordinario del bunker papale è costretta a cambiare. Ne è testimone il gesuita omosessualista James Martin, che scrive: “La lettera fu ricevuta nel 2000, durante il pontificato di San Giovanni Paolo II, che alcuni mesi dopo fece McCarrick cardinale. Ha servito come arcivescovo di Washington fino al 2006, sotto Benedetto XVI. Smettiamola di biasimare ingiustamente papa Francesco per l’ascesa al potere di McCarrick”.
Alcune considerazioni. Né di Giovanni Paolo II né di Benedetto abbiamo testimonianza di qualcuno – come invece accade per Francesco – che abbia informato DIRETTAMENTE il papa su chi era McCarrick e cosa faceva. Di Francesco, sì; e lui non vuole rispondere, su questo punto, cruciale e centrale.
Né Giovanni Paolo II né Benedetto (che l’ha sanzionato, a quanto pare senza molto successo) erano amici di McCarrick; avevano goduto (l’ha detto McCarrick stesso) della sua opera di lobbying per diventare pontefice; l’hanno mandato in giro per il mondo come loro rappresentante personale; l’hanno usato come consigliere eccellente per nominare vescovi e cardinali negli Stati Uniti. Tutte cose che Francesco ha fatto. Quindi dire che il ragionamento di James Martin (e di altri della stessa combriccola, gesuiti e non) è almeno carente, se non semplicemente falso appare più che ragionevole.
Ricordiamo, ancora una volta, il nodo di questa storia. E cioè la testimonianza in prima persona di mons. Viganò (trovate qui tutti i documenti) dell’udienza con il Pontefice nel giugno 2016:
“Subito dopo il papa mi chiese con tono accattivante: “Il card. McCarrick com’è?” Io gli risposi con tutta franchezza e se volete con tanta ingenuità: “Santo Padre, non so se lei conosce il card. McCarrick, ma se chiede alla Congregazione per i Vescovi c’è un dossier grande così su di lui. Ha corrotto generazioni di seminaristi e di sacerdoti e papa Benedetto gli ha imposto di ritirarsi ad una vita di preghiera e di penitenza”. Il papa non fece il minimo commento a quelle mie parole tanto gravi e non mostrò sul suo volto alcuna espressione di sorpresa, come se la cosa gli fosse già nota da tempo, e cambiò subito di argomento. Ma allora, con quale finalità il papa mi aveva posto quella domanda: “Il card. McCarrick com’è?”. Evidentemente voleva accertarsi se ero alleato di McCarrick o no”.
Solo di passaggio accenniamo – ci torneremo sopra presto – che la Chiesa negli Stati Uniti, come quella in Honduras, Cile e Australia – sta per trovarsi nel pieno di una tempesta giudiziaria senza precedenti, perché numerosi Stati, a catena, hanno deciso di aprire inchieste sulla questione degli abusi. E anche alla luce di questo fatto appare sconcertante che il Pontefice non abbia ancora accolto la richiesta di un’udienza formulata dal presidente della Conferenza Episcopale degli Stati Uniti, il card. Di Nardo. Certamente straordinario; tanto più perché ha trovato il tempo e il modo di ricevere nel frattempo due amici e protetti dell’ex cardinale McCarrick, Cupich e Wuerl, e di organizzare (se le notizie non ufficiali corrispondono a verità, come sembra) una riunione con il card. Coccopalmerio ed esperti di diritto per studiare quali sanzioni comminare eventualmente all’arcivescovo Viganò. Il che, lasciatecelo dire, corrisponderebbe a un errore di portata clamorosa. Far punire un testimone scomodo da cardinale che – sostiene – non si era accorto delle strane abitudini di un segretario che organizzava orge omosessuali spruzzate di droga in un palazzo della Santa Sede davanti a San Pietro. Se lo vedessimo in un film diremmo che il regista esagera con toni e colori per screditare la Chiesa.
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